Forse le notizie più interessanti legate al G8 de L’Aquila alla fine rimarranno le proposte e i position paper di molte organizzazioni internazionali che in questi giorni si affannano a fornire chiavi di lettura e ricette su diversi argomenti ai grandi della Terra: dall’energia ai cambiamenti climatici, dall’acqua agli aiuti ai paesi in via di sviluppo.
Greenpeace ha lanciato una sorta di appello ai paesi del G8 sulla convenienza di stimolare una nuova economia a basso contenuto di carbonio investendo nei lavori verdi. Questa nuova ricerca dell’associazione ambientalista internazionale, che sarà pubblicata integralmente a settembre, valuta che spostare importanti risorse verso le tecnologie pulite e a basso impatto ambientale (in particolare fonti rinnovabili) creerebbe circa 1,4 milioni di posti di lavoro entro il 2020 e questo solo nei paesi G8.
Il calcolo della occupazione “green” si basa sul rapporto di Greenpeace, pubblicato a ottobre 2008 dal titolo “Energy [R]evolution: a Sustainable Global Energy Outlook” (vedi articolo Qualenergia.it), mentre le proiezioni energetiche, che definiremo, business-as-usual, si basano sulle analisi dell’International Energy Agency del 2007.
Proprio la differenza negli investimenti prevista da questi due diversi scenari, secondo Greenpeace, favorirebbe, nel caso di spinta verso la green economy, la creazione di 460mila posti di lavoro in più rispetto allo scenario che prevede di continuare in investimenti in fonti convenzionali di energia (carbone, gas, nucleare e petrolio), con un vantaggio in termini di riduzione della CO2, pari al 50% al 2030 rispetto ai livelli attuali.
Sulla creazione di occupazione, il lavoro di Greenpeace, limitatamente ai paesi del G8, si spinge fino al 2030: investire in rinnovabili ed efficienza energetica favorirebbe in questo caso la creazione di 2,1 milioni di posti di lavoro, 650mila in più rispetto allo scenario di riferimento. E’ rilevante il fatto che oltre 1,8 milioni di lavori sarebbero nel solo settore delle tecnologie rinnovabili, secondo l’analisi fondata sullo scenario Energy [R]evolution, cioè un milione in più rispetto allo scenario convenzionale.
Dal punto di vista dei consumi di energia elettrica, i paesi G8 potrebbero arrivare a ridurla dell’11% al 2020 rispetto allo scenario business-as-usual grazie un programma di interventi di efficienza energetica nell’edilizia già esistente da incentivare in ciascuna regione. Lo studio tuttavia non considera nella sua contabilità come particolarmente rilevanti al 2030 il contributo dei lavori verdi nell’ambito delle costruzioni visto che l’utilizzo di nuove tecnologie in questo settore sarà uno standard nelle normali edificazioni.
Secondo l’analisi di Greenpeace, sempre basata sullo scenario Energy [R]evolution, la potenza di rinnovabili elettriche che saranno installate nei paesi G8 al 2020 potrà raggiungere 978 GW (978.000 MW), una capacità che potrà coprire il 32% della produzione di energia elettrica totale (lo scenario business-as-usuale arriva invece fino al 20%). Il giro d’affari per le energie rinnovabili, in questa ipotesi, triplicherà, passando dagli attuali 70 miliardi di euro (2007) ai 230-240 miliardi di euro al 2020.
Secondo queste proiezioni, dalla parte dei vinti ci saranno i settori della generazione elettrica basati sulle fonti fossili (soprattutto carbone) e nucleare che perderanno nel loro complesso quasi 400mila occupati al 2030.
LB
8 luglio 2009