Tornano, piano piano, i soldi al settore delle rinnovabili: la finanza ricomincia a incanalare capitali nel low-carbon, anche se la guarigione completa dagli effetti della crisi è ancora lontana. I dati per il secondo trimestre del 2009 diffuse da New Energy Finance (NEF) parlano di 24,3 miliardi di dollari investiti: il 37% in meno rispetto ai 36,2 di un anno fa, ma ben l’82% in più rispetto ai 13,3 del primo trimestre dell’anno.

Una ripresa che si è sentita più forte al di qua dell’oceano, in Europa, Africa e Medio Oriente. Qui – complice anche l’approvazione di alcuni maxi progetti come quello di eolico off-shore del London Array (3 miliardi di dollari) – questo secondo trimestre 2009, è stato il più fruttuoso di sempre, con 14,4 miliardi di dollari investiti nelle fonti pulite. Meno investimenti invece negli Usa, dove il low-carbon ha raccolto capitali per soli1,6 miliardi di dollari, il 66% in meno rispetto all’anno scorso. In questo caso però si dovrà solo aspettare un po’: gli investimenti sarebbero solo congelati, in attesa che il Dipartemento del Tesoro e quello dell’Energia rendano note le nuove regole per i fondi di garanzia, cosa che dovrebbe avvenire nel mese in corso.

Insomma, il settore delle rinnovabili è sulla buona strada per uscire dalla crisi, anche se il percorso è ancora lungo. “Non è ancora il caso di festeggiare”, sottolinea nel comunicato in cui vengono diffusi i dati Michael Liebreich, direttore di New Energy Finance. Secondo gli analisti infatti a fine 2009 gli investimenti del settore arriveranno al massimo a 115 miliardi di dollari, contro i 155 del 2008, anno record. La stretta del credito e la ridotta domanda di energia pesano ancora molto; una grande spinta si attende dai vari pacchetti stimolo e, secondo NEF, investimenti in rinnovabili per 162 miliardi di dollari complessivi,  che però difficilmente saranno effettivamente spendibili prima del 2010-2011.

Intanto dalla Gran Bretagna arriva una proposta per spingere il settore delle rinnovabili con una forma di finanziamento, assieme, vecchia e nuova. Sono le “energy bonds”, ossia obbligazioni statali per l’energia pulita pensate sul modello delle “war bonds”, quelle che durante la seconda guerra mondiale hanno sostenuto lo sforzo bellico britannico. L’idea è stata presentata al Manchester International Festival – in un evento dedicato a raccogliere idee contro il global warming – dal think-thank The Public Interest Research Centre. Le centinaia di miliardi di sterline che serviranno al Regno Unito per far decollare i suoi piani sulle fonti rinnovabili, secondo l’istituto, potrebbero venire dai risparmi dei britannici tramite una sorta di azionariato pubblico diffuso.

Cittadini e aziende, secondo lo schema, potrebbero comperare obbligazioni dalle 10 sterline in su, per finanziare progetti come quelli dell’eolico off-shore e i molti altri che la Gran Bretagna ha in cantiere. I soldi sarebbero gestiti da un trust pubblico che potrebbe investirli sia direttamente, realizzando progetti in prima persona, che tramite società private. Ai risparmiatori verrebbe garantito dal Governo una rendita fissa. Rendita facile da garantire grazie alle tariffe incentivanti che anche il Regno Unito si appresta a introdurre, dai programmi pubblici di espansione delle rinnovabili e da un prezzo dell’energia tendente a salire sul lungo termine. Un’idea interessante che affronta in un colpo solo due aspetti della crisi: la ricerca di sicurezza da parte dei risparmiatori e la difficoltà nel reperire capitali per i grandi progetti di energia pulita. Per vincere quella che dovrebbe essere la guerra mondiale del nostro tempo, la lotta al riscaldamento globale.

GM

6 luglio 2009