Pellet radioattivo in Italia. Si indaga, ma nessun allarmismo

  • 15 Giugno 2009

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Mentre Arpa Piemonte analizza il pellet contaminato proveniente dalla Lituania e sequestrato in Val d'Aosta, l'Associazione Italiana Pellet spiega che non va fatto dell'allarmismo, visto che oltre il 90% del pellet consumato in Italia è prodotto nel nostro paese o importato dall'Austria. Necessaria una maggiore tracciabilità e trasparenza di origine della materia prima e della produzione.

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Stanno suscitando molto scalpore le notizie riportate da alcuni giornali sul sequestro in Valle d’Aosta di pellet prodotto in Lituania contaminato da Cesio 137 e commercializzato anche nel nostro paese, visto che in Italia, secondo Coldiretti, il prodotto è molto diffuso. Sono oltre 700mila le stufe alimentate a pellet e il settore ha registrato in soli 5 anni un incremento di circa il 400%.

L’Arpa Piemonte sta procedendo ad una campagna di prelievo e analisi di campioni del pellet per determinare la concentrazione di radioattività e valutarne la pericolosità per la popolazione. L’agenzia fa sapere che dalle informazioni finora disponibili, basate su dati provenienti da altri laboratori, “non risulterebbero problemi nello stoccaggio dei pellet, in quanto la radioattività presente non costituirebbe una fonte significativa di esposizione”. Viceversa, allerta l’ente, “maggiori problemi” potrebbero essere rilevati nel caso la contaminazione venga riscontrata nelle ceneri di combustione ed eventualmente nelle stufe utilizzate. Ad ogni modo, continua la nota, tali aspetti potranno essere meglio definiti a seguito di analisi specifiche sui campioni prelevati. Arpa Piemonte “potrà fornire le prime indicazioni a partire dalla giornata di domani, mentre una valutazione completa del problema richiederà alcune settimane vista l’estesa diffusione del materiale”.

Questa notizia è stato oggetto di un comunicato dell’Associazione Italiana Pellet che ha voluto dare la giusta dimensione a questo caso e al mercato stesso del pellet commercializzato e prodotto in Italia.
Per l’Associazione, legata all’AIEL, “le ‘presunte’ responsabilità di pochi ricadono ingiustamente su un intero settore come quello della produzione del pellet che vede numerosi produttori italiani impegnati nel continuo miglioramento qualitativo del prodotto”.
Vediamo allora alcuni dati sul pellet consumato in Italia che per la maggior parte è prodotto da aziende italiane che impiegano legno vergine di provenienza sia nazionale, sia di alcuni paesi europei limitrofi: oltre il 75% del pellet consumato oggi nel nostro paese (oltre 1 milione di tonnellate), è di produzione nazionale (circa 750.000 t). Va poi aggiunto che la gran parte della quota di importazione (circa 250.000 t) proviene dall’Austria.

“Le importazioni dai paesi baltici rappresentano una piccola e sporadica quantità, dettata prevalentemente da logiche di concorrenza sul mercato, dato che questo pellet è venduto a prezzi sensibilmente più bassi rispetto a quello nazionale”, spiega l’Associazione Pellet Italiana.
Poiché le informazioni attualmente disponibili non consentono ancora di avere un quadro chiaro sull’entità e sulla portata del fenomeno, sia in termini di quantità di prodotto effettivamente contaminato, sia della soglia di reale contaminazione dovrebbe consigliare “molta prudenza rispetto a giudizi liquidatori su un intero settore produttivo che non deve essere penalizzato ingiustamente”, afferma l’Associazione Pellet Italiana.
Dovrebbe comunque essere elemento di attenta valutazione da parte dell’acquirente che il prodotto provenga da aree limitrofe (filiera corta) a quelle in cui viene bruciato in modo da rendere il suo ciclo energetico il più sostenibile possibile.
Sarebbe fondamentale quindi garantire la trasparenza dei processi produttivi anche in riferimento all’origine della materia prima, garantendo la tracciabilità nella sua produzione.

Sul possibile pellet contaminato il comunicato dell’Associazione Italiana Pellet conclude tuttavia che “il tema della contaminazione radioattiva non va sottovalutato e vanno sostenuti e promossi i controlli che le pubbliche autorità sono chiamate a svolgere con rigore, anche prevedendo un aggiornamento delle norme. Tuttavia siamo dell’avviso che questo episodio debba essere ricondotto alla sua reale portata, evitando inutili e ingiustificati allarmi”.

LB

15 giugno 2009

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