Green economy per uscire dalla crisi

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La green economy deve favorire la fuoriuscita dalla crisi, ma soprattutto contribuire al riorientamento strategico di alcuni settori industriali e alla nascita di start-up in grado di competere in un contesto in rapido mutamento. L'esempio dell'auto negli Usa. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Quali sono gli elementi di forza della “green economy” nell’attuale fase di crisi e di transizione?
Una prima caratteristica strategica riguarda l’aiuto alla trasformazione delle economie e la capacità di rendere meno traumatico il passaggio al contesto che verrà imposto nei prossimi decenni dai vincoli energetico-ambientali.
Prendiamo il caso dell’auto negli Usa. Era evidente che i modelli che continuavano ad essere sfornati erano poco competitivi, tanto che i rivali giapponesi avevano progressivamente eroso importanti quote di mercato. L’attuale crisi economica ha estremizzato le difficoltà e al contempo ha offerto una soluzione. L’amministrazione Obama ha infatti condizionato l’erogazione di aiuti federali ad una inversione delle scelte strategiche delle major automobilistiche.

Green economy e occupazione
Molti studi hanno dimostrato che investimenti nel campo dell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili comportano ricadute occupazionali superiori rispetto ad investimenti in settori energetici convenzionali. E già questo è un buon argomento per lanciare piani incisivi, come quello programmato negli Usa, per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici pubblici.
Per restare in Italia, una misura come quella delle detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici rappresenta uno strumento che, con costi limitati per lo Stato grazie all’emersione del sommerso e all’incremento del gettito fiscale, è in grado di dare un impulso all’economia e consente di ridurre le importazioni energetiche.
Si può però fare di più. L’Enea ha recentemente valutato l’impatto di un incisivo programma di riqualificazione dell’edilizia pubblica, evidenziando i vantaggi di una manovra di questa ampiezza. Infatti, a fronte di una spesa di 8,2 miliardi di euro, si avrebbe una crescita della produzione attivata di 19 miliardi di euro, un incremento complessivo del Pil nell’ordine dello 0,6 punti percentuali in un anno e un incremento della domanda di lavoro di circa 150.000 unità.

La green economy apre al futuro
Ma c’è una ragione più di fondo che motiva l’accelerazione nei confronti delle tecnologie verdi. Le prospettive sul medio e lungo periodo saranno infatti condizionate da alti prezzi dell’energia, come ci ricorda la IEA, e dalla necessità di ridurre drasticamente le emissioni climalteranti. E’ evidente che si profila una forte richiesta di nuove tecnologie e l’apertura di interessanti mercati. L’Amministrazione statunitense con il suo pacchetto “green” gioca in qualche modo d’anticipo accelerando la conversione di alcuni comparti e favorendo la creazione di nuovi settori per posizionarsi in maniera efficace nel futuro contesto di economie a basso contenuto di carbonio.
L’operazione Chrysler-Fiat in questo senso è emblematica di un cambio di pelle impensabile fino a poco tempo fa. Il caso dell’auto Usa indica la possibilità della trasformazione di un modello sociale, organizzativo e mentale, prima ancora che tecnologico. I veicoli efficienti, di dimensioni inferiori erano già in circolazione, ma non venivano considerati adatti dalle grandi case automobilistiche. La bancarotta all’orizzonte e un sostegno governativo condizionato ad una conversione “verde”, hanno determinato le condizioni per una rinnovata competitività di questo strategico comparto.

Nell’attuale delicata fase di crisi, i governi dovrebbero quindi calibrare con attenzione gli interventi in modo da facilitare la ripresa economica e al contempo attrezzarsi nei confronti delle sfide che verranno sul fronte energetico, non appena ripartirà la corsa dell’oro nero, e sul fronte climatico con gli obblighi al 2020.
Il nostro paese ha in passato sottovalutato le opportunità che derivavano dagli impegni di Kyoto, muovendosi in ritardo, mentre paesi come la Germania coglievano l’occasione creando interi nuovi comparti industriali, come nel caso delle rinnovabili che occupano 280.000 addetti. Adesso, con le trattative per il post-Kyoto, siamo entrati in un’altra fase delicata che delinea ancora maggiori spazi di intervento. La rapidità con cui negli ultimi due anni abbiamo recuperato un ruolo nelle rinnovabili e gli investimenti in atto nella produzione di tecnologie solari fanno ben sperare sulla capacità di riuscire a reinserirci nella grande partita.
La green economy non è una formula magica. Per essere vincente deve riuscire a favorire la fuoriuscita dalla crisi, ma soprattutto deve contribuire al riorientamento strategico di alcuni settori industriali e alla nascita di start-up in grado di competere in un contesto in rapido mutamento.

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