Buone notizie dai giganti delle emissioni

  • 20 Aprile 2009

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La strada verso un accordo internazionale sul clima è lunga e difficile, ma da Cina e Usa arrivano due buone notizie. Mentre la Cina per la prima volta parla di obiettivi di riduzione delle emissioni, negli Stati Uniti l'EPA inizierà a "regolare" la CO2 ancor prima che venga approvata la legge sul clima.

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Meno sette mesi circa a Copenhagen e nell’attesa dell’importante vertice per un accordo internazionale sul clima, gli occhi sono sempre puntati su quello che faranno i due giganti delle emissioni mondiali, Stati Uniti e Cina, che assieme sono responsabili del 40% circa della CO2 rilasciata in atmosfera ogni anno. Se – come spiega su queste pagine il nostro inviato agli appena conclusi Bonn Climate Talks – gli ostacoli da superare per mettere d’accordo i due sul futuro trattato restano tutti, qualche spiraglio di ottimismo c’è. Sono di questi giorni due notizie importanti in tal senso: la Cina per la prima volta parla di obiettivi di riduzione per le emissioni, mentre negli Stati Uniti – che con Obama si sono già pubblicamente impegnati a fare la loro parte – nuove competenze per l’Agenzia di protezione ambientale (l’EPA) potrebbero rivelarsi un’arma efficace contro le emissioni climalteranti.

Su Wei, figura di spicco del team cinese ai negoziati, secondo quanto rivela il Guardian, avrebbe infatti dichiarato per la prima volta la disponibilità a porre per il paese obiettivi precisi sui tagli della CO2 da attuare. Un secondo esponente del governo, Hu Angang, dichiara che le emissioni nel paese smetteranno di crescere entro 2020 e da quella data la quantità totale verrà ridotta. Uscite che sembrano intaccare la posizione ufficiale assunta dal colosso asiatico nei negoziati internazionali. Finora, infatti, la Cina ha messo dei paletti ben precisi, chiarendo di considerare la crescita economica prioritaria rispetto alla lotta al global warming, e sostenendo che la responsabilità dell’effetto serra è principalmente dei paesi ricchi e che dunque sta a loro rimediarvi. A sostegno di questa posizione il fatto che, secondo il Centre for International Climate and Environmental Research di Oslo,  circa un terzo delle emissioni cinesi è legato all’esportazione, di cui il 9 e il 6% sono rispettivamente esportazioni verso Stati Uniti ed Europa.

Obiettivi ambientali ed energetici la Cina se lì è in realtà già posti: nel piano quinquennale 2006-2010 c’è l’impegno (che il paese starebbe mantenendo) a far scendere l’intensità energetica (il rapporto tra Pil ed energia consumata) del 20% e a ridurre del 10% l’inquinamento. La novità in cui molti sperano sarebbe dunque che nel prossimo piano vi fosse anche un obiettivo specifico in merito alla CO2. Se questo avvenisse si tratterebbe di un passo in avanti non trascurabile per i negoziati internazionali. Eventuali obiettivi interni di riduzione da parte della Cina, infatti, sarebbero uno dei fattori alla base di un compromesso tra il gigante asiatico e gli Stati Uniti, come sottolinea un report del think-tank americano The Brookings Institution, che fa il punto sulla situazione diplomatica tra le due superpotenze.

Intanto negli Usa il cammino verso la riduzione della CO2 continua anche su strade diverse da quello del sistema di  “cap and trade” che si vuole introdurre. Si potrebbe iniziare a regolare le emissioni ancora prima dell’approvazione della legge contro il global warming, visto che è stato stabilito che la CO2 è un gas “pericoloso per la salute pubblica” e, dunque, deve essere regolato dall’Environmental Protection Agency (EPA) tramite il Clean Air Act, la principale legge statunitense contro l’inquinamento atmosferico.

Tra sessanta giorni, questo il tempo per l’entrata in vigore della decisione, l’EPA potrà dunque iniziare a porre regole sulle emissioni e – stando alle dichiarazioni della direttrice dell’agenzia Lisa Jackson – partità da quelle delle auto e delle centrali termoelettriche.
Le reazioni sono immaginabili: impazienza degli ambientalisti per le nuove regole e allarme di alcuni think-tank liberisti, che temono che un eccesso di regolamentazione paralizzi il sistema produttivo. La lotta alle emissioni quindi negli Usa inizierà senza aspettare il Congresso. Anzi l’assemblea legislativa sarà stimolata ad approvare in fretta il Climate Act, la legge sul clima, che, tra le altre cose, ora dovrà anche porre dei limiti e delle linee guida ai nuovi poteri regolatori dell’EPA.

GM

20 aprile 2009
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