Consumi d’acqua per l’energia

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La ridotta disponibilità idrica è un fattore con cui la produzione di elettricità deve confrontarsi urgentemente. Un vantaggio per le tecnologie eoliche e solari rispetto ad altre che necessitano di molta acqua, come nucleare e centrali termoelettriche, specie se attrezzate per la cattura della CO2.

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C’è un altro vantaggio, oltre al fatto di non emettere gas serra, che fonti rinnovabili come solare ed eolico hanno nei confronti di altri modi di produrre elettricità: fanno risparmiare acqua. Tutte le centrali termoelettriche, a gas o a carbone, hanno infatti bisogno di grandi quantità di acqua per il raffreddamento, mentre il nucleare è in assoluto il modo di produrre energia più dispendioso in termini di risorse idriche.

Lo sanno bene i francesi che durante le ondate di calore estive sono spesso costretti a far rallentare la produzione di elettricità in alcuni reattori, a causa della ridotta portata dei fiumi da cui si attinge l’acqua per il raffreddamento. Con il paradosso di dover importare elettricità a prezzi maggiorati proprio in periodi di picco della domanda dovuti all’uso massiccio dei condizionatori. L’estate peggiore da questo punto di vista fu quella calda e asciutta del 2003, con EDF sanzionata perché scaricava acqua a temperature troppo elevate, danneggiando gli ecosistemi fluviali, e 17 reattori su 58 che hanno divuto funzionare in maniera ridotta.

Considerando l’intero ciclo di vita di ogni fonte, per una potenza installata di 5 MW – spiegava all’ultimo World Future Energy Summit Ditler Engel, a.d. di Vestas, il più importante produttore mondiale di turbine eoliche – con il carbone occorrono circa 1000 litri d’acqua, per la biomassa 9mila, per il nucleare ben 12mila, per il petrolio addirittura 20mila, mentre con l’eolico ne bastano 5. Per quanto riguarda l’esercizio degli impianti, i numeri sono ancora più favorevoli alle fonti rinnovabili: secondo dati del Department of Energy  Usa un megawatt prodotto con l’eolico fa risparmiare dai 750 ai 2200 litri d’acqua rispetto alla stessa quantità di energia prodotta con una moderna centrale a gas.

La sempre più scarsa disponibilità d’acqua connessa al cambiamento climatico in atto è uno degli elementi che stanno pesando sulla scelta delle fonti energetiche sulle quali puntare. Un articolo del Wall Street Journal parla di quello che sta succedendo in diverse realtà dell’arido Ovest americano dove proprio il problema idrico ha fatto abbandonare diversi progetti di centrali termoelettriche a favore di vento, sole ed efficienza energetica. L’utility americana Tri-Star, ad esempio, ha dovuto fermare un progetto di centrale a carbone in Colorado proprio per l’impatto che avrebbe avuto sulle risorse idriche locali, mentre si è impegnata in un grande progetto solare (mezzo milione di pannelli) nel vicino New Mexico. In Saskatchewan uno degli argomenti dello schieramento trasversale che si sta opponendo ai progetti nucleari è proprio la minaccia alla disponibilità d’acqua dello Stato che nuove centrali porrebbero creare. In Nevada la compagnia Sempra nel 2006 ha dovuto rinunciare a una centrale a carbone dopo che i proprietari terrieri della confinante California erano insorti, preoccupati che l’impianto sconvolgesse il delicato equilibrio idrico della regione: il progetto alternativo che si sta considerando ora nella zona prevede centinaia di torri eoliche.

Il settore della generazione di elettricità negli Usa è quello che consuma più acqua, quasi la metà del totale, seguito dall’agricoltura che ne utilizza il 35%. Anche se la maggior parte dell’acqua viene restituita, il 2-3% viene perso per evaporazione: circa 6000-6200 miliardi di litri di acqua all’anno. Ora la tecnologia sta facendo progressi per ridurre il fabbisogno idrico degli impianti: l’ultima centrale a gas costruita in California da Pacific Gas & Electric Co. adotta un sistema di raffreddamento che ridurrebbe del 97% l’acqua necessaria.

Il problema della disponibilità dell’acqua invece sarebbe aggravato se si decidesse di costruire le centrali a carbone “equipaggiate” per la cattura della CO2 (CCS) di cui si sta tanto parlando in questi anni. Le centrali dotate di CCS come si vede da uno studio curato dal DoE, a seconda della tecnologia, potranno avere fabbisogni d’acqua anche più che doppi rispetto a quelle attuali. L’unica soluzione sarà allora costruire impianti sulla costa, con ulteriori consegenti impatti ambientali. In Italia ci abbiamo pensato?
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