La crisi fa bene al clima?

  • 26 Marzo 2009

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La recessione fa calare le emissioni. Uno studio dice che, con la crescita rallentata, i costi per raggiungere l'obiettivo del 2020 saranno dimezzati rispetto a quanto previsto in precedenza. Ma crisi significa anche investimenti mancati nel settore low carbon, con il rischio di un effetto boomerang.

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La crisi farà dimezzare i costi necessari per raggiungere gli obiettivi del 2020. Il rapporto tra contesto economico e lotta al cambiamento climatico resta al centro della discussione, con analisi a volte contraddittorie. Il rallentamento sta rendendo più facile il raggiungimento degli obiettivi e la lotta ai cambiamenti climatici? Conforterebbero questa visione i dati diffusi da New Carbon Finance: il basso tasso di crescita previsto per l’economia europea, infatti, porterebbe a rivedere anche le stime sulla spesa necessaria a raggiungere l’obiettivo fissato per il 2020, cioè ridurre le emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990, o del 30% se si raggiunge un accordo internazionale globale.

La società di consulenza ha rivisto le previsioni in merito allo sforzo economico necessario per raggiungere l’obiettivo alla luce della rallentamento previsto nella crescita economica. Le ultime previsioni stimano che tagliare del 30% i gas serra costi meno di quello che l’anno scorso si stimava costasse un taglio del 20%. L’impegno economico necessario sarebbe in pratica dimezzato rispetto a quello che si era stimato nel giugno 2008.

Il motivo è semplice: meno crescita economica vuol dire meno emissioni, la stima è che il rallentamento previsto per i prossimi 5 anni le farà calare del 7%. La quantità da tagliare dal 2008 al 2020 risulterebbe così inferiore del 32% rispetto a quanto previsto l’estate scorsa e i costi per la riduzione passerebbero da 55 euro a tonnellata di CO2 a 40. In totale la spesa per raggiungere l’obiettivo del meno 20% sarebbe così di 152 miliardi di euro, anziché dei 309 stimati a giugno 2008, quella per tagliare del 30% invece passa dai 408 miliardi di calcolati l’anno scorso a 205.

Nuove stime sui costi per tagliare i gas serra che sono senz’altro una buona notizia per la lotta la global warming e che avranno probabilmente il loro peso nei negoziati internazionali di dicembre a Copenhagen. Che il rallentamento dell’economia mondiale stia producendo un calo delle emissioni, lo aveva sottolineato Terry Barker, direttore del Centro di Ricerca sul Cambiamento Climatico all’Università di Cambridge all’incontro scientifico preliminare del vertice di dicembre, tenutosi a Copenhagen una decina di giorni fa. La recessione, aveva spiegato, potrebbe portare entro il 2012 ad una riduzione delle emissioni superiore rispetto a quella registrata a causa della Grande Depressione tra il 1929 e il 1932, stimata intorno al 35%. “La mia previsione è che le emissioni diminuiscano dal 40% al 50%, ma è tutto da vedere”, aveva dichiarato.

Di numeri che testimoniano come la crisi stia alleviando temporaneamente il problema dei gas serra, d’altra parte, non ne mancano. Gli ultimi sul fronte nazionale sono quelli che riguardano il settore dei trasporti, elaborati dal Centro Studi Promotor su dati del Ministero dello Sviluppo Economico: tra caro petrolio nella prima parte dell’anno e crisi, nel 2008 i consumi di benzina e gasolio sono calati del 2,4%, che significa 3.140.000 tonnellate di CO2 in meno ( per avere un idea l’obiettivo al 2012 per tutta l’Ue è di ridurre di 10,4 milioni di tonnellate).

La recessione allora fa bene all’ambiente? Le cose purtroppo non sono così semplici e il rallentamento economico rischia, in quanto a livello di emissioni, di avere un effetto boomerang sul lungo periodo. Stretta del credito e bassi prezzi del petrolio, infatti, stanno facendo saltare molti investimenti necessari a ridurre le emissioni in maniera strutturale, come quelli in rinnovabili ed efficienza energetica. Una preoccupazione alla quale nei giorni scorsi ha dato voce Fatih Birol, direttore dell’International Energy Agency. “Che la crisi economica faccia bene all’ambiente – ha dichiarato – è completamente sbagliato. Perché ci sono molti investimenti che fanno bene all’ambiente come quelli in efficienza, rinnovabili e nucleare che si stanno rimandando o cancellando. Uno o due anni con emissioni più basse alla fine non conteranno molto”.

Sui mancati investimenti dovuti a crisi finanziaria e bassi costi dell’energia l’IEA aveva già lanciato un avvertimento, dicendo che sul lungo termine avrebbero determinato carenza di offerta e dunque prezzi del barile alle stelle. Ora l’agenzia mette in guardia dal problema anche per quel che riguarda una ripresa delle emissioni una volta che l’economia sarà ripartita. Una preoccupazione che l’IEA inserirà nel documento che sta preparando per il G8 che si terrà il 24-25 maggio a Roma, con il quale inviterà i governi a investire di più per produrre energia e per ridurre le emissioni.

GM

26 marzo 2009

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