La IEA su petrolio, rinnovabili e crisi

  • 13 Febbraio 2009

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I bassi prezzi del barile porteranno a una crisi degli approvvigionamenti quando la domanda si riprenderà? Al convegno "Kyoto, transizione energetica, rinnovabili", Paolo Frankl della IEA parla del ruolo di fonti fossili e rinnovabili nel futuro energetico mondiale, e di come la crisi lo sta influenzando, almeno nel breve periodo.

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Barile a prezzi stracciati e stretta del credito rallentano gli investimenti nel settore energetico e il rischio per il futuro è che l’offerta, caratterizzata da un declino della produzione del petrolio, non sia più sufficiente a soddisfare la domanda. Causando una crisi degli approvvigionamenti con conseguente volatilità dei prezzi. La crisi economica dunque deve essere l’occasione per investire nelle fonti rinnovabili, sia per contenere gli effetti del global warming che per garantire la sicurezza energetica.

L’analisi di Paolo Frankl, responsabile dell’Unità per le Energie Rinnovabili dell’International Energy Agency, conferma la svolta nella visione dell’agenzia avvenuta nell’ultimo anno. Nel suo intervento, tenuto ieri in apertura del convegno “Kyoto, transizione energetica, rinnovabili. Le grandi aziende energetiche verso Copenaghen e gli obiettivi 2020”, organizzato a Roma dal Kyoto Club, Frankl ha parlato del ruolo delle rinnovabili nel futuro energetico mondiale, rileggendo alla luce dell’attuale contesto di crisi economica gli ultimi dati IEA.

Il 2008 – con la crisi economica e il barile salito prima fino a 140 dollari per poi precipitare ai livelli attuali – è stato un anno “incredibile,” ha esordito Frankl. Che effetti avranno sulla domanda e sull’offerta petrolio a prezzi stracciati e recessione?

Riprendendo i dati del World Energy Outlook 2008 si vede chiaramente il grado del declino della produzione petrolifera: per soddisfare la domanda da qui al 2030 occorrerebbe aumentare la produzione di 64 milioni di barili al giorno, una quantità pari a 6 volte quello che produce l’Arabia Saudita. Anche nel caso in cui la domanda non crescesse quanto si era ipotizzato, ma rimanesse stabile, servirebbero comunque “4 nuove Arabie Saudite” per compensare il calo di produzione previsto. Il problema è che i bassi prezzi del petrolio e la stretta del credito stanno fermando gli investimenti nel settore. Con il prezzo dell’energia basso poi, anche nell’efficienza si investe molto meno. Il rischio – ha spiegato Frankl – è che appena la domanda si riprende si vada incontro a un “supply crunch”, cioè una crisi per approvvigionamenti insufficienti, con relativi prezzi che tornano a volare.

Se si cercasse di soddisfare la domanda di energia, che si prevede crescerà del 45% entro il 2030, con le fonti fossili, dunque, ci sarebbe un problema di disponibilità, oltre che di eccessive emissioni in atmosfera. “Lo scenario business as usual  – sottolinea l’esperto IEA – è assolutamente insostenibile”. Comporterebbe una crescita delle emissioni che renderebbe disastroso il cambiamento climatico.

Al contrario, per rispettare i limiti di emissioni consigliati dall’IPCC il mix energetico va cambiato e il settore in cui è più facile agire è quello della produzione di elettricità. Il mix energetico che servirebbe per dimezzare le emissioni entro il 2050 (illustrato dall’IEA nel documento Energy Technology Perspective di cui Frankl aveva già parlato a Qualenergia.it.) prevede un settore elettrico praticamente a emissioni zero: le rinnovabili dovrebbero fornire il 46,5% dell’elettricità, carbone e gas con cattura della CO2 fornirebbero un altro 26%, il nucleare il 23% e il restante 4% verrebbe da gas a ciclo combinato. Secondo lo scenario, l’idroelettrico dovrebbe raddoppiare, l’eolico crescere con un fattore 20 e la quota del solare aumentare di oltre 400 volte. Per raggiungere questo mix energetico servirebbero, da qui al 2050, investimenti per 45mila miliardi di dollari, in parte compensati dal risparmio sui combustibili fossili. Una spesa pari all’1,1% del Pil mondiale fino al 2050.

Ma questo scenario va rivisto alla luce della crisi economico-finanziaria? Per la prima volta dagli anni ’80 per due anni consecutivi, il 2008 e il 2009, si assiste a una contrazione della domanda di energia.

Il rallentamento della crescita economica, non previsto quando si è elaborato lo scenario, sta rendendo necessario un aggiustamento, spiega Frankl. Un lavoro che l’IEA conta di finire per il prossimo G8 di luglio. Intanto il problema dei mancati investimenti, inoltre, colpisce anche le rinnovabili, caratterizzate da costi di impianto molto alti. È difficile per molti progetti ottenere credito e, tra le società quotate in borsa, come dimostra l’andamento del New Energy Global Innovation Index (NEX), molte stanno perdendo valore. A rendere meno grave la situazione per le rinnovabili, gli incentivi in loro favore, che si stanno stanziando praticamente in ogni parte del mondo. D’altra parte, conclude l’intervento Frankl, la strada da seguire, sia per mitigare gli effetti sul clima che per una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento energetico, è quella di puntare sulle fonti pulite.

GM

13 febbraio 2009
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