La transizione energetica per il World Economic Forum

  • 2 Febbraio 2009

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Il WEF stima che per evitare il rischio climatico ed energetico da oggi al 2030 dovranno essere investiti in fonti rinnovabili, infrastrutture energetiche ed efficienza almeno 515 miliardi di dollari all'anno.

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“La crisi siete voi” è lo slogan di alcune centinaia di manifestanti che ha risuonato per le strade di Ginevra e di Davos per protestare contro il Forum Economico Mondiale.
Ma sull’onda della crisi imperante, che secondo alcuni economisti come il Premio Nobel Joseph Stiglitz potrebbe durare fino a tutto il 2009 e oltre, anche il World Economic Forum (WEF) riesce a produrre, con la collaborazione di New Energy Finance, un rapporto che indica la misura degli investimenti necessari a sviluppare una nuova infrastruttura per l’energia pulita e un passaggio verso un’economia a basso contenuto di carbonio. Quindi anche il WEF, propone il suo New Green Deal, anche se duraturo per i prossimi decenni. Una strategia che finora è stata riempita di tante ricette, molte delle quali piuttosto confuse, contraddittorie e scoordinate.

L’organizzazione internazionale avverte per evitare che le emissioni di gas serra non portino a far superare la temperatura globale di 2°C, da oggi al 2030, dovranno essere investiti in fonti energetiche pulite almeno 515 miliardi di dollari all’anno. Un investimento necessario anche per evitare i futuri rischi di crisi energetiche. Il rapporto, “Green Investments. Towards a Clean Energy Infrastructure” (in allegato), identifica otto grandi settori sui quali impegnare le risorse: eolico terrestre e offshore, fotovoltaico, solare termodinamico, energia da rifiuti, etanolo, nuove generazioni di biocarburanti e geotermico.

Gli autori del documento spiegano che alla luce della crisi finanziaria globale ogni dollaro investito deve avere una sua efficacia anche sulla creazione di un’economia a basso tenore di carbonio.
Dopo il Rapporto Stern e quello del World Energy Outlook della IEA anche quello del WEF, stima cifre grosso modo dello stesso ordine di grandezza. Il rapporto Stern faceva infatti riferimento all’1% del Pil mondiale da investire, oggi circa 540 miliardi di dollari, e il WEO valutava 550 mld di $ le spese per rinnovabili ed efficienza energetica; efficienza che non verrebbe trascurata nemmeno nel documento “Green Investments”. Il rapporto Mc Kynsey, che copriva solo interventi di efficienza energetica, parlava di circa 170 miliardi di dollari all’anno

Il nuovo documento WEF non contempla il nucleare anche se lo considera un’opzione praticabile, ma tra le infrastrutture propone la carbon capture e sequestration (CCS), visto che, si afferma, paesi come Cina e Stati Uniti saranno sempre più dipendenti dal carbone. Sarebbe stata invece molto più rilevante e di rottura una richiesta di moratoria delle centrali a carbone quale soluzione strategica per il clima. Ad oggi nessun progetto di CCS è in funzione, ma si parla di quasi 200 impianti di CCS per i prossimi anni.

Altre dovrebbero essere le opzioni da intraprendere. E a dire il vero il documento le analizza, e considera fondamentali allo sviluppo dei settori sopra indicati l’efficienza energetica dal lato della domanda e dell’offerta, le rete intelligenti (smart grid) valutando così un rilevante spostamento dalla produzione di energia centralizzata a quella distribuita e basata su rinnovabili, l’immagazzinamento dell’energia.
Gli investimenti dovranno essere, inoltre, soprattutto diversificati geograficamente, tanto che i paesi in via di sviluppo dovranno attirarne quote molto ingenti.

Si chiede alla politica di creare un quadro legislativo e di incentivi stabile e semplice capace di rendere convenienti gli investimenti in questi comparti sia per le grandi società energetiche che per gli altri investitori. Sebbene il 2009 sia considerato un anno critico per partire con forza verso questa auspicata transizione energetica a causa del “credit crunch“, il rapporto ritiene opportuno favorire un processo decisionale, anche verso il post-Kyoto, attraverso una piattaforma che colleghi i decisori politici con i maggiori investitori e le società energetiche, considerati come attori chiave del processo di cambiamento. Servirebbe, insomma, una coalizione tra pubblico e privato per progettare il futuro energetico del mondo, ma non sembra contemplata la possibile nascita di nuovi attori che potranno emergere dalle dinamiche di questo cambiamento, speriamo epocale, e probabilmente dalla immobilità di soggetti che finora non hanno dimostrato un sufficiente coraggio nel cambiare strada.

2 febbraio 2009

LB

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