Rinnovabili, il futuro oro degli sceicchi

  • 22 Gennaio 2009

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Ad Abu Dhabi il World Future Energy Summit con al centro le rinnovabili da tutti previste in grande crescita. Anche i re del petrolio vi investono, ma la crisi rischia di tenere in stallo molte risorse destinate al settore dell'energia pulita.

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Necessità di agire e grandi possibilità di sviluppo, ma anche difficoltà non trascurabili legate alla crisi. Si potrebbe riassumere così il bilancio delle varie notizie giunte dal World Future Energy Summit, “la Davos delle rinnovabili”, come è stata definita, conclusasi oggi. Un incontro importante per le energie rinnovabili, ospitato proprio nel cuore del mondo del petrolio: ad Abu Dhabi, nell’emirato che possiede l’8% dell’oro nero del pianeta, ma che, proprio in occasione del forum, ha annunciato l’obiettivo, significativo anche se timido, di produrre da fonti rinnovabili il 7% del suo fabbisogno energetico entro il 2020.

Che ad influenzare la scelta “rinnovabile” dell’emirato desertico sia stato anche quanto si è detto al summit a proposito dei consumi di acqua legati alla produzione di elettricità? A causa del global warming il liquido trasparente sarà sempre più scarso e prezioso, e alcune tecnologie energetiche ne necessitano più di altre. L’eolico da questo punto di vista è la più vantaggiosa. Per una potenza installata di 5 MW, ha spiegato Ditler Engel (a.d. di Vestas, il più importante produttore mondiale di turbine eoliche) con il carbone occorrono circa 1000 litri d’acqua, per la biomassa 9mila, per il nucleare ben 12mila, per il petrolio addirittura 20mila, mentre con l’eolico ne bastano 5.

Sempre riguardo all’eolico al forum sono giunti altri dati incoraggianti: l’EWEC ha illustrato la crescita del settore, annunciando che gli occupati passeranno dai 400mila attuali a 1 milione nel 2010, per arrivare a 3 milioni nel 2050. Si è parlato anche di costi del solare, che, secondo la società olandese Econcern, si dimezzeranno già entro 5 anni. Ma l’ombra della crisi si sente pesantemente anche in quello che è uno dei settori con più speranze.

 
Goldman & Sachs nel corso del forum hanno messo chiaramente in guardia sulla difficoltà di ottenere finanziamenti in questa fase. Le grandi aziende energetiche frenano gli investimenti in rinnovabili per il basso prezzo del petrolio e le circostanze economiche, come racconta al Guardian l’a.d. di BP Alternative Energy, Vivienne Cox. Anche nell’eolico la crisi si sente: Vestas avrebbe pianificato la sua capacità produttiva aspettandosi un aumento della domanda del 40% e ora, a causa del rallentamento economico, si trova con un eccesso di produzione del 15%. Gli stessi sceicchi di Abu Dhabi, che hanno stanziato 15 miliardi di dollari nel progetto Masdar per le rinnovabili, non hanno ancora confermato la loro partecipazione al progetto eolico da 1.000 MW  di Array , in Inghilterra, nel quale dovevano sostituire il 20% di Shell che si è ritirata.

Quindi, con la stretta del credito e il petrolio sceso anche sotto i 35 dollari, in un settore che necessita di grandi capitali i problemi non mancano. Ma – come dimostra la scelta rinnovabile di Abu Dhabi – non manca neppure la consapevolezza politica che quella delle fonti pulite è la direzione verso cui muoversi. Dopotutto, come ha spiegato al summit Nicholas Stern – l’economista autore del famoso rapporto omonimo – mettere in opera un sistema energetico adeguato costerebbe circa 2.000 miliardi di dollari all’anno: “un costo  gestibile, mentre i costi del non agire sono immensi. Se la crisi economica è grande quella planetaria lo è ancora di più”.

GM

22 gennaio 2008
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