Europa, ritorno al carbone

  • 8 Gennaio 2009

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In Europa sta riprendendo piede il carbone: nei prossimi 5 anni entreranno in funzione 50 nuove centrali. Un ritorno che desta preoccupazioni per il riscaldamento. Ne parla un articolo del New York Times.

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L’Europa sta tornando al carbone, a farlo notare sollevando anche la questione delle ricadute sulla lotta al global warming è un articolo apparso giovedì scorso sul New York Times.
Mentre negli Stati Uniti la corsa al carbone rallenta per la difficoltà di ottenere i permessi governativi, ma anche per la presenza della opzione nucleare, fa notare il quotidiano americano, in Europa nei prossimi 5 anni saranno 50 le nuove centrali a carbone che entreranno in funzione. L’Italia, si legge nell’articolo che si sofferma anche sulla centrale di Civitavecchia, nel quinquennio a venire aumenterà la quota di carbone nel suo mix energetico  dal 14 al 33% e, sempre fra 5 anni, metà dell’elettricità prodotta dall’Enel sarà da carbone. In realtà questa quota e il lasso di di tempo considerato non sembravano affatto probabili, ma ripresi acriticamente dal giornale americano.
Dietro al rinnovato amore del vecchio continente per il combustibile che già alimentava le fabbriche nell’800,  i costi crescenti del petrolio: “i costi dei carburanti in Italia, dove si paga il prezzo più alto per l’energia – scrive il New York Times – sono aumentati del 151% dal 1996”. Il carbone anche con prezzi che negli ultimi anni sono triplicati è sempre più conveniente rispetto al petrolio. Non trascurabili poi i vantaggi in termini di sicurezza energetica: non c’è infatti, a differenza di quanto avviene con l’oro nero, un cartello di paesi produttori, ma esiste la possibilità di rifornirsi da una pluralità di esportatori. Per quanto riguarda l’esaurimento delle risorse poi, petrolio e gas basteranno probabilmente per i prossimi 50 anni mentre – scrive l’autrice, Elisabeth Rosenthal, accogliendo a dire il vero una stima piuttosto ottimistica  – dovrebbe esserci abbastanza carbone per oltre 200 anni.

Il ritorno al carbone anche del continente con più coscienza ecologica, l’Europa, che va ad aggiungersi alla crescita di economie come quella indiana e cinese largamente dipendenti da questa fonte, desta non poche preoccupazioni per il riscaldamento globale. Anche con le tecnologie più avanzate – scrive la Rosenthal – il carbone emette, circa il doppio di CO2 per unità di energia prodotta rispetto al gas naturale. La tecnologia del cosiddetto “carbone pulito”, se abbatte notevolmente le emissioni di altre sostanze, come diossido di zolfo e ossido nitroso (NOx), ha effetti quasi nulli sull’anidride carbonica.

La soluzione al problema delle emissioni proposta dai sostenitori del carbone è quella della cattura e sequestro dell’anidride carbonica, la cosiddetta CCS. Tecnologia che, però, scrive il New York Times, non è ancora disponibile e che “nessuno sa se sia conveniente e applicabile su larga scala”. Il giornale cita a proposito quello che doveva essere il più grande progetto di CCS negli Stati Uniti, in Illinois, che nel gennaio scorso è stato cancellato per il lievitare dei costi. E anche se la cattura della CO2 divenisse praticabile, fa notare la giornalista, la maggior parte delle nuove centrali a carbone che stanno nascendo (quasi una alla settimana in Cina e India) non sono costruite in modo da poter adattarsi alla nuova tecnologia.

Anche Enel in Italia propone come principale soluzione contro le emissioni da carbone la cattura della CO2, ma – scrive il New York Times – le cavità sotterranee potenzialmente idonee individuate per lo stoccaggio non sono state ancora ben studiate e al momento non ci sono le infrastrutture per trasportarvi e stivarvi l’anidride carbonica. Le sperimentazioni, fa sapere Enel , inizieranno nel 2015 e si spera in una “soluzione” per il 2020. “Troppo tardi” – sottolinea Jeffrey D. Sachs del Earth Institute alla Columbia University – che interpellato dal NYT fa notare come con tutte le nuove centrali che stanno entrando in funzione, nel frattempo, emetteranno gas serra peggiorando la situazione: anche le previsioni sui cambiamenti climatici, basate su un mix energetico che non teneva conto di questo ritorno al carbone, secondo Sachs, potrebbero rivelarsi troppo ottimistiche.

Tra i nuovi impianti che entreranno in funzione, tra due mesi ci sarà anche la centrale di Civitavecchia, di cui l’articolo racconta gli aspetti all’avanguardia come il riciclaggio di alcuni sottoprodotti e del calore, ma anche le contrarietà degli abitanti della zona. I piani di Enel, infatti, sono proseguiti nonostante la vasta opposizione: anche tenendo conto dei costi dei permessi per le emissioni, che Enel dovrà pagare, il carbone, per i dirigenti della società, continua ad essere conveniente. Un calcolo – fa notare al NYT Stephan Singer del WWF – che potrebbe però rivelarsi miope perché probabilmente nel prossimo decennio aumenterà sia il prezzo del carbone che quello dei permessi per le emissioni.

GM

28 aprile 2008

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