I mille sussidi alle fonti sporche

  • 12 Dicembre 2008

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Diversi studi hanno analizzato questa distorsione del mercato energetico. In un documento di Legambiente e Crbm i vari modi in cui le fonti sporche vengono aiutate. E' il caso anche del CIP6 italiano, che in questi giorni rinasce con il decreto rifuti.

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Pochi giorni fa un’alleanza di 142 Ong a Poznan è insorta contro la Banca Mondiale: l’istituto non può gestire i fondi per combattere il cambiamento climatico e continuare contemporaneamente a sovvenzionare le fonti fossili. Quello dei sussidi alle fonti energetiche sporche è un problema cruciale se si vuole parlare di lotta al global warming.

Ogni anno carbone, gas e petrolio – secondo una stima UNFCC del 2007 –  ottengono sussidi pubblici per un totale di 200 miliardi di dollari, pari al 64% della spesa pubblica globale destinata all’energia. Le rinnovabili, invece, sono ferme al 3,2 per cento, per una spesa complessiva di 10 miliardi di dollari (vedi studio e articolo su Qualenergia.it).

Del problema parla anche un interessante documento redatto da Legambiente e CRBM (Campagna per la Riforma delle Banca Mondiale) presentato la settimana scorsa, dal titolo “I sussidi che fanno male al Pianeta”. Le vie con cui i soldi arrivano alle fonti sporche, emerge dal documento, sono varie e non sempre evidenti. Ci sono, ad esempio, risorse per la ricerca: secondo le statistiche dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), dei 10,9 miliardi pubblici spesi per r&d in campo energetico nel 2006, il 40% è andato al nucleare e 12,2% alle fonti fossili mentre solo il 10,8% alle rinnovabili. In l’Italia le sovvenzioni pubbliche alla ricerca sulle fonti pulite sono crollate dai 144 milioni di dollari spesi nel 1984 ai 67 milioni dollari previsti nel 2006, i fondi per la ricerca sulle fonti fossili sono passati invece dai 15 milioni di dollari del 1984 ai 53 del 2006.

Altro capitolo sono le sovvenzioni alle società petrolifere: tra il 2000 e il 2007 le società private nel settore del petrolio – secondo l’organizzazione statunitense Oil Change International – hanno beneficiato di oltre 61 miliardi di dollari di sussidi. Le dieci società petrolifere più grandi del pianeta – spiega il documento – sono in testa alla lista delle imprese che hanno ricevuto più fondi dalla Banca Mondiale negli ultimi 12 anni. Soldi che non favoriscono nemmeno i paesi poveri in cui vengono realizzati gli investimenti: più dell’80% dei profitti derivati da investimenti della Banca Mondiale per l’estrazione petrolifera nei paesi in via di sviluppo è tornato indietro agli stati donatori, dal momento che più dei due terzi del petrolio estratto nei progetti finanziati viene poi esportato e consumato nel Nord del mondo. Il carbone, poi, solo in Europa nel 2006, ha ricevuto dai vari stati nazionali, (Germania e Spagna in testa) quasi 4 miliardi di euro.

La parte più interessante del documento è però scoprire i mille modi con cui le fonti sporche vengono aiutate in Italia: dal sostegno ai mezzi pesanti per il trasporto su gomma (rimborso dei costi del pedaggio autostradale, riduzione dell’Iva, sconti su tasse e accise), agli sconti sull’energia a certi settori e ai grandi consumatori. Un capitolo a parte merita il meccanismo del CIP6 che dovrebbe finanziare con un prelievo in bolletta fonti rinnovabili e assimilate.
Nel 2006  – spiega il documento – alle fonti assimilate sono andati oltre 4 miliardi di euro, contro gli 1,2 miliardi finiti alle rinnovabili. A ciò si aggiunge la completa esenzione degli oneri previsti dall’Unione europea per limitare le emissioni di anidride carbonica: dal 2005 gli impianti che usano le fonti assimilate non devono infatti pagare le quote e le multe sulla CO2 previste dall’UE. In Sardegna si prevede addirittura l’uso degli incentivi CIP 6 per finanziare  una  centrale termoelettrica a carbone, progetto rimasto in sospeso dopo il parere negativo espresso dalla Commissione europea in base alla normativa sugli aiuti di Stato (vedi articolo Qualenergia.it).

Nonostante siano stati aboliti nel 2007, i contributi per il CIP 6 continueranno ad essere prelevati dalle bollette fino al 2020 – spiega il documento – e in realtà stanno conoscendo una seconda giovinezza. Nell’ultimo decreto sull’emergenza rifiuti  – il cui testo si voterà martedì alla Camera – il governo ha infatti sancito una proroga al provvedimento, aprendo la strada a un nuovo cospicuo finanziamento  a partire dagli inceneritori di alcune regioni del sud e prevedendo però che anche gli altri termovalorizzatori del paese possano godere di un’agevolazione sul 51% dell’energia elettrica prodotta.

La quantificazione della spesa in più nelle bollette degli italiani per il CIP6 agli inceneritori è arrivata ieri: “2 miliardi di euro, prevalentemente destinati a far fronte all’emergenza rifiuti al sud, con 1,6 miliardi che andranno a favore degli inceneritori del sud Italia” ha spiegato Elisabetta Zamparutti, deputato Radicali/Pd e membro della Commissione Ambiente, aggiungendo: “si sta configurando una vera e propria truffa ai danni cittadini attraverso questo prelievo direttamente dalla bolletta per finanziare impianti che poco e nulla hanno a che fare con le fonti rinnovabili”.

GM

 
12 dicembre 2008
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