Marcia indietro sulla retroattività, ma non basta

  • 3 Dicembre 2008

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Il Ministro Tremonti ha annunciato che eliminerà la retroattività del provvedimento anti-detrazione del 55%. Ma una fetta importante della società chiederà al governo di cancellarlo definitivamente per iniziare una rivoluzione energetica anche in Italia.

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La notizia dell’ultima ora è che il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha annunciato una correzione sull’art.29 del decreto legge 185/08 che ostacola le detrazioni fiscali del 55% sugli interventi di efficienza energetica in edilizia. Alla Camera Tremonti ha annunciato che eliminerà la retroattività del provvedimento che avrebbe di fatto fortemente danneggiato tutti coloro che avevano fatto le spese nel 2008 e che erano certi della possibilità dello sgravio. Il Ministro si è accorto del grossolano errore normativo commesso su questa parte del provvedimento, ma le ragioni che lo hanno ispirato, secondo il capo del dicastero dell’economia, restano immutate. La sua posizione la chiarisce così: “Per il futuro voglio ribadire un criterio: i crediti di imposta non sono e non possono essere un bancomat. Troppe volte sono stati utilizzati come bancomat”. Ed ha aggiunto che è “incivile l’introduzione di crediti di imposta che poi non sono sufficientemente coperti: questo non accadrà con il nostro governo”.
Resta il fatto che queste detrazioni hanno una forte valenza in termini industriali (un volume d’affari superiore ai 3 miliardi di euro in meno di due anni), occupazionali e di risparmio energetico; basterebbe misurarne i benefici per la collettività per capirne l’importanza, specialmente in un momento di crisi in cui le misure dovrebbero essere più coraggiose e capaci di rilanciare alcuni settori chiave come quelli, da tutti indicati, delle tecnologie energetiche pulite.

Già in mattinata era arrivato in redazione un comunicato del Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che parlava di una proposta di emendamento governativo per la “soppressione” della norma dell’articolo 185 riguardante le detrazioni fiscali. Il comunicato era un po’ generico e non si era capito se si chiedeva la cancellazione dell’art. 29 o una sua modifica.

Tuttavia le critiche arrivate a pioggia su questo provvedimento e in tutte le sedi (giornali, organizzazioni, ministeri, partiti) da parte degli industriali e dei cittadini sono state almeno in parte recepite. Va detto anche che nessun esponente del governo in questi giorni aveva difeso pubblicamente la norma, anche perché illogica giuridicamente.
Ma non basta questo piccolo “dietro front”. In fondo era un atto dovuto. Bisogna invece far capire al governo che muoversi in direzione della promozione della riqualificazione energetica del parco edilizio nazionale è parte di una strategia veramente anti-crisi e che contribuirebbe anche a soddisfare gli impegni vincolanti sottoscritti dal nostro paese con il protocollo di Kyoto.

A tal proposito oggi su questo argomento si è scomodato anche Michele Serra su La Repubblica. Nella sua rubrica quotidiana “L’Amaca”, Serra scrive in merito a questo provvedimento: “Una scelta così cieca, o peggio, così precisamente mirata, lascia intendere una cultura di governo per la quale l’ambiente è uno sfizio, tal quale la cultura. Poiché l’ambientalismo è il futuro – anche economico – del pianeta, se ne deduce che per questo governo è uno sfizio anche il futuro”.

In effetti la decisione del Governo di rendere impossibili o marginali le detrazioni per l’efficienza energetica e l’installazione di impianti a fonti rinnovabili in edilizia è molto più grave di quanto forse si è detto finora, soprattutto per il suo portato ideologico. Nella sua versione originale può anche essere considerata una forma di spregio nei confronti di cittadini e imprese, perché va a svilire il loro lavoro e la loro iniziativa.
Ma più nello specifico può essere considerato un torto e forse anche un attacco nei confronti di cinque componenti molto diverse tra loro:

1. Delle industrie e di un sistema produttivo che ha investito in questi anni in settori innovativi, perché consapevole di avere davanti a sé anni di domanda sufficiente. E poi, per limitarci al settore edilizia, va ricordato che gli unici comparti veramente in crescita sono stati quelli delle ristrutturazioni e degli interventi energetici nelle abitazioni.
2. Dei cittadini che hanno investito (o vorranno farlo) nel risparmio energetico guardando sia alla bolletta, sia alla valorizzazione della propria abitazione, sia all’ambiente. Gravissima l’idea di aver concepito la retroattività del provvedimento.
3. Della trasparenza fiscale: la detrazione del 55% è un valido strumento per far emergere il “sommerso”. Quindi si rischia di colpire anche un tentativo di trasparenza fiscale, che in questo paese è da tempo latitante.
4. Del precedente governo. Per partito preso? Non contro un provvedimento avversato da tutti, ma contro una misura apprezzata da cittadini e operatori, quasi da considerarsi un’idea “win-win”. Fra l’altro una delle cose buone e concrete (non moltissime in verità) realizzate dal precedente esecutivo.
5. Della comunità internazionale, ponendosi di fatto fuori dal consesso della nazioni industrializzate, quando tra le soluzioni, se non “la soluzione”, proposte per uscire dalla crisi c’è proprio quella incentrata sullo sviluppo spinto dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Un chiaro messaggio dell’Italia all’Europa e al mondo sulla sua posizione in vista dei futuri accordi internazionali?

Nei prossimi giorni organizzazioni industriali, associazioni, sindacati, professionisti e cittadini chiederanno di cancellare integralmente l’art. 29 del decreto e inviteranno il governo a prolungare la detrazione fiscale, magari con piccole modifiche almeno fino al 2012, quando terminerà il periodo di Kyoto e si aprirà un periodo di sfide ancora più ambiziose per l’ambiente e l’innovazione industriale.

LB

3 dicembre 2008

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