A seguito di un’azione legale portata avanti dall’associazione ambientalista Sierra Club contro una nuova centrale che si voleva costruire nello Utah, un’organismo interno dell’Epa ha stabilito che l’agenzia, al contrario di quanto accaduto finora, ha il compito di regolamentare anche le emissioni di CO2 prodotte dalle nuove centrali a carbone. L’anidride carbonica, infatti – questa la motivazione della sentenza – a seguito di una decisione del 2007 della Corte Suprema è stata ricompresa nell’elenco delle sostanze disciplinate dal Clean Air Act, la principale legge americana sull’inquinamento atmosferico.
D’ora in poi, quindi, l’agenzia dovrà valutare le emissioni di CO2 prima di concedere il permesso per costruire una nuova centrale. Ne deriva che tutti gli impianti su cui si sta lavorando dovranno iniziare nuovamente l’iter autorizzativo, sottoponendo all’Epa anche il livello di anidride carbonica emessa. Per ottenere il permesso le nuove centrali dovranno dimostrare di utilizzare “la migliore tecnologia disponibile per il controllo delle emissioni” (l’acronimo inglese è BACT). Nel concreto però, per la legge, la definizione di questa tecnologia ancora non esiste e – stima il Sierra Club – ci vorranno almeno sei mesi per approntarla, oltre ad esserci la possibilità che si stabilisca che nessuna tecnologia attualmente disponibile sul mercato possa ridurre a sufficienza le emissioni.
Nella pratica, dunque, si tratta di una vera e propria moratoria sulle centrali a carbone e, a sentire Grist.org, la decisione farebbe sì che “nessuno sarà più disposto a investire un dollaro sul carbone”.
GM