I veri costi del carbone in Cina

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Il Governo cinese tenta di affrontare cambiamenti climatici e inquinamento. Servirà amche l'aiuto dei paesi ricchi, dicono. Ma l'ostacolo più grande è l'enorme utilizzo del carbone che, segnala un report, ha costi esterni per il paese pari a 7 punti di Pil.

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“Fenomeni climatici estremi, come caldo anomalo, alluvioni e siccità, sono aumentati in frequenza e intensità”, se non contrastati, questi fenomeni, causeranno catastrofi naturali e incideranno negativamente su raccolti e allevamento rendendo difficile per il paese nutrire i suoi 1,3 miliardi di abitanti. È questo il succo del “white paper” pubblicato pochi giorni fa dal governo cinese in cui il paese cerca di fare i conti con il global warming.

Un documento in cui si ribadisce la necessità che la nazione faccia la sua parte nella lotta al riscaldamento globale, si afferma che la Cina continuerà a partecipare agli sforzi nell’ambito delle Nazioni Unite, ma si ribadisce anche che i primi a muoversi devono essere i paesi ricchi che, secondo il governo di Pechino, dovrebbero destinare almeno lo 0,7% del proprio Pil per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni.

La Cina al momento sta contendendo agli Usa il titolo di più grande emettitore di CO2 al mondo, ma è solo 92esima in termini di emissioni pro-capite. L’indirizzo stabilito dal documento è quello di ridurre le emissioni senza rallentare l’economia. L’impegno assunto dal paese non è una riduzione assoluta, ma solo un calo nell’intensità energetica: entro il 2010 l’energia consumata per ogni punto di prodotto interno lordo dovrà essere il 20% in meno.

Il documento non contiene quindi nessun impegno rivoluzionario, ma è rilevante che vi sia il riconoscimento della necessità di agire urgentemente per ridurre le emissioni e viene anche detto chiaramente qual è il più grande ostacolo del paese su questa strada: la sua dipendenza dal carbone. Una dipendenza che secondo il “white paper” potrà essere difficilmente vinta nel futuro prossimo. Malgrado lo sviluppo galoppante delle rinnovabili, la Cina dipende ancora per i due terzi del suo fabbisogno energetico da questa fonte fossile.

E quanto male il carbone faccia al gigante asiatico lo spiega bene anche un altro studio, pubblicato in Cina quasi in contemporanea al documento governativo. È “The True Cost of Coal”, un report realizzato da alcuni tra i maggiori economisti cinesi e commissionato da Greenpeace, Energy Foundation e WWF.  Il documento, come dice il titolo, calcola il costo dei danni causati dall’uso di questo combustibile sporco, erroneamente considerato una fonte economica di energia per il prezzo ancora relativamente basso.

Non solo elevate emissioni, alle quali nel paese contribuisce per l’80%, ma il carbone porta altri brutti regali alla Cina: l’80% del biossido di zolfo e il 67% del biossido d’azoto che inquinano l’aria derivano dall’uso del  carbone che produce anche un quarto delle acque di scarto del paese. Se si considerano i costi ambientali, sociali, sanitari e i danni alle infrastrutture, conclude il report, il carbone nel 2007 in Cina  è costato in termini di esternalità negative il 7,1% del Pil.

 
 
 
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