Scorie italiche, dove finiranno?

  • 29 Ottobre 2008

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Mentre si parla di centrali future il problema delle scorie radioattive italiane resta irrisolto. L'ipotesi del sito unico di stoccaggio si allontana ed emerge quella di esportarle negli Usa, da dove però potrebbero tornare al mittente.

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Mentre il Governo continua a parlare dell’imminente futuro nucleare del paese – le ultime esternazioni in tal senso  quelle del Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che oggi ha parlato di “corsa contro il tempo” per realizzare al più presto il primo nuovo impianto – il problema dell’eredità delle centrali del passato, ossia delle scorie, pare ancora lontano da una soluzione.

L’individuazione di un sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie radioattive – secondo quando racconta all’Ansa Massimo Scudieri, membro del gruppo di lavoro ministeriale – sembra infatti allontanarsi e potrebbe essere affidata a candidature “spontanee”, senza le quali la scelta sarà fatta direttamente dalle autorità di governo. Secondo Scudieri, infatti, nessuno degli 8 siti italiani gestiti dalla Sogin (la società che come socio unico ha il Ministero delle Finanze e che gestisce gli impianti nucleari) è adatto ad ospitare il sito unico.

Intanto si profila un’altra soluzione che però presenta qualche problema. Ventimila tonnellate di scorie presenti nelle quattro centrali dismesse, infatti, secondo una trattativa in corso tra Sogin e la società statunitense Energy Solution,  potrebbero finire negli Stati Uniti. E’ quanto rivelato giovedì da un’interrogazione parlamentare del deputato del Pd Dario Ginefra e confermato dal Sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino.

Energy Solutions, società di Salt Lake City, nello Utah, importerebbe un totale di 28.316 metri cubi tra metalli contaminati, grafite, resine, residui di scarichi. Il trasporto negli Stati Uniti dovrebbe avvenire via mare, precisa Ginefra e il viaggio dei rifiuti si concluderebbe nel Tennessee (ad Oak Ridge), dove sarebbero riprocessati per poi essere stoccati nello Utah, nel deposito di Tooele County. Ma il problema è che, secondo le stesse ammissioni del Sottosegretario Nicola Cosentino riportate dall’agenzia Dire, parte delle scorie potrebbero anche fare ritorno in Italia.

Secondo le norme statunitensi, infatti, la Nrc, la commissione governativa incaricata della regolamentazione nucleare, impone la richiesta congiunta di licenze import/export. Ci sarebbe l’eventualità che materiali non conformi alle prescrizioni di licenza vengano restituiti a Sogin. Energy Solutions, spiega Cosentino, “ha indicato una stima conservativa di circa mille tonnellate” di materiali radioattivi che potrebbero essere rispediti al mittente.

La Nrc, che dovrà sciogliere le riserve nel prossimo giugno intanto è stretta d’assedio, fa sapere Ginefra: nello Utah la “popolazione ha reagito mobilitandosi con cortei, picchettaggi, manifestazioni”. E anche “il governatore dello Utah ha già dato mandato al suo rappresentante di bocciare la richiesta”, quando si pronuncerà una delle parti in causa, l’Nwic, organo intergovernativo a tutela dei cittadini.

L’ipotesi di far uscire le scorie oltre oceano dunque è reale, ma c’è il rischio che parte di queste “rientrino dalla finestra”. Vedremo come evolverà questa possibile soluzione,  sarebbe interessante saperne di più anche sui costi. Ma basterebbe questa difficoltà, scaturita da un marginale passato nucleare, per capire quanto sia complesso per il nostro paese tornare all’atomo.

GM

28 ottobre 2008
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