Italia e Polonia, maglia nera per il clima

L'attuale crisi può essere un elemento di riflessione del modello energetico oppure una scusa per una strategia difensiva utile solo a ritardare la resa dei conti. L'Italia propende per la seconda decisione. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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La crisi finanziaria cade in un momento molto delicato del processo decisionale europeo che dovrà delineare gli impegni dei Paesi nei confronti del pacchetto “clima-energia” al 2020. A livello politico la Commissione tiene la barra ferma, con in testa il presidente Barroso che, interpellato sulla posizione dell’Italia che ritiene insostenibili gli oneri per l’industria e l’economia, ha risposto con nettezza «Nessuna flessibilità per gli obiettivi, ma solo per centrare gli obiettivi, sarebbe un vero errore mondiale se la crisi finanziaria facesse dimenticare la sfida del cambiamento climatico».

Anche l’Europarlamento spinge per decisioni chiare. La Commissione Ambiente ha infatti approvato quasi all’unanimità due schemi di direttive sulla riduzione delle emissioni, rafforzandoli rispetto alle versioni licenziate a gennaio dalla Commissione.
A livello di singoli Stati invece sta emergendo una posizione di minoranza, capeggiata dall’Italia, con qualche seguito nella Polonia e qualche altro Stato dell’Est, che punta a mettere in discussione le attuali politiche.
«La riduzione delle risorse finanziarie disponibili a livello globale riduce la possibilità di investimenti per intervenire sul sistema energetico mondiale verso un’economia a basso contenuto di carbonio» dichiara la Prestigiacomo.

Tutto questo mentre, dall’altra parte dell’oceano, Obama lancia invece un messaggio chiaro: a fronte dell’attuale crisi occorre rivedere alcune scelte di fondo in campo energetico per favorire maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e incrementare l’occupazione (5 milioni di nuovi posti di lavoro) puntando sul risparmio e sulle fonti rinnovabili.
In Europa il mondo industriale è diviso: mentre la Confindustria italiana e quella tedesca chiedono un ammorbidimento delle regole, alcuni leader di importanti società inglesi come Centrica, LloydsTSB, Shell, Tesco e Vodafone sostengono che le azioni nei confronti del clima non devono essere allentate, anche in considerazione dei positivi effetti nello stimolare l’attività economica e creare occupazione.

Insomma, la riflessione di fondo è proprio questa. O si crede che l’attuale crisi debba rappresentare un ulteriore potente elemento di riflessione e di ridiscussione del modello energetico e di uso delle risorse, o si ripropone una strategia tutta difensiva destinata semplicemente a ritardare la resa dei conti.
Vedremo cosa emergerà dal Consiglio dell’Unione Europea del 15 e 16 ottobre che avrà all’ordine del giorno anche le scelte della UE sul clima.

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