Gli alti e bassi delle politiche sul clima

  • 13 Ottobre 2008

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Un rapporto di Oxfam spiega i danni della mancanza di coesione delle politiche britanniche che affrontano le questioni energetico-ambientali. Necessario un approccio unico e determinato del Governo.

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Un recente rapporto dell’organizzazione indipendente Oxfam mostra come siano disunite le politiche britanniche nell’affrontare il problema energetico e ambientale. Il rapporto dell’Oxfam “The forecast for tomorrow: the UK’s climate for change” è una sorta di istantanea di un paese spesso lacerato da cattive e buone azioni su clima ed energia, ad opera di imprese, settore pubblico e governo, in una indistricabile connessione tra gli stessi attori.
Se la Gran Bretagna intenderà ottenere significativi successi nell’abbattimento delle emissioni e diventare una sorta di capofila nelle negoziazioni internazionali sul clima – si legge ne documento – ciò dipenderà dalle politiche governative che si imporranno nei prossimi tempi.

Nel Regno Unito le soluzioni per combattere i cambiamenti climatici sono tra quelle più all’avanguardia e molte sono già in atto, fornendo anche ottime credenziali al paese in ambito internazionale. Tuttavia, al tempo stesso, un potente comitato di interesse sembra sia ancora ancorato su posizioni conservatrici e su scelte che potrebbero far deragliare tutti i target britannici sui gas serra, così come la sua stessa autorevolezza in questo ambito.
Diversi sono gli esempi forniti che fanno capire come i due atteggiamenti possono confliggere e come la vittoria dell’uno sull’altro dipenderà dalle scelte che il Governo britannico farà nei prossimi mesi. E’ il caso della decisione di far proseguire o meno il progetto di una nuova centrale termoelettrica alimentata a carbone a Kingsnorth, nel Kent, oppure su come si riuscirà a far evolvere la legge nazionale sui cambiamenti climatici, o ancora, se gli obiettivi nazionali per le fonti rinnovabili saranno tali da far assumere al paese un ruolo di leadership all’interno dell’UE.

Secondo Barbara Stocking, direttore di Oxfam, “troppo spesso si verifica che un dipartimento governativo attui una politica che contraddice quella di un altro dipartimento”. In sintesi pare che accada che “la mano sinistra non abbia idea di cosa stia facendo la destra”. Questa mancanza di coesione, si legge nel report, non può essere trascurata visto che in ballo c’è la sicurezza sul clima globale e sull’approvvigionamento energetico e che le scelte devono essere chiaramente orientate. E’ allora necessario che il governo dimostri la sua leadership con politiche forti e coerenti.

Ad esempio, ci si chiede, come può essere concessa l’autorizzazione ad una centrale a carbone, la prima in 34 anni, se si punta a drastici tagli di gas serra? La centrale, che dovrebbe essere realizzata da E.ON, produrrebbe infatti emissioni annuali di CO2 pari a 7 milioni di tonnellate, più di quelle di 30 paesi in via di sviluppo. Il benestare alla centrale di Kingsnorth aprirebbe poi la strada ad una nuova era del carbone, minacciando così i futuri obiettivi britannici che, come sembra, il comitato indipendente per il cambiamento climatico indicherà nella riduzione di almeno l’80% delle emissioni al 2050.

Il documento, oltre a richiamare coerenza su questi aspetti da parte del governo, chiede alle grandi compagnie, come E.ON e Shell, di riconsiderare i loro piani industriali alla luce del problema climatico. Ad esempio, se si realizzassero i programmi della Shell che puntano a triplicare gli investimenti nel petrolio non convenzionale, come le sabbie bituminose del Canada, i livelli di inquinamento sarebbero giganteschi, visto che questa fonte fossile è tre volte più dannosa a livello di emissioni.

Il rapporto allarga le conseguenze di queste scelte anche ad una sfera non strettamente confinata al paese, ma su scala globale. Secondo il documento dell’Oxfam i piani industriali e le politiche tarate sulle grandi corporation energetiche, infatti, finirebbero per mandare un forte segnale agli altri paesi, come a dire che le nuove e sporche fonti fossili possono considerarsi accettabili. Un messaggio in grado di bloccare la complessa e faticosa lotta al global warming a livello internazionale, le cui conseguenze sarebbero sentite soprattutto dalla maggior parte della popolazione più povera del pianeta.

Questa analisi crediamo possano essere di grande interesse anche per i politici nostrani che spesso mancano di una visione coerente, strategica e d’insieme su queste problematiche.

LB

13 ottobre 2008

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