Europa, che tempo fa?

  • 1 Ottobre 2008

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Pubblicato un nuovo report dell'EEA sull'impatto del global warming in Europa. Conseguenze gravi che si stanno già manifestando. Urge una strategia di adattamento.

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Si intitola “Impacts of Europe’s changing climate” e leggendolo ci si può fare un’idea di cosa il riscaldamento globale comporti per il nostro continente e su quello che c’è da aspettarsi per il futuro. È un report, fresco di pubblicazione, realizzato dall’European Environment Agency (EEA) in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale per la Sanità e il Joint Research Centre della Commissione europea.

La temperatura del pianeta, si legge nel report, è aumentata di almeno 0,8°C rispetto ai livelli pre-industriali, e alle alte latitudini europee l’aumento è stato ancora maggiore. Le precipitazioni sono sempre più mal distribuite: aumentano nella parte umida del continente, mentre alcune regioni secche del Mediterraneo stanno ricevendo il 20% di pioggia in meno rispetto ad un secolo fa. Lo scioglimento dei ghiacciai montani e i cambiamenti di temperatura e distribuzione delle precipitazioni, sottolinea lo studio, avranno ampie conseguenze: aumento degli straripamenti dei corsi d’acqua e scomparsa stagionale di molti corsi d’acqua nelle zone più secche.

I ghiacci dell’Artico, rileva poi lo studio, si stanno sciogliendo rapidamente: a settembre 2007 la superficie minima misurata era la metà di quella misurata negli anni ’50. Il livello del mare è salito di 3,1 mm all’anno negli ultimi 15 anni (e su questo aspetto incombe il rischio dello scioglimento dei ghiacci costieri della Groenlandia): tra le conseguenze, inondazioni, erosione costiera, intrusione di acqua salata .

Anche l’impatto di questi cambiamenti sugli esseri viventi è notevole: certe specie di pesci si stanno spostando a nord (hanno percorso 1000 km negli ultimi 40 anni) con relative ricadute sull’industria della pesca, come la diminuzione dei merluzzi nel Mare del Nord. L’aumento delle temperature favorisce lo sviluppo del phitoplancton nei laghi di batteri potenzialmente pericolosi per la salute e gli ecosistemi. Flora e fauna, infine, si stanno muovendo verso quote maggiori o latitudini più alte: per la fine del secolo alcune specie di piante si saranno spostate di diverse centinaia di chilometri a nord e il 60% della flora montana è a rischio di estinzione.
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Per quanto riguarda l’agricoltura, se nelle regioni settentrionali si potrà beneficiare di periodi vegetativi più lunghi, permettendo di introdurre nuove colture, aumenteranno comunque i rischi legati ad eventi metereologici estremi. Nelle regioni secche mediterranee l’agricoltura dovrà scontrarsi con una minore disponibilità d’acqua. La siccità, si legge sul report, favorirà anche gli incendi boschivi.

Non mancano, infine, le conseguenze per la salute umana: i 70mila decessi legati al caldo registrati nell’Europa a 12 nel 2003, dice il report, sono un esempio. E al caldo bisogna aggiungere l’intensificarsi di eventi metereologici estremi, come siccità e alluvioni, l’aumento dell’inquinamento e il proliferare di vettori di malattie dovuto al clima più mite.

Dallo studio, insomma, emerge chiaramente la vulnerabilità del vecchio continente agli effetti del global warming. Le zone più a rischio sono le aree montane, quelle costiere, la zona mediterranea e le terre alle latitudini più alte. “Le strategie di adattamento – dichiara la professoressa. Jacqueline McGlade, direttrice dell’EEA – sono ancora all’inizio. Dobbiamo intensificare queste azioni e migliorare lo scambio di informazioni su dati, efficacia e costi”.

Scarica il rapporto “Impacts of Europe’s changing climate” a cura della EEA

GM

1 ottobre 2008
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