Confuse politiche energetiche

  • 24 Giugno 2008

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Anche la Gran Bretagna punta ad uscire dall'era del petrolio con una grande spinta all'elettricità da rinnovabili. Resta intatto però l'armamentario delle vecchie politiche con tutte le loro contraddizioni ai fini della riduzione delle emissioni.

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Un bel po’ di confusione su come uscire dall’era del petrolio c’è anche in Gran Bretagna. A volte sembra che la mano destra non sappia cosa stia facendo la sinistra. Ma è proprio così o ci troviamo di fronte all’incapacità da parte dei politici di rifuggire dall’ottica del breve periodo che permea ogni decisione che si colloca nell’attuale modello economico?

Il giornalista e scrittore ambientalista George Monbiot smaschera su The Guardian le contraddizioni della politica energetica-ambietale britannica che da una parte ambisce a spingere fortemente le rinnovabili e a chiudere con il petrolio e dall’altra, invece, conferma l’incremento del trasporto aereo e punta sugli impianti centralizzati a carbone. Due strade incompatibili per uno Stato che voglia ridurre concretamente le emissioni di gas serra.

Negli ultimi tempi diversi studi hanno dimostrato, anche per l’isola britannica, come sia possibile in poche decine di anni coprire il fabbisogno di energia elettrica per l’80 e anche del 100% con le rinnovabili e in modo continuativo utilizzando sistemi di stoccaggio e la giusta integrazione fra le fonti (vedi anche articoli su Qualenergia.it:: qui e qui).
L’atteggiamento governativo è comunque stato molto oscillante su questi argomenti, tanto che il ministro dell’economia inglese John Hutton aveva, lo scorso ottobre, tutta l’intenzione di rinunciare agli obiettivi nazionali di elettricità da rinnovabili. Ora, con un cambio di rotta, il governo sembra aver preso più seriamente le potenzialità di queste fonti, scrive Monbiot. Gli obiettivi sono diventati a dir poco radicali e molto audaci: produrre il 35% di energia elettrica entro il 2020 spingendo lo sviluppo di eolico, biomasse e solare. Addirittura la bozza del documento governativo che traccia le linee d’azione dovrebbe proporre una sinergia tra impianti a fonti rinnovabili su grande scala e auto elettriche che, ad esempio, potrebbero essere ricaricate nottetempo quando la generazione da eolico andrebbe sprecata. Ma non è finita. Grande slancio è riservato alla coibentazione degli edifici esistenti e nell’utilizzo di rinnovabili elettriche nelle abitazioni. Tutti gli impianti domestici a olio combustibile per il riscaldamento, inoltre, dovranno essere messi al bando.

Sebbene l’esperto giornalista esprima non poche perplessità sul fatto che venga trascurata la produzione di calore con le rinnovabili su piccola scala (caldaie a biomasse, solare termico e geotermia) e anche proposta la generazione elettrica da biomasse, restano per lui molti dubbi sulla coerenza del piano ancora in itinere. “Se si sa cosa verrà commissionato – si chiede Monbiot – ma sappiamo esattamente cosa verrà dismesso, smantellato?”. E qui iniziano i dubbi e le incoerenze.

Il documento del Governo, infatti, proporrebbe che i voli aumentessare, tanto che per il 2020 saranno responsabili dell’11% del consumo energetico del paese. Già con questo scenario verrebbero cancellati di oltre due volte i risparmi di emissioni che il governo propone con le misure, diciamo, verdi. Eppoi “perché decidere di chiudere le centrali per il riscaldamento su scala residenziale alimentate a olio, e di puntare a nuove centrali a carbone decine di migliaia di volte più grandi?” A completare il quadro Gordon Brown continua a chiedere ai paesi arabi di massimizzare l’estrazione di petrolio, quando a casa proprio si punterà a minimizzarne il suo utilizzo.

Insomma, visto che questa confusione è presente pure dalle nostre parti (e non si dica che gli effetti di tali scelte possono sfuggire al decisore pubblico, perché allora dovremmo parlare di incompetenza) non sarà forse il caso di iniziare a mettere al centro di ogni azione governativa la questione energetico-ambientale prima di ogni interesse particolare o settoriale per farla diventare il pilastro di ogni politica nazionale e transnazionale? Ma la vaga percezione di questi temi da parte della politica fa sembrare tale aspirazione ancora piuttosto utopistica.

LB

24 giugno 2008

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