La grande rivoluzione dell’energia

  • 17 Giugno 2008

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Lester Brown, uno dei maggiori esponenti dell'ambientalismo mondiale, nella sua visita romana ha spiegato quali scelte dovremo affrontare nei prossimi decenni e come potrebbe risorgere un mondo senza il peso delle fonti fossili e nucleari.

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Pochissimi organi di stampa hanno dato risalto al centenario della nascita di Aurelio Peccei e al 40° di quella del Club di Roma che ieri hanno avuto la loro vetrina nel corso del convegno ”Strategie per un pianeta sostenibile”, organizzato da Wwf Italia e dallo stesso Club di Roma. Forse troppo presi dall’annuncio del piano nucleare nazionale di Scajola?
Ancor minore attenzione è stata data alla presenza in Italia, in questo evento e in altri, di Lester R. Brown presidente dell’Earth Policy Institute e fondatore del Worldwatch Institute e una delle principali personalità dell’ambientalismo mondiale.
Lester Brown ad alcune domande sull’eventualità del ritorno nucleare in Italia e nel resto del mondo è stato netto: ”Il nucleare rappresenta il passato ed è una scelta antieconomica dove nessuno investe più. Meglio puntare sulle rinnovabili, come eolico e solare, una scelta che invece vede sempre più coinvolte le banche d’affari”. Chiunque voglia costruire un impianto nucleare infatti deve assumersi la responsabilità di gestire le scorie e di trovare una compagnia d’assicurazioni che lo garantisca contro eventuali incidenti. Tutti costi che vanno incorporati nel costo dell’elettricità ai quali va poi aggiunto il costo di smantellamento della centrale che è anche maggiore di quello della sua costruzione. “Il nucleare – conclude Brown – non può rendere economicamente, se non per chi lo fa, ma non certo per la comunità”.

Secondo Lester Brown i due problemi epocali che ci troviamo ad affrontare sono i cambiamenti climatici e il petrolio che sta finendo. Le conseguenze del global warming e della crisi energetica le avvertiremo tutti, cinesi inclusi che sono sulla strada di un modello di sviluppo occidentale basato sull’automobile. “Noi, dei paesi industrializzati – dice l’ambientalista e scienziato americano – non possiamo dire loro di non acquistare automobili; saranno costretti loro a farlo quando non ci sarà più carburante a buon mercato per farle marciare”. E già ora manca la benzina in diverse città cinesi.
La soluzione è dunque il trasporto pubblico. In futuro “assisteremo a una massiccia ristrutturazione del trasporto cittadino – dice Lester Brown – con le ferrovie urbane che avranno un ruolo sempre più importante, così come saliranno gli investimenti in tutti i trasporti pubblici”. Una situazione che si sta verificando in parte anche negli Usa, dove ormai la benzina costa più di 4 dollari al gallone. Qui i cittadini iniziano a cercare alternative: la metropolitana e i bus di Washington stanno già funzionando al massimo della loro capacità, tanto che la municipalità dovrà adeguare e potenziare il trasporto urbano. E’ allora il messaggio è che il sistema politico-economico inizi a spostare gli investimenti dal trasporto privato su auto a quello pubblico.

“Siamo molto vicini al peak oil e alcuni geologi pensano che lo abbiamo già raggiunto lo scorso anno – spiega Brown – i russi hanno recentemente annunciato che la loro produzione di petrolio probabilmente ha toccato il picco nell’ultimo quarto dello scorso anno e ora sta cominciando a declinare”.
Il mondo “sarà molto diverso da quello che conosciamo ora – dice Brown – non ci sarà più nuovo petrolio, e per qualcuno comincerà ad essercene pochissimo e a prezzi molto elevati”. Perciò, “dobbiamo rapidamente pensare a come intendiamo ristrutturare l’economia energetica globale, e a come sviluppare fonti alternative”, dice l’esperto.

allora va attivato in breve tempo il “Piano B”, il cui obiettivo è salvare la civiltà e non più pensare a qualche ritocco. Serve una vera e propria rivoluzione. Piano B è anche il titolo del nuovo libro del presidente dell’Earth Policy Institute, edito per l’Italia da Edizioni Ambiente. Brown è fiducioso e sottopone all’attenzione del pubblico una serie di fatti e di mutamenti che sono già in atto ma che dovranno trovare nuovi strumenti, come la leva fiscale, per essere riprodotti ovunque e su scala planetaria.
E’ il caso dell’eolico nel Texas, la terra del petrolio. In questo Stato si stanno per installare 23 GW di potenza eolica. Un investimento notevole che però garantirà la domanda di energia elettrica di 12 dei 22 milioni di persone che vivono in Texas. Il paesaggio texano non sarà più punteggiato da pozzi, ma da generatori eolici.
Altro caso interessante riguarda l’Algeria. Brown spiega che il paese nord africano sta pensando di realizzare 6.000 MW di generazione elettrica da solare termico ad alta temperatura per l’export. “Gli algerini hanno capito che un giorno non esporteranno più petrolio e gas, ma programmano di continuare ad esportare energia, ma da fonte solare, sfruttando le loro aree desertiche e altamente soleggiate”.

Il punto messo in luce è che abbiamo “tantissime energie rinnovabili e che per sfruttarle serve solo la nostra immaginazione e la ricerca”. Per Brown in soli 3 stati americani, North Dakota, Kansas e Texas, c’è tanto vento da soddisfare i consumi elettrici nazionali, senza contare l’enorme potenziale dell’eolico offshore, così grande che ancora non possiamo quantificarlo.

Nel mondo dell’energia e in quello privo di risorse “le cose avvengono e avverranno molto velocemente – dice Lester Brown- e a proposito dei 23 MW di eolico da realizzarsi in Texas, racconta come sia significativo che il maggiore investitore in quel progetto è un ex petroliere, T. Boone Pickens, un signore di 81 anni che ha vissuto nel business del petrolio per 60 anni, e oggi sta investendo 10 miliardi di dollari nel progetto eolico texano. Lui “non lo fa perchè è un ambientalista ed è preoccupato dei temi ecologici, lo fa perché sa che lì c’è il futuro e ci sono i guadagni”.

Bisogna tuttavia rendersi conto che se questi segnali di esaurimento delle fonti fossili o di prezzo possono essere colti dal mercato e dai consumatori, vengono visti ancora in modo molto sfocato dai governi nazionali incapaci di produrre e creare le condizioni di un cambio di rotta e il cui orizzonte temporale di azione, solitamente di breve o brevissimo periodo, mal si concilia con le tematiche energetiche e ambientali. Ma qui sta la differenza tra un politico mediocre e uno di grande spessore, come tra le righe spiega la lettera aperta inviata al governo italiano da 1300 professori universitari e ricercatori (vedi articolo Qualenergia.it).

LB

17 giugno 2008

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