Il nucleare dimenticato dal capitale

  • 26 Maggio 2008

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Un articolo di Amory Lovins del RMI su Newsweek spiega perché le rinnovabili nel 2007 sono riuscite ad attrarre 71 miliardi di dollari di capitali privati mentre il nucleare pressoché zero. La risposta è legata solo a fattori economici.

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Le energie rinnovabili trovano una grande forza di attrazione a Wall Street, ma la stessa cosa non succede per l’energia nucleare. Nel 2007 le rinnovabili sono riuscite ad attrarre 71 miliardi di dollari di capitali privati. Il nucleare zero.
Il perché se lo chiede Amory Lovins sul Newsweek. La risposta? E’ un fatto prettamente economico, dice il co-fondatore del Rocky Mountains Institute e direttore scientifico dell’istituto di ricerca americano.

Secondo Lovins l’inaffidabilità delle rinnovabili è un mito, mentre l’inaffidabilità del nucleare è reale. Di tutti gli impianti nucleare costruiti negli Stati Uniti, il 21% è stato abbandonato, il 27% ha avuto almeno una volta un problema tecnico e anche i reattori con le prestazioni migliori sono costretti a chiudere ogni 17 mesi e per 39 giorni per il rifornimento di combustibile. Inoltre, quando chiudono per problemi sulla rete elettrica non possono ripartire in tempi rapidi. La stessa cosa non accade per l’eolico, ad esempio.

Secondo Lovins un chilowattora risparmiato costa dalle 5 alle 10 volte in meno rispetto alla costruzione e gestione di una centrale nucleare. Ma tutte le produzioni di energia distribuita, quelle vicino a chi la consuma, consentono efficienze comunque più elevate ed evitano perdite sulle reti elettriche.

Cosa accade nel mondo? Nel solo 2006 la potenza globale netta aggiuntiva di nucleare è stata l’83% di quella aggiuntiva di fotovoltaico, il 10% di quella eolica e solo il 3% di tutti i micro impianti decentralizzati di produzione elettrica; questi ultimi oggi rappresentano da un sesto alla metà di tutta l’elettricità prodotta in 12 paesi industrializzati. Nel 2007, Stati Uniti, Cina e Spagna hanno installato una nuova potenza eolica maggiore di quanto è stato installato di nuovo nucleare nel mondo. E ciò perché l’eolico è semplicemente più economico di due a tre volte rispetto al nucleare, oltre ad essere più rapido nella realizzazione e messa in esercizio. Anche nella stessa Cina le rinnovabili stanno crescendo 7 volte più della potenza nucleare.

Secondo Amory Lovins, inoltre, spendere un dollaro sul nuovo nucleare è anche meno proficuo per combattere le emissioni di CO2 rispetto a spendere lo stesso dollaro per un nuovo impianto a carbone, visti i costi elevati del primo impianto rispetto al secondo.

Morale e conclusioni? Il timido tentativo di rinascita del nucleare è quindi legato esclusivamente ad una forte ed efficiente lobby energetica, per i forti legami tra esponenti governativi e i giganti dell’energia e forse anche per una nuova generazione che ha dimenticato i fallimenti che l’atomo finora ha inanellato. Non ultimo fattore è da collegare ad una stampa troppo pigra nel valutare le analisi che le vengono preconfezionate dall’industria nucleare. Lovins si domanda, in altri suoi scritti, se non sia ormai giunto il tempo di scordarsi definitivamente del nucleare. I capitalisti ben informati, si risponde, lo hanno già fatto. Dopo mezzo secolo di impegno infaticabile e oltre 500 miliardi di dollari di sussidi pubblici il nucleare non riesce ancora a stare sul mercato. Il verdetto andrebbe accettato.

LB

26 maggio 2008

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