Gli azionisti verdi dei petrolieri

  • 22 Maggio 2008

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Alla Exxon Mobil i Rockefeller guidano una rivolta degli azionisti contro il management: troppo pochi gli investimenti nelle rinnovabili. Anche Shell contestata alla riunione degli investitori per la marcia indietro sull'eolico.

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Anche i giganti del petrolio si trovano a fare i conti con un futuro dell’energia in rapida e incerta evoluzione e tra gli azionisti c’è chi spinge per differenziare gli investimenti, puntando anche su fonti energetiche più moderne, come le rinnovabili. Exxon Mobil, ad esempio, nell’ultimo anno ha registrato un record di profitti, eppure i suoi azionisti paiono tutt’altro che tranquilli e beati. A preoccupare una parte rilevante degli shareholders, tra cui la storica famiglia di petrolieri Rockefeller, la scarsa sensibilità del management per le questioni ambientali e soprattutto i mancati investimenti nelle fonti rinnovabili. Il gruppo di investitori ribelli, guidato dai Rockfeller, ora si prepara a presentare una mozione per un cambio ai vertici di Exxon proprio perché il gruppo apra di più lo sguardo anche a tecnologie più ecocompatibili.

Solo 100 milioni di dollari infatti sono spesi dalla multinazionale in un progetto sul cambiamento climatico all’università di Stanford, mentre per le fonti fossili il piano di investimento è di 25 miliardi di dollari, sottolineano i Rockefeller. L’attuale gruppo dirigente Exxon considera le tecnologie verdi non redditizie, ma a Wall Street e nella City questa visione – riporta il Guardian  – è sempre più contestata come miope, specie se si guarda a ciò che stanno facendo altre aziende del settore, come BP, che si sta rivendendo come impresa “ambientalista” con rilevanti investimenti nelle rinnovabili.

 
Negli USA importanti consulenti finanziari – RiskMetrics, Glass Lewis and Proxy Governance – stanno spingendo gli investitori a sostenere la linea dei Rockfeller secondo i quali, come dichiara a Forbes Neva Rockefeller Goodwin, la dirigenza attuale “si sta concentrando su un sentiero angusto che non tiene in considerazione i cambiamenti rapidi del panorama energetico mondiale”.
E anche Shell, che pure ha finora mostrato interesse verso le rinnovabili, investendo anche in solare, eolico e biocarburanti, ieri, all’ultima riunione degli azionisti – riporta il Guardian – è stata duramente contestata perché punterebbe ancora troppo sugli idrocarburi. Scelte che un azionista ha definito “un suicidio”  come la marcia indietro della multinazionale sull’eolico per investire invece sulle sabbie bituminose e la continuazione della pratica di bruciare il gas in eccesso nei pozzi petroliferi nigeriani. Royal Dutch Shell, infatti, aveva annunciato a inizio mese il proprio ritiro da quello che è uno dei più grandi progetti eolici offshore del mondo, il London Array, un investimento di 4 miliardi di dollari di cui un terzo avrebbero dovuto essere a carico di Shell, mentre sappiamo che la multinazionale proseguirà nei progetti per lo sfruttamento delle sabbie bituminose in Canada. Ma con il barile a 130 dollari che può fare una multinazionale del petrolio? E’ nel suo DNA.

GM

21 maggio 2008
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