Biocarburanti di seconda generazione

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In Germania il primo impianto che ricava biodiesel dal legno di scarto. Il metodo utilizzato darebbe rendimenti 3-4 volte maggiori rispetto a colture energetiche come la colza. L'impianto realizzato a Freiberg, in Sassonia.

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Diesel dal legno, dalla paglia, dagli scarti della lavorazione del latte, sarà questo il biocarburante del futuro? Forse. Almeno così fa sperare l’inaugurazione in una cittadina della ex Germania est del primo impianto al mondo dove legname di scarto verrà trasformato in carburante pronto per essere usato da qualsiasi motore a gasolio.

La consapevolezza degli effetti collaterali dei biocarburanti tradizionali ha alimentato negli ultimi anni le speranze che le tecnologie per la produzione dei più sostenibili biocombustibili di seconda generazione raggiungano presto la maturità. L’inaugurazione di ieri dell’impianto di Freiberg, in Sassonia, cui ha partecipato tra gli altri anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, è sicuramente un segnale interessante. La nuova struttura di produzione è stata realizzata dal gruppo Choren, società specializzata nello sviluppo dei nuovi biocarburanti, sostenuta dalla partecipazione di colossi come Shell, Daimler e Volkswagen. Quando entrerà a pieno regime, secondo l’azienda entro 8-12 mesi, la raffineria produrrà 18 milioni di biodiesel all’anno che saranno ottenuti interamente da legname di scarto.

I vantaggi della nuova tecnologia, spiega Choren a Qualenergia.it, sono svariati: primo tra tutti avere un biocarburante che emette il 90% in meno di CO2 rispetto al diesel convenzionale e che soprattutto non entra in competizione con le colture alimentari, uno degli aspetti più contestati dei biocombustibili di prima generazione. Ottenere carburante con il sistema BTL, ossia da biomassa a liquido, inoltre si avrebbe una resa per ettaro da tre a quattro volte superiore rispetto al biodiesel ottenuto da colture energetiche come la colza: la stima è di 4.000 litri di carburante per ettaro.

Altro vantaggio del diesel da BTL, oltre alle emissioni praticamente nulle di zolfo, monossido di carbonio, idrocarburi, ossido d’azoto e particolato, è che può essere usato, puro o diluito, da qualsiasi motore diesel senza bisogno di particolari adattamenti; cosa non irrilevante in Germania dove il programma sui biocarburanti è stato sospeso anche perché ci si è accorti che milioni di veicoli non potevano usare la miscela con il 10% di etanolo.

Se la centrale di Freiberg dimostrerà di funzionare bene il progetto di Choren è di costruirne una seconda, molto più grande, che produrrà 270 milioni di litri di biocarburante da BTL all’anno. Se tutto andrà secondo le previsioni il secondo impianto, che verrà costruito a Schwedt, ai confini con la Polonia, sarà produttivo entro il 2012-2013.

Ma c’è anche chi frena l’entusiasmo. Christian Hey, esperto indipendente e consulente del governo tedesco, interpellato dall’agenzia AFP, fa notare come la raffineria di Freiberg sia per ora solo un prototipo e bisognerà aspettare per vedere se emergono eventuali problemi tecnici: “La seconda generazione di biocarburanti non sarà matura prima del 2012-2014. Pensare che vada più veloce è un’illusione”. Frank Bruenhing della federazione tedesca per i biocarburanti, fa invece notare come produrre nuovi combustibili come il BTL abbia “costi esorbitanti: l’impianto da 200.000 tonnellate che Choren vuole costruire costa un miliardo di euro, mentre uno delle stesse dimensioni che usasse la colza ne costerebbe 40 milioni”.

Se si guarda ai costi di produzione dei biocarburanti però, spiega a Qualenergia.it, il professor Alessandro Paglianti, dell’Università di Bologna, bisogna tenere conto, oltre che degli aspetti etici e ambientali, anche dei costi energetici della coltivazione: anche se non si utilizzano solo scarti di legno, ma si decide di piantare alberi ad accrescimento rapido, questo tipo di coltivazione può risultare più conveniente in quanto a energia spesa rispetto a quella annuale come la colza.
 

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