Scrivi

Più lontani da Kyoto con il carbone

  • 17 Marzo 2008

Un documento di Legambiente critica la mancanza di contrasto che i nostri governi hanno avuto nei confronti delle scelte industriali favorevoli al carbone. Danni ambientali, trend dei mercati internazionali, risorse e implicazioni dell'opzione carbone.

ADV
image_pdfimage_print
La politica a favore del carbone è una chiara scelta industriale delle aziende elettriche che nessun governo italiano finora ha voluto contrastare, nonostante il nostro paese debba recuperare i gravissimi ritardi rispetto agli obblighi di riduzione delle emissioni climalteranti sanciti dal protocollo di Kyoto.
Questo è quanto viene detto nel recente rapporto pubblicato da Legambiente dal titolo “No al carbone. Da Saline Joniche a Vado Ligure, da Civitavecchia al Sulcis. La rincorsa al combustibile fossile che ci allontana da Kyoto”. Nella premessa del documento Legambiente spiega come “a spalancare le porte in Italia alla fonte fossile climalterante per eccellenza sono infatti scelte governative e condizioni normative particolarmente favorevoli”.

Mentre in Spagna il governo stanzia fondi per ridurre del 10% in un anno la produzione dei bacini carboniferi, in Italia si da’ nuovo sostegno alla miniera del Sulcis progettando un’apposita centrale finanziata con i fondi CIP6. Se in Danimarca un decreto in vigore dalla fine degli anni 90 proibisce la costruzione di impianti ad alte emissioni, dirottando gli investimenti su centrali più efficienti, e se gli altri stati europei prevedono costi sempre più elevati per chi vuole mettersi a progettare centrali inquinanti, da noi si assicura l’intervento diretto dello Stato con fondi pubblici per coprire le spese ambientali eccedenti, come stabilisce il nuovo Piano nazionale delle assegnazioni (Pna).

Il documento (40 pp.) affronta la tematica dell’utilizzo del carbone sotto varie angolature: le centrali e il loro impatto ambientale, il quadro internazionale, il mercato della fonte, l’andamento del suo prezzo e la quantità di risorse disponibili.

Una nuova prospettiva per lo sviluppo delle centrali a carbone è fornita dal confinamento geologico delle emissioni di CO2 di questi impianti (CCS). La fase sperimentale di questa nuova tecnologia non trova Legambiente pregiudizialmente contraria, ma secondo l’associazione ciò non può giustificare la costruzione in Italia e altrove di nuove centrali a carbone o la riconversione di quelle a olio. Dovrebbero essere le aziende elettriche a farsi carico economicamente della ricerca sulla CCS, senza sottrarre le poche risorse pubbliche e l’attuale scarso impegno degli enti di ricerca istituzionali verso le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica.

17 marzo 2008

Potrebbero interessarti
ADV
×