L’energia sporca sussidiata

  • 19 Febbraio 2008

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Un tema sempre poco affrontato è quello dell'enorme massa di sussidi alle fonti fossili di energia. In un recente rapporto dell'UNFCCC è dimostrato come nel mondo solo il 5-7% di questo denaro vada alle vere fonti rinnovabili.

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“Le fonti di energia rinnovabile non sono competitive e possono esistere solo se tenute in vita artificialmente da contributi economici degli Stati”. Questa è l’obiezione che spesso si sente sollevare da chi è scettico verso la possibilità di cambiare radicalmente il modo di produrre energia. Ma nei conti degli scettici, si potrebbe ribattere, non trovano mai posto le esternalità negative legate all’uso delle fonti tradizionali. Se vogliamo possiamo stimarle grossolanamente in quel 3% del prodotto interno lordo mondiale che, secondo l’Ipcc, da qui al 2030 se ne andrà per riparare ai danni del riscaldamento globale se non si passerà a un modo più sostenibile di produrre energia..
Ma a fare i conti in tasca alle fonti fossili si scopre che, anche senza tenere conto dei costi sotto forma di inquinamento, sono meno competitive di quello che appare. E’ un aspetto più volte evidenziato da diversi studi, ma mai a sufficienza divulgato. A essere “dopate” da iniezioni di denaro pubblico infatti non sono solo le fonti pulite, ma (e in misura ben maggiore) anche i combustibili fossili.

Basta dare un’occhiata alle stime elaborate dall’International Energy Agency e dal Segretariato UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change): dei 250-300 miliardi di dollari spesi ogni anno nel mondo in sussidi all’energia, 180-200 vanno a sostegno dei combustibili fossili e solo 33 miliardi di dollari vanno a incentivare fonti che non emettono CO2. Tra queste fonti alternative si scopre però che la parte del leone nell’accaparrarsi i sussidi la fa il nucleare che assorbe ben 16 dei 33 miliardi di dollari stanziati, seguito dalle energie rinnovabili, cui ne vanno 10, e dai biocarburanti, finanziati per 6 miliardi di dollari.

“I sussidi a specifiche forme di produzione di energia vanno inevitabilmente a danneggiare lo sviluppo di altre tecnologie che potrebbero rivelarsi più convenienti da un punto di vista sia economico che ambientale” è la conclusione di Trevor Morgan autore del report pubblicato dal UNFCCC (vedi allegato), che auspica una riforma del sistema degli incentivi.

Anche i dati dell’European Energy Association che si riferiscono al vecchio continente negli ultimi anni confermano quanto emerge dal rapporto UNFCCC sulla situazione mondiale: nell’anno preso in considerazione, il 2001, ad esempio, solo il 19% dei sussidi per l’energia è andato alle rinnovabili, il restante 81% è stato diviso tra nucleare (8%), gas e petrolio (30%) e soprattutto carbone (43%).

La fonte più inquinante, il carbone, è dunque quella che in Europa riceve il maggior sostegno economico. Nel 2005 Germania e Spagna, le due nazioni che più finanziano il carbone, hanno stanziato rispettivamente 2.700 e 1.100 milioni di euro per proteggere le proprie miniere dalla concorrenza estera. Nel 2010 gli Stati membri saranno chiamati a decidere se il regime dei sussidi al carbone debba continuare o meno; al contempo diverse associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace, premono affinché i finanziamenti finiscano.

E proprio Greenpeace, nel suo dossier sui finanziamenti alle fonti “sporche” nella Comunità Europea pubblicato nel 2005 fornisce alcuni dati che fanno riflettere (vedi allegato). Si scopre, ad esempio, che dei 18 miliardi di euro stanziati dalla European Investment Bank (EIB) per finanziare progetti energetici tra il 1990 e il 2003, solo 323 milioni sono andati allo sviluppo di fonti pulite come il solare e l’eolico, una cifra pari al 5% del totale.

Un discorso a parte meriterebbe poi un’altra forma “indiretta” di sostegno pubblico ai combustibili fossili come possono essere considerate le spese militari per il controllo delle zone di estrazione. Oltre ai 50 miliardi di dollari che, secondo l’esperto energetico Doug Koplow, le fonti fossili hanno ricevuto nel 2006 negli Stati Uniti, si potrebbero aggiungere anche le spese militari sostenute quell’anno per la guerra in Iraq. Secondo il New York Times sono state pari a 200 miliardi di dollari. Ma ufficialmente questa non è una guerra per le risorse energetiche.

Giulio Meneghello

19 febbraio 2008

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