L’emissions trading si rinnova

  • 24 Gennaio 2008

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Insieme alle proposte del pacchetto europeo su energia e clima, presentate anche le modifiche al sistema di commercio delle emissioni, l'ETS. Vediamo le principali novità

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Venti Venti Venti entro il 2020: questo il programma che il Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, ha presentato ieri, 23 gennaio, all’Europarlamento. Entro il 2020, l’obiettivo è di raggiungere una diminuzione del 20% delle emissioni di gas serra degli Stati membri dell’Unione Europea, di portare la quota di energia prodotta con fonte rinnovabile al 20% e di ottenere un risparmio dei consumi energetici del 20% rispetto alle proiezioni per il 2020.
Qualora si riesca a siglare un accordo internazionale post-Kyoto, l’impegno di riduzione delle emissioni climalteranti potrebbe arrivare al 30%.
Tra gli strumenti che verranno utilizzati per raggiungere l’abbattimento delle emissioni, in prima linea vi sono grandi modifiche del sistema European Emissions Trading (EU ETS).

L’EU ETS è stato introdotto nel 2005 per ridurre i costi del Protocollo di Kyoto e ripartire parte della responsabilità di ridurre i gas serra tra le aziende grandi inquinanti. Il meccanismo è il cosiddetto cap-and-trade: l’Unione Europea, di comune accordo con gli Stati membri, fissano il tetto massimo di emissioni totali, definito in modo da risultare inferiore di una certa percentuale rispetto ad un anno-base. Nel Piano Nazionale di Allocazione (PNA), le quote sono poi ripartite tra gli impianti. Le aziende che saranno capaci di ridurre le proprie emissioni inquinanti al di sotto di tale limite, potranno vendere i titoli; quelle in debito, dovranno acquistarne. Da qui la nascita del mercato, il Carbon Market.

Nei primi due periodi, 2005-2007 e 2008-2012, l’EU ETS ha coinvolto più di 11.000 impianti industriali, corrispondenti a circa il 40% delle emissioni europee. I settori coperti sono quattro: produzione di energia; produzione e trasformazione di metalli ferrosi; industria dei prodotti minerari; produzione di carta e cartone.

Le novità dal 2013
Ma andiamo alle novità indicate dalla proposta presentata ieri. Il terzo periodo EU ETS riguarderà otto anni, dal 2013 al 2020. Tre sono i principi-guida della rivoluzione del settore:

  • abbattere le emissioni di gas climalteranti in una misura congrua rispetto all’obiettivo generale del –20%;
  • raggiungere il più alto grado di efficienza economica, in modo da minimizzare il costo delle riduzioni per la società nel suo complesso;
  • armonizzare le regole tra i Paesi Membri.

Il target di riduzione è del -21% delle emissioni generate dagli impianti coperti da EU ETS nei primi due periodi nel 2020, prendendo come anno-base il 2005. Nelle assegnazioni, si cercherà di garantire quella situazione di shortage, di scarsità, necessaria per definire un adeguato prezzo di mercato.

La modalità di assegnazione subirà una rivoluzione: il cap, il livello massimo di gas serra complessivi, sarà deciso dall’Unione Europea, come pure la ripartizione tra gli impianti. Spariranno, quindi, i Piani di Allocazione Nazionali, in cui gli Stati stabilivano, attraverso un tortuoso processo di negoziazione con la Commissione Europea, i limiti massimi di emissioni e la loro ripartizione tra i settori e tra gli stabilimenti industriali. Questo metodo portava gli Stati ad avere un incentivo che favoriva le proprie industrie.
Cambierà il sistema di attribuzione delle quote alle aziende: dalla distribuzione gratuita, o grandfathering, all’auctioning, ovvero ad aste in cui le quote sono distribuite a titolo oneroso. Di anno in anno, la parte delle quote a pagamento crescerà, fino a raggiungere il 100% nel 2020 (saranno escluse solo le industrie soggette a rischio trasferimento verso Paesi con una legislazione ambientale più blanda). Le modalità tecniche di svolgimento delle aste sono ancora da stabilire.

L’anidride carbonica non sarà più l’unico gas serra in oggetto: saranno posti limiti anche al protossido di azoto (N2O) e ai perfluorocarburi (PFC). Inoltre, vi sarà un ampliamento dei settori coperti da EU ETS: saranno compresi l’industria petrolchimica, dell’alluminio, dell’ammoniaca e il trasporto aereo.

Novità per i piccoli stabilimenti: quelli con emissioni climalteranti minori di 10.000 tCO2eq all’anno nei tre anni precedenti potranno essere esclusi dall’EU ETS. Questa previsione potrebbe riguardare ben 4.200 impianti europei, per una percentuale dello 0,7% sul totale delle emissioni; è stata inserita per non disperdere costi su piccole quantità di gas serra. Ciò non toglie che tali impianti dovranno rispettare equivalenti limiti di emissioni di gas dannosi per l’atmosfera, secondo modalità ancora da definire.

Per quanto riguarda i crediti di riduzione scambiabili, vi sarà spazio per un futuro collegamento con altri schemi nazionali e regionali di tipo cap-and-trade.
I crediti da progetti di Clean Development Mechanism (CDM) nei Paesi in via di sviluppo, e di Joint Implementation (JI) potranno essere utilizzati in una misura percentuale compresa tra il 30 e il 50%. Sono esclusi i crediti da progetti di afforestazione e di riforestazione, in quanto si ritiene che il problema della permanenza degli assorbimenti di CO2 e della rendicontazione degli stessi non sia stato ancora risolto in maniera soddisfacente.

Come ha dichiarato il Presidente Barroso, questo pacchetto rappresenta un’occasione per l’Europa “per mostrarsi al meglio” e per creare “un’opportuna piattaforma che affronti le sfide climatica ed energetica del ventunesimo secolo”. Sfide di cui le imprese dovranno assumersi parte della responsabilità, ma anche coglierne le opportunità, coniugando sviluppo e sostenibilità.

Veronica Caciagli

24 gennaio 2008

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