Edifici inglesi a zero emissioni

  • 24 Gennaio 2008

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Le politiche per l'efficienza energetica nell'edilizia del Regno Unito rivoluzioneranno il modo di costruire in un paese che ha prestazioni energetiche delle abitazioni ancora modeste. L'Italia seguirà la stessa strada?

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Dal mese di gennaio di questo anno i livelli minimi delle prestazione energetiche invernali dei nuovi edifici sono stati resi più rigidi e dal 2010 si avrà un’ulteriore riduzione dei consumi ammessi che porterà i limiti a valori del 40-60% più bassi rispetto a quelli consentiti nel 2005. E’ quanto prevede il decreto 311/2006 e peraltro alcune Regioni, come la Lombardia, hanno deciso di anticipare da subito i valori previsti per il 2010.
Tutto fa pensare, peraltro, che questo miglioramento delle prestazioni termiche non si arresterà e che proseguirà negli anni successivi, anche perché si inserisce in un trend europeo in rapida evoluzione alla luce degli obbiettivi di risparmio del 20% da raggiungere entro il 2020.

Un interessante osservatorio per seguire l’evoluzione delle normative e la risposta dell’industria delle costruzioni è rappresentato dalla Gran Bretagna, paese dove storicamente le caratteristiche termofisiche degli edifici sono state modeste, ma che ha recentemente dato un colpo di acceleratore alle politiche di innalzamento dell’efficienza energetica. Già i limiti introdotti nel 2006 prevedevano una riduzione del 40% rispetto ai valori ammessi fino al 2001, ma grosse novità sono in arrivo nel prossimo futuro.
Nel dicembre del 2006 il Governo ha infatti presentato un rapporto dal titolo chiarissimo e per qualche verso “provocatorio”: Building A Greener Future: Towards Zero Carbon Development. Nel documento si propone di arrivare nel giro di un decennio a una forte riduzione dei consumi dei nuovi edifici residenziali. Dal 2016 si potranno realizzare solo costruzioni “carbon neutral”, in grado cioè di azzerare il contributo di anidride carbonica grazie a un mix di misure di efficienza energetica e di utilizzo di fonti rinnovabili.
Il motivo di questa accelerazione è legato alla decisione inglese di ridurre del 60% le emissioni di anidride carbonica entro il 2050 e dalla considerazione che per quella data solo due terzi del patrimonio costruito sarà rappresentato dagli attuali edifici. Da qui l’input a ridurre al minimo, e possibilmente azzerare, il contributo delle nuove costruzioni.

Per ottenere questo ambizioso obbiettivo il Governo inglese intende intervenire sia nella programmazione territoriale con lo strumento “Planning and Climate Change” che nei regolamenti edilizi. E’ stata inoltre introdotta un’etichettatura energetica ambientale (Code for Sustainable Homes) che include anche l’analisi delle caratteristiche dei materiali impiegati, una valutazione sui consumi idrici e su altri aspetti legati alle attività di costruzione. Il nuovo codice, che prevede una classificazione da 1 a 6 stelle in funzione della sostenibilità ambientale degli edifici, viene applicato su base volontaria, ma il Governo intende renderlo obbligatorio dall’aprile del 2008.
Sono stati proposti inoltre nuovi limiti progressivamente più severi sui fabbisogni energetici. Entro il 2010 si dovranno ridurre i consumi del 25%, per passare poi a un taglio del 44% nel 2013 e raggiungere quindi l’obbiettivo finale di avere edifici “carbon neutral” dal 2016. Un obbiettivo molto ambizioso, tanto più che l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica non si riferisce solo alla climatizzazione estiva e invernale, ma anche alla produzione di acqua calda, all’illuminazione e agli elettrodomestici.

Naturalmente è stata fatta un’analisi economica per valutare l’impatto di questi obbiettivi con una stima di extracosti pari al 4-7% per raggiungere i livelli previsti al 2013, mentre si confida sulla riduzione dei costi legati alla produzione di larga scala di tecnologie come la minicogenerazione e all’introduzione di nuove soluzioni progettuali per gli edifici carbon neutral per i limiti più rigorosi del 2016.
Tra l’altro, si stanno ipotizzando elementi di flessibilità, come l’utilizzo di soluzioni a livello di quartiere, per esempio di sistemi di teleriscaldamento a biomasse.
Un successivo documento del dicembre 2007, il “Report on carbon reductions in new non-domestic buildings“, analizza la possibilità di estendere le stesse prescrizioni anche all’edilizia non residenziale, includendo nell’obbligo di neutralizzazione della CO2 anche il conteggio dei consumi per l’illuminazione, per le macchine da ufficio e per le altre apparecchiature. Vista la complessità decisamente maggiore di questo tipo di destinazioni (pensiamo a un ospedale o a un supermercato), nel documento si propone di spostare l’obbiettivo della neutralizzazione delle emissioni al 2020.

Qual è stata la posizione dell’industria delle costruzioni a fronte di una così incisiva trasformazione del mercato, che implica una vera rivoluzione nella progettazione, nei materiali da impiegare, nelle soluzioni impiantistiche? Tutto sommato positiva e certo molto più aperta rispetto al passato. E’ passato del tempo da quando Roger Humber, già direttore dell’Associazione dei costruttori, si chiedeva con una battuta che senso avesse voler trattenere il calore nelle abitazioni posto che il mondo si andava riscaldando…
Per accompagnare il processo di cambiamento il Governo ha creato un Centro nazionale di Eccellenza volto a sperimentare materiali e tecniche costruttive per supportare l’industria delle costruzioni in questa delicata transizione.
Inoltre, al fine di testare le nuove soluzioni, si è deciso di realizzare nei prossimi anni alcune decine di migliaia di edifici “carbon neutral” in cinque “città ecologiche” nelle quali, oltre a rispettare strettamente la progettazione degli edifici a zero emissioni, si presterà un’attenzione particolare al settore dei trasporti. La prima sperimentazione di “Eco-village” verrà realizzata vicino a Bristol dalla società Barrat Developments, mentre è stata già avviata una gara per selezionare l’azienda che realizzerà la seconda eco-città a Peterborough, località situata, come la precedente, in un’area carbonifera da risanare.
Insomma, la Gran Bretagna sembra fare sul serio.

Affrontare in una decina di anni una sfida di queste dimensioni comporta uno sforzo concertato su diversi fronti: dalla progettazione mediante l’utilizzo di sofisticati modelli di simulazione, all’impiego di tecnologie avanzate, dalla sperimentazione di nuove soluzioni costruttive alla trasformazione delle normative e della programmazione territoriale.
E’ un esempio da seguire con attenzione, perché tutto fa supporre che questo sarà il futuro dell’edilizia anche nel nostro Paese.

Gianni Silvestrini

L’articolo sarà pubblicato sul prossimo numero (marzo-aprile 2008) di Casaenergia, la rivista italiana dedicata all’energia per la casa, al comfort e al risparmio energetico.

21 gennaio 2008

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