A tanto corrisponde lo sforamento delle nostre emissioni climalteranti rispetto all’obbiettivo previsto dal Protocollo. Si tratta di una “emergenza invisibile”. Non plateale come quella dei rifiuti della Campania, ma altrettanto pesante in termini economici, di immagine, di opportunità non colte. Paghiamo infatti dieci anni di sottovalutazione della sfida climatica. Per essere giusti qualche segnale positivo in realtà comincia a evidenziarsi. E qui veniamo alla seconda notizia, questa volta buona.
In base alle prime stime sui consumi dei combustibili fossili del 2007 si sarebbe verificato un leggero calo del fabbisogno. Se questo dato verrà confermato, ci troveremmo di fronte al secondo anno consecutivo di riduzione dei consumi e, quindi, delle emissioni di gas serra. Insomma, un ribaltamento di un trend che nel 2005 aveva portato a un picco di emissioni climalteranti di 580 Mt, il 12% in più rispetto al 1990.
Andranno esaminate nel dettaglio le motivazioni di questa inversione per capire quanto hanno influito le condizioni climatiche, il prezzo dell’energia e i primi effetti delle politiche di riduzione attivate, ma si tratta comunque di un segnale interessante.
Quale lezione ci viene da questi due dati cosi diversi?
Che di fronte alla gravità della sfida climatica ci vuole più determinazione a tutti i livelli istituzionali e che serve una forte regia centrale. La Presidenza del Consiglio deve assumere un ruolo decisivo in questa partita.
E infine che, in una fase di risorse sempre più scarse e costose, dobbiamo aggiungerne un’altra, decisiva: il tempo. Ogni ritardo comporterà danni irreversibili all’ambiente, e costi crescenti per il Paese.
Dunque è importante interrogarsi per capire cosa può fare ciascuno di noi per assumere comportamenti più virtuosi, subito. E soprattutto risulterà decisiva la rapidità con cui le istituzioni innalzeranno il livello di attenzione sulla questione climatica.