L’Australia cambia rotta

  • 27 Novembre 2007

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La vittoria dei laburisti australiani rappresenta un passo avanti per Kyoto. Per la prima volta l'effetto serra è stato determinante in una competizione elettorale. Un commento di Gianni Silvestrini

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Adesso il re (Bush) è veramente nudo e solo. La vittoria dei laburisti in Australia comporterà un drastico ribaltamento delle posizioni governative sul coinvolgimento del continente australe in Iraq e nei confronti del clima.
Il tema del riscaldamento del pianeta è stato decisivo in questa competizione elettorale che si è tenuta proprio mentre il continente australiano era colpito da una siccità mai vista.

Come è noto, il precedente governo conservatore si era ostinatamente rifiutato di ratificare il Protocollo di Kyoto, rimanendo così l’unico paese industrializzato ad assecondare la posizione degli Usa. “Gli australiani hanno deciso di cacciare un governo che si è comportato da delinquente sul tema del clima e che non ha dimostrato alcuna capacità di misurarsi con le sfide del 21 secolo” ha dichiarato Peter Garrett, il responsabile dell’ambiente dei laburisti.
Intanto, per segnalare in maniera netta il cambio di marcia, il nuovo primo ministro Kevin Rudd guiderà la delegazione australiana alla Conferenza delle nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si aprirà a Bali il 4 dicembre.

Quali conseguenze si potranno avere nella politica energetica australiana? Una delle prime decisioni sarà quella di innalzare l’obbiettivo delle fonti rinnovabili, il cui contributo si era ridotto durante gli 11 anni di governo conservatore, al 20% dei consumi elettrici entro il 2020, allineandosi così all’Europa (che estende però l’obbiettivo a tutti i consumi energetici) e alla Cina.
L’energia del sole, del vento e della geotermia dovrebbero consentire di passare dagli attuali 15 TWh/a a 45 TWh/a entro la fine del prossimo decennio.

Gianni Silvestrini

26 novembre 2007

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