Emissioni. Chi paga?

  • 27 Novembre 2007

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Il nostro esecutivo non ha ancora messo mano al Piano Nazionale di Assegnazione come richiesto a maggio dell'UE. Le associazioni ambientaliste temono per nuovi aiuti al carbone e il peso economico del surplus di emissioni sulla collettività

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Dal 1° gennaio 2008 partirà il secondo periodo dell’Emission Trading, il sistema europeo di scambio che regola le emissioni di gas serra di alcuni settori industriali, tra cui il settore energetico. Ma a poche settimane dall’inizio della nuova fase, il Governo italiano non ha ancora reso chiare le emissioni assegnate ai singoli impianti.
Greenpeace, Legambiente e Wwf denunciano il pericolo che, sotto le pressioni dei grandi gruppi industriali il Governo possa, un’altra volta cadere in errore, concedendo sconti e incentivi alla produzione di energia elettrica da carbone.
Lo scorso maggio la Commissione Europea aveva chiesto all’Italia di ridurre il proprio piano di allocazione di 13,2 milioni di tonnellate di CO2 (vedi articoli e contributi sul portale Qualenergia.it: 1, 2, 3), ma dopo sei mesi il Governo non ne ha ancora presentato uno nuovo per la seconda fase.

A luglio, Greenpeace, Legambiente e Wwf hanno suggerito alcune soluzioni per recuperare le quote mancanti senza vanificare il principio fondamentale della direttiva “chi inquina paga” e senza danneggiare gli impianti nuovi entranti.
Le associazioni chiedevano, in sostanza, di far ricadere sul carbone, il combustibile maggiormente responsabile dell’effetto serra, i tagli richiesti dalla Commissione attraverso la riduzione di circa 6 milioni di tonnellate delle quote destinate alla riserva del settore termoelettrico, adottando un coefficiente unico di 358 g/kWh e 5000-5500 ore di funzionamento all’anno per tutti i nuovi entranti, indipendentemente dalla tecnologia e dal combustibile impiegato. Un’ulteriore riduzione di circa 8 milioni di tonnellate sarebbe potuta avvenire attraverso una revisione del coefficiente di assegnazione per gli impianti a carbone ed olio combustibile esistenti.
Al fine di alimentare maggiormente la riserva e non costituire una barriera ai nuovi entranti – sottolineano le tre associazioni – le attuali 12 milioni di tonnellate, riservate all’allocazione a titolo oneroso (di cui 10,3 Mt ai soli impianti a carbone), andrebbero destinate a tutte le installazioni.

Oggi però esiste il rischio che il taglio richiesto dalla Commissione venga raggiunto cancellando le quote della riserva per gli impianti nuovi entranti, quote che verranno acquistate in futuro attraverso risorse pubbliche. L’articolo 122 della legge finanziaria 2008 Misure per sostenere i giovani laureati e le nuove imprese innovatrici del Mezzogiorno nonché per la gestione delle quote di emissione di gas serra),attualmente in discussione alla Camera, ha già istituito un fondo pubblico dal quale attingere per l’acquisto di queste quote.

L’eventualità di cancellare la riserva e scaricarne i costi sulla collettività è inaccettabile: si va a penalizzare il Paese e, in particolare, le nuove centrali a gas naturale solo per mantenere i privilegi della generazione a carbone. E’ inaccettabile che le decisioni del Ministero dello Sviluppo Economico siano pilotate dagli interessi di Enel – stigmatizzano le associazioni – a discapito dei consumatori e dei concorrenti del mercato elettrico che si stanno orientando su fonti energetiche più pulite. Inoltre, è grave tagliare la riserva se non in misura proporzionale all’adozione di un coefficiente unico di allocazione pari a quello del gas naturale (358 g/kWh e 5000-5500 ore di funzionamento anno).
I cittadini non devono pagare in Finanziaria quello che la direttiva europea chiede siano le imprese a pagare. In questo caso saremmo di fronte ad una palese violazione della normativa sugli aiuti di Stato.

La Commissione europea già nella risposta del maggio 2007 anticipava il rischio di aiuti di Stato in merito al ‘trucco’ del Cip6. Le associazioni minacciano: “Se si pensa di scaricare sulla collettività i costi della riserva perché si vuole perseverare ad incentivare il carbone, il ricorso all’UE sarà inevitabile”.

22 novembre 2007

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