Le imprese Usa per il clima

  • 15 Ottobre 2007

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Negli Stati Uniti in prima linea per una concreta politica di mitigazione dell'effetto serra ci sono importanti imprese che fiutano anche una grande opportunità di sviluppo economico e sociale

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Il 22 gennaio 2007 dieci delle maggiori compagnie americane, comprese Alcoa, General Electric e Lehman Brothers, hanno inviato al presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, un invito a intraprendere azioni più aggressive per contrastare il mutamento climatico, con l’obiettivo di forzare il presidente ad abbracciare un sistema di tetti obbligatori sulle emissioni di gas serra in grado ridurle di almeno il 30% nei prossimi 15 anni.
Più recentemente, il 18 luglio scorso, al segretario di stato americano per l’energia, Samuel Bodman, è pervenuto il rapporto elaborato su sua richiesta dal National Petroleum Council, già molto esplicito nel titolo: “Facing the Hard Truths about Energy”. Un testo poderoso, più di 400 pagine, a cui hanno collaborato direttamente 350 esperti, mentre pareri e contributi sono stati richiesti a un altro migliaio di persone, compresi 19 ministri per l’energia di altri paesi. A coordinare il tutto Lee Raymond, ex-presidente e amministratore delegato della Exxon Mobil, e il sottosegretario per l’energia, Jeffrey Clay Sell, contornati da un discreto numero di importanti oil men. Il rapporto affronta a 360 gradi i problemi energetici del futuro, fino all’ormai classico, per questo tipo di studi, 2030, ma la natura del committente (il governo USA) e degli estensori attira immediatamente l’attenzione su alcune parti del testo, a partire dall’importanza data al contenimento delle emissioni di CO2. Dettaglio non marginale, vincolo ormai assunto per scontato, che di conseguenza impone «la riduzione della domanda, la sostituzione dei combustibili attuali con altri a bassa o nulla emissione netta di carbonio, la realizzazione della cattura e sequestro delle emissioni prodotte dalla combustione di carbone, petrolio e gas».

Ma ci sono anche fatti. Sempre recentemente l’American Electric Power ha deciso di installare sul proprio impianto a carbone da 1.300 MW di Mountaineer Plant in West Virginia un sistema per la cattura dell’anidride carbonica. Di dimensioni limitate – sarà in grado di assorbire solo una piccola parte di quella prodotta dall’impianto – a partire dalla metà del 2008 catturerà circa 100.000 tonnellate all’anno di CO2 che verranno immagazzinate sotto terra in depositi geologicamente sicuri esistenti nella zona. Una volta verificate le prestazioni di questa installazione dimostrativa, l’American Electric Power inizierà ad applicare il sistema a piena scala su una delle unità a carbone da 450 MW dell’impianto di Northeastern nell’Oklahoma, dove dovrebbe catturare 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, che in questo caso saranno utilizzate per l’enhanced recovery del greggio presente in un giacimento limitrofo. Contemporaneamente l’American Electric Power ha firmato un accordo con la Babcock & Wilcox per uno studio di fattibilità relativo all’applicazione su scala industriale della tecnologia di combustione del carbone con ossigeno invece di aria, in modo da eliminare alla radice il problema della formazione di CO2. Lo studio sarà validato dai risultati ottenuti dal funzionamento di un impianto pilota da 30 MW della stessa Babcock & Wilcox, che entrerà in funzione la prossima estate.

Queste notizie sono arrivate pressoché in contemporanea con l’annuncio dell’amministratore delegato della Chevron, Dave O’Reilly, secondo il quale senza alcun dubbio gli Stati Uniti dovranno quanto prima varare un programma nazionale per contenere le emissioni di gas serra. Non si tratta di una mera petizione di principio: in casa propria O’Reilly sta già privilegiando progetti che consentano alla Chevron di acquisire carbon credits destinati a compensare almeno in parte le emissioni derivanti dall’esercizio degli impianti in funzione in Europa.
L’elenco non finisce qui, ma quanto ricordato è di per sé sufficiente a dimostrare che anche negli Stati Uniti si stanno creando le condizioni per un’effettiva politica di mitigazione dell’effetto serra. Che in prima fila ci siano importanti imprese conferma che tale politica rappresenta anche una grossa opportunità di sviluppo economico e sociale.

G.B. Zorzoli

15 ottobre 2007

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