Il ghiaccio alpino diventa bollente

  • 26 Luglio 2007

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In 150 anni i ghiacciai alpini si sono dimezzati. Quelli italiani sono in arretramento dal 1990, ma dal 2003 il fenomeno è in forte accelerazione. Il resoconto di un workshop tenutosi a Saint-Vincent

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Dei circa 4474 km2 di superficie glaciale che ricoprivano le Alpi verso il 1850, nel 2000 ne rimanevano 2272, pari al 51%.
Questo il dato che emerge dal workshop preparatorio della Conferenza Nazionale Cambiamenti Climatici 2007 dal titolo Cambiamenti climatici e ambienti nivo-glaciali: scenri e prospettive di adattamento (2-3 luglio, Saint-Vincent – AO)
Nel documento allegato (curato da Claudio Piccini di Apat/Nat-Bio, Umberto Morra di Cella di Arpa Valle d’Aosta  e Luca Mercalli di SMI/CGI), emerge che le riduzioni dello stesso ordine di grandezza delle Alpi sono confermate anche sui massicci montuosi italiani, con numerosi piccoli ghiacciai che dal 1957 a oggi si sono estinti.

Attualmente, la superficie glaciale italiana ammonta a poco meno di 500 km2, circa un quinto del totale alpino.  Quasi la totalità degli apparati glaciali italiani è in arretramento dal 1990; una forte accelerazione del fenomeno è osservabile dal 2003.
La riserva idrica totale dei ghiacciai italiani è scarsa in quantità (non esistono misure estensive di spessore; applicando una stima di spessore medio di 30-50 m, si ottengono circa 15-25 km3 d’acqua, corrispondenti al 40-68 % del volume del Lago Maggiore), ma è rilevante per qualità e disponibilità nel periodo estivo di maggior richiesta.
L’innevamento è in riduzione dal 1990 su gran parte delle Alpi, sia in termini di quantità, sia in termini di durata. Attorno a quota 2500 m nel periodo 1990-2005 si osserva un anticipo della fusione primaverile di circa 15 giorni rispetto al cinquantennio precedente con riflessi sul regime idrologico (anticipo deflussi primaverili e riduzione di quelli estivi).

Per quanto riguarda l’evoluzione futura dei ghiacciai alpini, secondo le simulazioni effettuate da per la Svizzera, sono verosimili perdite areali del 70% rispetto alle condizioni attuali, nell’ipotesi di un ulteriore riscaldamento di 2 °C entro il 2060. Data la posizione geografica maggiormente esposta ad un elevato soleggiamento e all’influenza delle ondate di caldo di matrice africana, si può ritenere che i ghiacciai del versante italiano siano ancora più soggetti a una drastica riduzione.

Il resoconto analizza i vari effetti della deglaciazione sul turismo invernale, la biodiversità, l’agricoltura e la produzione idroelettrica. Su quest’ultimo aspetto, che riguarda il 17% dell’offerta elettrica nazionale, i deflussi nivali forniscono un contributo importante, ma si assiste negli ultimi anni ad una riduzione della disponibilità. I possibili adattamenti riguardano il miglioramento dell’efficienza del parco idroelettrico (per il quale sono prevedibili miglioramenti dell’ordine del 3-5%), la diffusione delle tecniche di ripompaggio e di impianti mini-idro, nonché la realizzazione di nuovi bacini che raccolgano acqua da pioggia. Va anche tenuta presente la possibilità di migliorare la gestione dei bacini esistenti e andrà gestito il conflitto della gestione ottimale dell’acqua con la gestione “di mercato” imposta dalla massimizzazione del profitto sulla borsa dell’energia.
Il documento sottolinea che la produzione di energia dall’idroelettrico è comunque strategica perché rappresenta un metodo consolidato, semplice, a basso livello di emissioni e che consente l’accumulo di energia anche da parte delle fonti rinnovabili intermittenti (eolico, solare).

26 luglio 2007

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