Ambiente e sviluppo: unica politica

  • 19 Maggio 2007

CATEGORIE:

Un'intervista a Ermete Realacci, presidente Commissione Ambiente della Camera, sulla scelta del nuovo governo francese di incorporare in un unico ministero le competenze di ambiente, sviluppo sostenibile, energia e trasporti.

ADV
image_pdfimage_print
Il premier francese Francois Fillon ha oggi ufficializzato la compagine governativa e come aveva indicato nei giorni scorsi il neo eletto presidente Nicolas Sarkozy, la squadra è ridotta a pochi ministeri, solo 15, e non sono mancate neanche le novità, come l’incarico all’ex primo ministro Alain Juppé di un superministero, che accorpa le deleghe di ambiente, sviluppo sostenibile, energia e trasporti. Juppé, inoltre, è stato nominato numero due dell’esecutivo.

Di questo approccio innovativo che si orienta verso la tutela ambientale unendola con lo sviluppo industriale, ne parliamo con Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera.

Qual è la sua opinione sulla scelta del nuovo governo francese di includere in un unico ministero le competenze ambientali, energetiche, dei trasporti e dello sviluppo sostenibile?
Potrebbe essere un atto in coerenza con quanto Sarkozy ha dichiarato fin dal suo primo discorso ai francesi nel quale come principale punto programmatico aveva indicato la lotta contro i mutamenti climatici, facendo di questo anche un elemento di confronto “amichevole” con l’amministrazione Bush che si è tirata fuori da tale impegno per il futuro. Sembrerebbe anche che la scelta sia in continuità con quella che stanno facendo anche altri grandi paesi industrializzati in materia. Voglio ricordare, a questo proposito, che la Germania si è data l’ambizioso obiettivo di diminuire le emissioni di CO2 del 40% entro il 2020 e la Gran Bretagna sta per votare una legge vincolante secondo la quale le emissioni dovranno essere ridotte tra il 26 e il 32% entro il 2020 ed entro il 2050 del 60%. Obiettivi molto più forti di quelli che l’Unione Europea si è data.

Quindi oggi è sempre meno proponibile scorporare la questione ambientale dallo sviluppo industriale, e di conseguenza, il protocollo di Kyoto dal sistema produttivo?
Non c’è alcun dubbio che questa sia la chiave di volta del ragionamento. Non a caso anche in Italia c’è stata una delibera della Camera dei Deputati perché non si separino la Conferenza sul clima da quella sull’energia. Questo impegno è di carattere governativo oltre che ovviamente dell’economia, della società e di tutte le istituzioni a ogni livello. Questo è anche il segno che avrà la relazione che sta predisponendo l’VIIIa Commissione della Camera, quella che io presiedo, rivolta alla Camera dei Deputati che verrà convocata entro giugno in assemblea straordinaria per discutere proprio dei mutamenti climatici. L’obiettivo è quello di chiedere un deciso cambio di passo al Governo e alle istituzioni italiane.

Questa decisione della Francia di un unico ministero che accorpi ambiente ed energia non potrebbe anche essere una strategia per incanalare gli obblighi di Kyoto nel nucleare francese, la loro fonte energetica principale?
Questa componente potrebbe esserci nelle intenzioni di Sarkozy, con un rilancio del nucleare francese. Come sappiamo però non sarebbe una scelta sufficiente neanche in un paese come la Francia, il più nuclearizzato del mondo. Peraltro, in controtendenza con quello che stanno facendo altri paesi europei. Ricordo, per esempio, che la Germania, nel suo piano di azione volto a ridurre del 40% le emissioni, conferma l’impegno di abbandonare entro il 2020 la soluzione nucleare.

Quando avremo anche in Italia un superministero dell’Ambiente che possa incidere concretamente sui trasporti, sull’energia, sulla produzione industriale?
Non credo che in Italia la scelta più importante sia l’accorpamento di queste competenze nel Ministero dell’Ambiente. A parte il fatto che purtroppo questo Governo ha ulteriormente frammentato le competenze creando 25 ministeri, credo comunque che su questi temi l’aspetto chiave sia una priorità politica del governo e non solo del Ministero dell’Ambiente. Non a caso in questo lavoro che si sta facendo alla Camera, coordinato dalla Commissione Ambiente, abbiamo già ascoltato i Ministeri dei Trasporti, delle Infrastrutture, dello Sviluppo Economico, della Pubblica Istruzione e dell’Agricoltura, ma ascolteremo ancora il Ministero dell’Economia e quello della Ricerca Scientifica. Questo perché è una scelta del governo del Paese ed è questa la strada che dobbiamo percorrere.

LB

18 maggio 2007

Potrebbero interessarti
ADV
×