Retromarcia su Kyoto per il Canada

  • 3 Maggio 2007

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Il Canada è il primo paese ad abbandonare il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni senza lasciare il Protocollo di Kyoto. Il nuovo obiettivo è quello di ridurre le emissioni del 20% da oggi al 2020

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Il Governo canadese di Stephen Harper ha pubblicato la propria strategia sui cambiamenti climatici, riconoscendo l’impossibilità del Paese di raggiungere il proprio obiettivo nell’ambito del Protocollo di Kyoto, cioè la riduzione delle emissioni di gas serra del 6% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo 2008-2012.
Le emissioni canadesi attualmente sono sopra i livelli del 1990 di circa il 30%. Il nuovo obiettivo è di ridurre le emissioni del 20% da oggi al 2020.

C’è chi accusa il governo canadese, come John Bennett di Climate Action Network Canada, di creare le condizioni per far crescere le emissioni al 2020 dell’11% rispetto all’obiettivo di Kyoto.
Il nuovo target è quindi considerato insufficiente da tutto il mondo ambientalista e dall’opposizione di sinistra. “Girare le spalle a Kyoto in questo modo – dice Bennet – è un cinico tentativo di convincere i canadesi che questo governo stia facendo qualcosa di serio sull’inquinamento e contro il cambiamento climatico, ma ciò non è vero”.
In molti lamentano che il governo sia stato troppo tenero con l’industria energetica nazionale, presente soprattutto nell’ovest del paese, fortezza politica del partito conservatore al governo.

Il Canada è dunque il primo paese ad abbandonare pubblicamente il proprio obiettivo sotto il Protocollo di Kyoto senza lasciare il Protocollo stesso.
Questa decisone potrebbe spingere anche altri Paesi lontani dal raggiungimento del proprio obiettivo a rinunciare al perseguimento del proprio target?

Quali sono gli elementi chiave del nuovo piano governativo canadese per ridurre le emissioni?
In generale le emissioni di CO2 dovranno essere ridotte al 2020 di 150 milioni di tonnellate rispetto al 2006, di cui 60 Mton a carico dei settori industriali.
Le società dovranno tagliare le loro emissioni per unità di produzione (intensità di emissioni) del 6% all’anno tra il 2007 e il 2010, per poi ridurle di una quota del 2% all’anno.
Non piace l’idea che il paese scelga un obiettivo basato sull’intensità delle emissioni che ridurrebbero solo la quota di inquinamento delle aziende e delle industrie energetiche, anziché imporre tagli alle emissioni. A riguardo il Ministro dell’Ambiente canadese, John Baird, ha dichiarato che quest’ultimi potrebbero portare ad un incremento della disoccupazione del 25% e alla recessione.
Alla domanda sul perché il governo avesse pianificato di tagliare le emissioni sull’attuale livello piuttosto che rispetto al 1990, Baird ha replicato: “non avremo impegni o faremo promesse che non potremo mantenere”.

E’ interessante segnalare anche il discorso del Ministro dell’Ambiente canadese dello scorso 25 aprile (testo in inglese) in cui, constatata l’ineluttabilità dei cambiamenti climatici in atto, egli addossa tutta la responsabilità del mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto al precedente governo liberale (schierato politicamente al centro) e alla sua inazione in campo ambientale degli ultimi 13 anni: “Se avessero istituito un piano come il nostro già nel 1998, al momento della firma del Protocollo di Kyoto, il Canada avrebbe raggiunto gli obiettivi entro il 2012”, ha detto Baird.
Un giochino, questo, che in Italia conosciamo bene.

LB

4 maggio 2007

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