Italia e rinnovabili: quarti ma con fatica

  • 12 Aprile 2007

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L'Italia è ferma nella produzione da rinnovabili, ma gli obiettivi al 2012 e al 2020 impongono scelte drastiche anche sui meccanismi incentivanti da adottare. Lo dice Edo Ronchi al convegno "Roadshow Solare" di Roma

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L’Italia è ferma nella produzione di energia da fonti rinnovabili da 5 o 6 anni e, quindi, se vogliamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti al 2012, per quanto riguarda l’elettricità da rinnovabili, e quelli ancora più ambiziosi al 2020 secondo quanto stabilito recentemente dall’UE, bisognerà rendere prioritario questo settore a vari livelli, mettere mano al nostro meccanismo di incentivazione e risolvere alcuni problemi strutturali. In sintesi è quanto ha affermato oggi Edo Ronchi, vice presidente della Commissione Ambiente del Senato, in apertura del convegno sul tema “L’efficienza energetica e il rilancio del solare in Italia”, la “Roadshow Solare”, che si svolge a Roma, organizzata dalla Fiera Milano International in collaborazione con il Kyoto Club.

Ronchi snocciola una serie di dati significativi: sul versante dell’elettricità da rinnovabili siamo stabili da tempo su una quota intorno al 16% rispetto al consumo interno lordo, quota che è costituita per il 12-13% dal grande idroelettrico “storico”. La produzione interna di elettricità da fonti rinnovabili è pressoché ferma intorno a 50-51 TWh/anno. “La lieve crescita delle “nuove rinnovabili” – dice Ronchi – è stata compensata dal leggero decremento della produzione del grande idro, causato dalla scarsa idraulicità degli ultimi anni”.

Il problema per l’Italia è dunque di capire come far decollare un settore e proiettarlo verso gli obiettivi nazionali ed europei.
Ronchi esprime soddisfazione per il nuovo conto energia FV, ma sottolinea come l’obiettivo di 1200 MW al 2012 potrà generare a regime solo 1,3 TWh/anno. “Quindi – afferma – non riusciremo ad assolvere con il solare, almeno a breve, il raggiungimento dei target prestabiliti”.

“Se ipotizziamo che nel 2012 potremmo avere un fabbisogno lordo di 370 TWh/anno, per conseguire un obiettivo del 22% di elettricità da rinnovabili (come da Direttiva europea 77/2001) dovremmo produrre 81,7 TWh da rinnovabili; se l’obiettivo diventa del 25%, come indicato dal governo, allora la produzione crescerebbe a 93 TWh”. Dove trovare quei 40 TWh che mancano?

Il Vice presidente della Commissione Ambiente del Senato spiega come “con il sistema dei certificati verdi, partendo dall’attuale obbligo del 3,5% con l’incremento annuale dello 0,35% annuo fino al 2012, potremmo arrivare a produrre circa 11 TWh annuali; se poi ci aggiungiamo quanto prodotto dal fotovoltaico con il conto energia approdiamo a 12,3 TWh”. All’obiettivo del 25% mancano ancora circa 28 TWh – dice Edo Ronchi – una produzione che richiede uno sforzo aggiuntivo straordinario, soprattutto in vista dell’obiettivo di più lungo periodo che sarà quello posto al 2020.
Ronchi, per dare un’idea delle dimensioni della sfida, spiega che sarebbero necessari almeno 16 TWh aggiuntivi da eolico, 1,9 da geotermia, 1,9 da mini idroelettrico, 3,9 da biomassa e 3,9 da biomassa con filiera corta, 0,7 da biogas da discarica.

Entro in gioco a questo punto il sistema di incentivazione da adottare che non può essere considerato affatto indifferente nell’ottenimento di questi risultati. “In primis – dice Ronchi – va considerato che l’attuale meccanismo risulta essere piuttosto inefficiente: abbiamo uno dei sistemi più cari se paragonato ai risultati raggiunti”.
Cita quindi uno studio di Nomisma, che sarà reso pubblico a breve; lo studio fa una comparazione sugli incentivi per le rinnovabili nei diversi paesi e dimostra, ad esempio, che in Germania l’incentivo all’eolico va da 8,36 a 9,1 cent/€ a kWh, in Spagna è di 9,3, in Danimarca 7,1, mentre in Italia è di 12,5 cent/€ (dati al 1° semestre 2006).
In parallelo, si deve considerare che la Germania ha prodotto 27,2 TWh da eolico, la Spagna 20,9, la Danimarca 6,5 e l’Italia solamente 2,3 TWh (dati 2005).

All’esame del Senato c’è proprio la riforma dell’attuale sistema di incentivazione italiano. Quali potrebbero essere gli elementi di novità?
Ronchi dice che una proposta è quella considerare un sistema in conto energia (a tariffa fissa) almeno per la parte di energia elettrica prodotta che supera il tetto delle quote obbligatorie previsto dal sistema dei certificati verdi (CV). L’incentivo, differenziato a seconda delle diverse fonti e in base alla taglia dell’impianto, verrebbe caricato in bolletta in tariffa A3. L’aggiornamento delle tariffe avverrebbe ogni due anni. Si partirebbe da un prezzo minimo di riferimento di 8,5 c€ per kWh, moltiplicato per coefficienti specifici a secondo della taglia e della tecnologia considerata.
“Questo sistema unirebbe la continuità dei CV e aggiungere il sistema a tariffa fissa diversificata”, precisa Ronchi.

Ronchi affronta poi il problema dei costi di questo nuovo sistema. Ad un’analisi proiettata al 2012 risulta che gli oneri aggiuntivi sarebbero pari a 3,5 miliardi di euro, pari a un 1 cent/€ per kWh da rinnovabili. Con la riforma del CIP 6 che non prevede più alcuna incentivazione alle assimilate dal gennaio di quest’anno, si potrebbe ottenere una significativa riduzione. Il maggior costo per il raggiungimento dell’obiettivo del 25% al 2012 sarebbe allora pari a 0,56 cent/€ per kWh per quei 30 TWh circa che ci mancavano nel computo.

Ci sono inoltre altri problemi che Ronchi ritiene fondamentali risolvere per mettere in atto un deciso piano di sviluppo nazionale delle fonti rinnovabili: un sistema delle autorizzazioni degli impianti semplificato e più rapido, l’adeguamento della rete elettrica ad una più diffuso sistema di generazione distribuita, il maggior coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nella diffusione delle rinnovabili.

Ronchi conclude ricordando che “siamo di fronte ad una nuova rivoluzione energetica a livello europeo e mondiale e solo grazie ad un concreto impegno nazionale che dia priorità alle rinnovabili il nostro paese potrà conquistare una leadership in questi settori, creando al tempo stesso solide sinergie tra settore pubblico, imprese, ricerca ed istituzioni locali”.

LB

4 aprile 2007

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