Secondo i dati dell’associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO), l’Iraq possiede ancora 113 miliardi di barili di riserve provate, forse 130. Se pensiamo che il potenziale produttivo globale rimanente è dell’ordine dei 1000 miliardi di barili, le riserve irachene rapresenterebbero oltre il 10% del totale. Un aspetto che fa dell’Iraq un paese molto rilevante nello scacchiere mondiale.
In linea di principio, l’Iraq potrebbe arrivare a produrre anche 4-5 milioni di barili al giorno, ma la produzione dipenderà anche dalle condizioni di pace o di guerra.
Oggi, nello scenario di guerra civile, l’Iraq non riesce a riprendere la produzione ai livelli degli anni ’70; inoltre, il conflitto ha danneggiato e sta ancora danneggiando le infrastrutture produttive, ma il paese resta uno dei punti focali della strategia petrolifera mondiale.
Bardi analizza i vantaggi di un oleodotto che colleghi l’Europa all’Iraq e gli ostacoli che vengono posti a questa realizzazione. Spiega anche però che “comunque vada a finire c’è una cupa atmosfera di crepuscolo degli dei in questa lotta disperata per gli ultimi barili di petrolio. Al ritmo attuale di consumo, tutte le risorse irachene basterebbero al mondo per quattro anni o poco più”.
La soluzione? Investire in risorse energetiche locali e rinnovabili che non hanno bisogno di grandi infrastrutture e perché “nessuno ti può portare via il sole o il vento che hai a casa”.
28 marzo 2007