Scissione dal Manifesto sull’eolico

  • 17 Marzo 2007

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Massimo Serafini, fondatore del quotidiano comunista, sospende la collaborazione dopo gli articoli che la testata ha dedicato al no all'impianto off-shore in Molise. «Sull'ambientalismo serve chiarezza». Un'intervista da La Nuova Ecologia.it

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Il Manifesto ha cavalcato una protesta sbagliata. Non è comprensibile che sia contro l’insediamento eolico off-shore in Molise». Con queste parole Massimo Serafini, storico dirigente di Legambiente, spiega il suo dissenso con la testata che ha contribuito a fondare. Un dissenso che lo ha portato oggi a sospendere la sua collaborazione, come spiega in una lettera che verrà pubblicata domani mattina sul quotidiano comunista. «Credo che dopo la presentazione del rapporto su clima a Parigi e la forte iniziativa europea contro l’effetto serra – prosegue – bisogna che gli ambientalisti facciano chiarezza al loro interno».

Su cosa bisogna fare chiarezza?

Primo: non è vero che si può uscire dal fossile e dal nucleare solo con il risparmio energetico e con gli usi virtuosi dell’energia. E due: anche raggiungendo un obiettivo giusto di decrescita dei consumi energetici, di territorio, dei rifiuti, delle risorse idriche, insomma dei beni comuni, bisognerà produrre energia. E bisogna farlo senza peggiorare la qualità del vivere che crediamo vada prodotta da fonti rinnovabili. Non bisogna opporsi in nome del paesaggio. Anzi, non dimentichiamo che la principale minaccia al paesaggio costiero è proprio il cambiamento climatico, non le pale eoliche. Il cambio di clima con l’innalzamento del mare che ne consegue sommerge le coste cambiando il paesaggio radicalmente.

Lei è chiaramente dalla parte delle pale.

Sono per un inserimento di questi impianti che non sia selvaggio ma pianificato, per sfruttare maggiormente il vento che soffia, e gli ambientalisti devono sostenere e non contrastarlo. Il Manifesto ha dedicato pagine e pagine sulla conferenza di Parigi, pretende obiettivi ancora più ambiziosi di quelli che l’Ue auspica. Non è coerente dare spazi sul giornale ad una protesta. Siamo sull’orlo di una tragedia e di anni difficili in cui dobbiamo stabilire politiche di adattamento perché oramai la prevenzione dei cambiamenti climatici non eviterà che il mare si alzi. Io ribadisco che vada ricercata la tutela paesaggio. Ma con poche centrale fossili e molto vento, biomasse e solare.

C’è qualcosa che differenzia la sindrome Nimby di Serre, dove si farà un sito per i rifiuti campani, e quella molisana?

No, sono figlie della stessa logica, con qualche ragione in più a favore dei protestarari. Perché le proteste sui rifiuti dipendono da come si smaltisce: se i cittadini vedono chiaramente le politiche per ridurne la quantità e la tossicità con la differenziata, protestano meno. Se partiamo sempre dalla coda non va bene.

In che senso?

Se la politica energetica prevede sole, vento e rinnovabile, per attuarla non posso partire dalla costruzione dei rigassificatori. Quindi questa protesta diffusa è perché si è cercato di fare inceneritori ovunque per fare energia. Anche qui sono disposto a fare battaglia politica alla condizione che veramente le politiche della riduzione della quantità, della tossicità e sul riciclo siano visibili.

Può fare un esempio su una politica virtuosa che eviti ogni malumore?

Su 100 euro di investimento 90 vanno destinati alle politiche di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire in discarica e 10 euro per la quota da seppellire. Fate vedere questo e i cittadini diranno meno no, e la sindrome Nimby passa in fretta.

Anche al ministro Di Pietro? Che dice sì alla Tav e ad altre grandi opere, ma boccia l’eolico off-shore in Molise?

Quella di Di Pietro è una sindrome Nimby ministeriale. Perché uno che vuol fare opere ovunque, sapendo che il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto lo obbligherà a rivedere tutte queste politiche, e viene alle conferenze con Rifkin, ma poi se gli metti le pale davanti casa sua dice di no, lo trovo scarsamente educativo.

Il ministro ha però proposto un piano nazionale sull’eolico.

Questo è comunque giusto. Ogni regione decida soprattutto se vuole sfruttare l’eolico facendo una mappa del vento. Per farlo deve conoscere quanto vento tira, quale potenziale vuole ottenere e pianificare dove sfruttarlo, e dove i vincoli paesistici rispetto anche alla fauna devono prevalere.

Quando tornerà a collaborare con il Manifesto?

Quando il manifesto darà una mano a una cosa che non è ad oggi così brillantemente egemone. Noi rischiamo il futuro del pianeta e nel piccolo del paese. Abbiamo da combattere con forti potentati del passato e di oggi che nel nome del profitto aggravano la salute del clima. Avere contro Il Manifesto non fa bene. O fa scrivere chi è contro le pale o me che le sostengo. È sbagliato pensare che tutto quello che si muove nella società è rivoluzione.

15 marzo 2007

FRANCESCO LOIACONO

L’articolo è tratto da La Nuova Ecologia.it

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