Bush, clima e la rotta futura

  • 25 Gennaio 2007

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La sensibilità sul riscaldamento globale sta cambiando, ma ciò che impressiona di più è il mutamento di atteggiamento del mondo economico e finanziario. Un\'analisi di Gianni Silvestrini

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Ci sono momenti nella storia in cui gli eventi improvvisamente accelerano e si avvia una nuova fase. In fisica si parla di reazioni non lineari: basta un piccolo mutamento delle condizioni a contorno per ottenere variazioni molto ampie. Analizzando quello che sta succedendo sul tema del clima, sembra di vivere un momento di questo tipo. Non è tanto l’accelerazione dei fenomeni estremi (Katrina, ghiacci artici in scioglimento, temperature anomale invernali…) che muta la percezione dell’opinione pubblica. A impressionare è soprattutto il passaggio della preoccupazione dal mondo scientifico/ambientalista a quello economico/politico.

Ad esempio, ciò che colpisce non è il contenuto del Rapporto Stern che indica possibili impatti pari al 20% del PIL mondiale a causa degli sconvolgimenti climatici, quanto il fatto che esso sia stato presentato dal Governo inglese. Di più, la bandiera del clima viene agitata anche dai più avvertiti conservatori, come Cameron in Inghilterra. Non stupisce dunque che Bush, messo in un angolo sull’Iraq, apra sui cambiamenti climatici lanciando tardivi piani di riduzione dei consumi di petrolio. La credibilità di questa conversione è però minima. Basti pensare che la stessa amministrazione è sotto accusa da parte di alcuni Stati presso la Corte suprema per non aver posto limiti alle emissioni delle auto, cioè proprio per una misura che ora Bush vorrebbe rilanciare. Pur considerando che il tema è stato sollevato per allontanare l’attenzione dall’Iraq, segnalando la parzialità delle risposte indicate e l’occhiolino strizzato agli agricoltori sull’etanolo, resta comunque la percezione che anche negli USA i ghiacci della politica si stiano sciogliendo. Non solo. Sul fronte industriale non devono stupire le posizioni delle multinazionali statunitensi (General Electric, Dupont…) che premono perchè siano adottati i limiti alle emissioni. Anche le imprese impegnate sul carbone chiedono certezze a Bush.

Dunque, un terreno tutto in discesa? Tutt’altro. Le dimensioni degli interventi da avviare sono infatti gigantesche. Tra il 1990 e il 2010 le emissioni di CO2 su scala mondiale aumenteranno del 50% (malgrado Kyoto). E noi dobbiamo invece puntare a un loro dimezzamento nei prossimi decenni. Ciò significherà un salto forte nell’innovazione tecnologica, ma anche modelli di sviluppo e stili di vita diversi dagli attuali. Le resistenze saranno dinque ancora enormi. Ma qualcosa dice che le lancette dell’immaginario orologio della storia dell’uomo, che indicano la distanza dall’ora X dell’irreversibilità del disastro climatico, al momento si sono fermate. Col prossimo Presidente USA e con il coinvolgimento di Cindia si riuscirà forse a spostarle indietro.

Gianni Silvestrini
Direttore scientifico Kyoto Club

25 gennaio 2006

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