Quando la generazione è piccola

  • 18 Gennaio 2007

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La microcogenerazione può rappresentare un approccio utile al ricorso delle rinnovabili. Realtà e prospettive di applicazione nel nostro Paese

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La microcogenerazione, ossia la cogenerazione di taglia inferiore ai 50 kWe (definizione introdotta dalla direttiva 2004/8/CE; in Italia è ancora valida la definizione della legge 239/2005 che indica una taglia massima di 1.000 kWe) rientra nel modello della generazione distribuita, che prevede la produzione di energia elettrica e calore laddove l’utenza li richiede, riducendo o eliminando le perdite connesse al trasporto dell’energia e favorendo il ricorso alle fonti rinnovabili.

In Italia la Legge 308/82 ed in seguito le Leggi 9/91 e 10/91 ed i collegati programmi di incentivazione, hanno portato alla realizzazione di impianti di cogenerazione nei comparti più favorevoli, come il cartario, il chimico, la produzione di laterizi e, nell’ambito civile, l’ospedaliero.
Al di fuori di tali esperienze, concernenti prevalentemente impianti di media e grande taglia (dai 1.000 kW alle decine di Megawatt), particolarmente degna di nota è la realizzazione negli anni Ottanta di un’esperienza pilota di generazione distribuita nel territorio del Comune di Vicenza, con l’installazione di 31 Totem (15 kWe e 34 kWt con un rendimento elettrico netto del 26%) presso utenze servite dalla municipalizzata locale. Una dimostrazione precoce delle possibilità offerte dall’integrazione fra l’ottica dell’offerta di servizi energetici, la migliore valorizzazione dei vettori termici ed elettrici ed il ricorso alla produzione combinata di elettricità e calore.
L’evoluzione della tecnologia e le dimensioni del mercato potenziale del residenziale (in Italia 12 milioni di edifici e 26 milioni di appartamenti) hanno favorito negli ultimi anni l’introduzione nel mercato di nuovi modelli di cogeneratori di taglia anche inferiore al kWe, in alcuni casi ancora a livello prototipale. Se il quadro legislativo e normativo saranno favorevoli, e se i produttori sapranno ridurre i costi di produzione di queste soluzioni, esse potranno competere con le caldaie di ultima generazione e con le fonti rinnovabili contribuendo al miglioramento dell’efficienza energetica del sistema. Rimangono alcuni punti critici, riassunti nei paragrafi seguenti.
Le tecnologie disponibili per la microcogenerazione e le aziende italiane
La tabella seguente riassume gli intervalli delle caratteristiche prestazionali delle soluzioni disponibili sul mercato di microcogenerazione. I dati sono tratti da varie fonti (listini produttori, Politecnico di Milano, Platts, ENEA) e i costi sono da ritenersi indicativi. Sopra i 20 kWe questi ultimi tendono a ridursi per le tecnologie più consolidate (motori a combustione interna e microturbine), risultando nell’ordine degli 800-1.200 €/kWe per taglie inferiori ai 1.000 kWe. Sotto i 20 kWe si sale rapidamente, ma un confronto è prematuro, sia per il diverso stato delle soluzioni considerate (che va dal commerciale al prototipo avanzato), sia per le differenze più marcate nei parametri prestazionali.

Tabella

Per quanto riguarda il ruolo dell’industria italiana, alla nutrita rappresentanza di società di servizi energetici e di assemblatori di packages, si aggiungono produttori di tecnologie per ciascuno dei prodotti citati, anche se nel caso dei cicli Rankine le taglie non rientrano nel campo della microcogenerazione.
Benefici e controindicazioni
Da un punto di vista allargato le considerazioni da fare per stabilire se promuovere o meno la diffusione della cogenerazione e, in termini più generali, della generazione distribuita, sono molteplici.
Fra i benefici indotti dalla produzione decentrata si possono annoverare, per le fonti convenzionali:

  • l’aumento dell’efficienza di utilizzo delle fonti primarie e i conseguenti vantaggi ambientali (rendimenti medi complessivi, in presenza di utilizzo del calore, del 70÷90%);
  • la riduzione dei flussi elettrici sulle reti di trasporto e distribuzione (le perdite di rete si aggirano intorno al 7% nel nostro Paese, di cui un 5% circa attribuibili alla distribuzione);
  • una semplificazione relativamente all’ottenimento delle autorizzazioni ed agli aspetti legati all’accettazione locale;
  • una maggiore sicurezza relativamente al rischio di attentati;
  • il miglioramento dell’affidabilità della fornitura in termini di continuità e power quality;
  • l’aumento della stabilità per le reti congestionate.

A tali vantaggi l’uso delle fonti rinnovabili aggiunge:

  • la riduzione della dipendenza dall’estero (occorre però considerare la provenienza sia del combustibile, nel caso delle biomasse, sia delle tecnologie impiegate);
  • la diminuzione delle emissioni climalteranti o dannose per la salute (da valutare possibilmente in un’ottica di analisi sul ciclo di vita);
  • una ricaduta in termini di immagine per le aziende e gli enti che vi facciano ricorso.

Le controindicazioni nel caso della generazione distribuita da fonti fossili sono:

  • i costi di installazione e gestione superiori rispetto alla soluzione convenzionale;
  • la forte dipendenza dal gas naturale;
  • le emissioni in genere maggiori, a parità di combustibile e salvo il caso della cogenerazione, più difficili da controllare e localizzate nelle aree di consumo;
  • l’introduzione di vincoli sulla domanda di calore ed elettricità delle utenze;
  • la rumorosità di alcune soluzioni.

Le fonti rinnovabili presentano invece una penalizzazione in quanto non programmabili, ad eccezione delle biomasse e, al di fuori degli interessi di questo documento, dell’idroelettrico a bacino.
Relativamente alla microcogenerazione si segnalano alcuni aspetti che potranno decidere il successo o meno di tale soluzione nel nostro Paese, tratti da esperienze svolte all’estero e da indagini e studi italiani:

  • l’andamento dei prelievi elettrici nel settore residenziale risulta caratterizzato da molti picchi di breve durata, che comportano per l’impianto di cogenerazione la necessità di uno scambio bidirezionale continuo con la rete e che rischia di ridurre le prestazioni della macchina se questa non viene gestita al meglio (funzionamento continuo);
  • l’andamento dei carichi termici cambia molto in funzione della tipologia di utenza considerata (monofamiliare o condominiale, in base alla destinazione d’uso ed alla tipologia degli occupanti) e risulta anch’esso caratterizzato da un andamento non uniforme, che suggerisce l’uso di un serbatoio di accumulo laddove possibile;
  • le procedure autorizzative e operative attualmente in vigore penalizzano i piccoli impianti, con costi che possono superare il 20% dell’investimento;
  • i costi di manutenzione per tassi di penetrazione limitati (decine di macchine) possono rendere molte soluzioni non competitive.

La necessità di un approccio di sistema
Indipendentemente dall’evoluzione del mercato, che deciderà nei prossimi anni vincitori e vinti, è fondamentale comprendere che la generazione distribuita, sia essa alimentata da fonti tradizionali o rinnovabili, cogenerativa o no, potrà avere successo solo se si interverrà a livello legislativo e normativo e se si avvieranno una serie di investimenti e di azioni in grado di portare alla creazione di un quadro ad essa favorevole.
Si evidenziano di seguito alcuni aspetti in stretta relazione con lo sviluppo della generazione distribuita:

  • la generazione distribuita da fonte convenzionale ha senso solamente in un’ottica cogenerativa (ossia recuperando il calore), per assicurare un’efficienza di utilizzo delle fonti primarie ed una redditività in grado di giustificare tale soluzione;
  • le soluzioni cogenerative sono applicate da tempo con successo in vari settori di utenza, sia industriale, sia civile, dove il rapporto fra il fabbisogno termico e quello elettrico e le caratteristiche del prelievo in termini di variazioni temporali si presentano favorevoli; il mercato potenzialmente più ampio, quello del residenziale, rappresenta un’incognita a causa dell’estrema variabilità del profilo dei carichi, che consiglierebbe l’adozione di sistemi di accumulo termico da un lato e/o di regole tariffarie in grado di valorizzare al meglio l’elettricità ceduta alla rete dall’altro;
  • le soluzioni caratterizzate da un processo di combustione, alimentate da fonti fossili o rinnovabili, se vorranno rappresentare una vera alternativa alle caldaie dovranno arrivare ad offrire in modo competitivo emissioni di NOx, polveri ed altri inquinanti vicine o inferiori ad esse, pena una difficile convivenza con la tendenza degli amministratori locali ad inasprire i limiti nei contesti urbani;
  • i sistemi alimentati da combustibili non tradizionali (biomasse, biogas, scarti e rifiuti) e rinnovabili non programmabili offrono il vantaggio di ridurre la dipendenza dal petrolio e dai suoi derivati e rappresentano un ambito in cui la ricerca di base e applicata possono dare un grande contributo e possono aprire spazi importanti per un’industria che nel nostro Paese è poco sviluppata e che potrebbe giocare un ruolo determinante nei prossimi anni a livello mondiale;
  • la generazione distribuita richiede una ristrutturazione delle reti di distribuzione e dei dispositivi di interfaccia con esse, da avviare subito, per creare le condizioni per renderle capaci di gestire flussi bidirezionali ed, in caso, di dialogare con generatori e carichi per ottimizzare il funzionamento delle reti stesse; occorre dunque stabilire un quadro di regole certo che porti gli esercenti delle reti stesse ad effettuare gli investimenti richiesti;
  • l’evoluzione delle reti dovrà inoltre rispondere ai requisiti crescenti in tema di power quality (o qualità della tensione) ed a quelli in evoluzione circa la sicurezza (la diffusione di generatori potrebbe porre problemi in caso di interventi di manutenzione sulle reti);
  • la diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili non comporta, in assenza di valide soluzioni di accumulo elettrico (potrebbe essere uno dei ruoli per l’idrogeno), la dismissione o la mancata realizzazione delle grandi centrali convenzionali, che diventano anzi più onerose da esercire in quanto utilizzate meno per la base e più per la regolazione e la modulazione;
  • per la diffusione delle applicazioni distribuite sarà essenziale per gli operatori poter contare su un quadro di regole certo e stabile, per quanto possibile; si tratta di uno degli aspetti al momento più critici ed in grado di vanificare ogni miglioramento tecnologico ed ogni evoluzione dei prezzi.

Per tutti questi motivi, e per gli attori che va a coinvolgere (fornitori di combustibili, produttori di energia elettrica, esercenti di reti di trasporto e distribuzione di elettricità e gas, il dispacciatore centrale Terna, ESCO ed altri operatori, produttori di motori e tecnologie, utenti finali, etc), lo sviluppo dell’approccio distribuito richiede necessariamente un chiaro intento politico e la creazione di una comunione di intenti, senza i quali la semplice emanazione di agevolazioni legislative o di incentivi si rivelerà quasi sicuramente poco efficace.

Aspetti economici
Al momento risulta prematuro effettuare delle stime attendibili sui benefici economici per applicazioni di microcogenerazione, soprattutto per le taglie più piccole (sotto i 20 kWe). Una serie di studi, fra cui quelli condotti da FIRE nel 2006 (“Analisi economica degli impianti di microcogenerazione nel settore residenziale”, Tesi di laurea di Elena Persichini), evidenziano come le prospettive siano decisamente interessanti per tutte le applicazioni considerate nella prospettiva di una diffusione delle macchine che possa portare ad una riduzione dei costi di manutenzione e ad un intervento del Legislatore che conduca ad una semplificazione dei processi autorizzativi. In queste ipotesi, e assumendo di poter autoconsumare l’elettricità prodotta, vari esempi presentano dei temi di ritorno attualizzati inferiori ai 6 anni ed un tasso interno di rendimento superiore al 14% in assenza di incentivi aggiuntivi rispetto a quelli attuali.
La possibilità di avvalersi dello scambio sul posto (maggiore valorizzazione dell’energia elettrica) consente di migliorare ulteriormente la situazione e, soprattutto, di poter mantenere favorevoli i parametri economico-finanziari sopra indicati anche qualora non sia possibile autoconsumare tutta l’energia prodotta, problema che si presenta in quasi tutte le applicazioni residenziali.
Se permarranno le attuali barriere autorizzative e se le applicazioni non potranno raggiungere un grado di diffusione idoneo, invece, sarà più difficile assistere ad un reale sviluppo della microcogenerazione.
Il ruolo e lo spazio per il Legislatore
Per quanto detto il ruolo del Legislatore appare fondamentale. L’intento comunitario di promuovere la generazione da fonti rinnovabili e la cogenerazione si esplicita in vari documenti e provvedimenti, fra cui si citano le direttive 2001/77/CE, 2002/91/CE, 2004/8/CE, l'”Action plan for energy efficiency: realizing the potential”, il libro verde “Doing more with less”, i programmi di incentivazione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.
A livello nazionale le agevolazioni riconosciute alla generazione distribuita si possono riassumere nei punti seguenti:

  • priorità nel dispacciamento (per generazione da fonti rinnovabili e cogenerazione);
  • condizioni agevolate sul ritiro dell’energia elettrica ceduta alla rete rispetto alla generazione semplice da fonti fossili
  • accesso ai titoli di efficienza energetica;
  • accesso ai certificati verdi se produzione da fonte rinnovabile o al conto energia per il solare fotovoltaico;
  • agevolazione fiscale sul gas naturale utilizzato negli impianti di cogenerazione.

Si tratta dunque di un quadro abbastanza favorevole, soprattutto per le utenze sottoposte all’accisa civile sul consumo di gas naturale (sono dunque esclusi gli usi assimilati all’industria, come teleriscaldamento, alberghi, centri sportivi, etc) e per taglie di impianto piccole e medie.
Per applicazioni di microcogenerazione sarebbe utile potersi avvalere della disciplina dello scambio sul posto, o di un’agevolazione maggiore sul kWhe prodotto, in quanto, come si comprende anche dalla tabella, in assenza di autoconsumo il riconoscimento non è sufficiente a coprire i maggiori costi specifici d’impianto.
Per quanto riguarda il quadro autorizzativo e l’elenco degli adempimenti è lungo ed incide in maniera sensibile sui costi di investimento al diminuire della taglia di impianto. Da questo punto di vista è attesa l’emanazione di un decreto ministeriale che dovrebbe apportare una serie di semplificazioni, come richiesto dalla direttiva 2004/8/CE e dalla Legge Marzano.
Alla semplificazione amministrativa si dovrebbero accompagnare una serie di misure per semplificare l’allacciamento alla rete elettrica, per l’omologazione degli impianti, come previsto dalla legge 239/04 al comma 86, e per l’ottimizzazione degli adempimenti fiscali.
Fra i benefici attesi dalla semplificazione vi sono la riduzione dei costi di progettazione, primo avviamento e gestione e la migliore valorizzazione del calore e dell’elettricità prodotti. In questo modo, oltre a migliorare la redditività degli impianti, si apriranno maggiori spazi per operatori meno esperti e meno strutturati e si renderà interessante la tecnologia anche dove i fattori di carico non sono elevati. Il potenziale allargamento del mercato potrebbe anche ridurre il costo della manutenzione per il formarsi sul territorio di strutture dedicate.
Le misure da attuare dovranno assolvere a questo compito tenendo conto delle problematiche delle utenze e delle reti di distribuzione esistenti, senza interferire con la sicurezza per gli addetti, il pubblico e l’ambiente.
Le possibili aree di intervento relativamente alla certificazione sono le seguenti:

  • progettazione e certificazione;
  • norme sulle prestazioni energetico-ambientali;
  • autorizzazioni all’installazione;
  • rapporti con i distributori di elettricità e gas;
  • aspetti economici e vincoli della fiscalità;
  • valorizzazione dell’elettricità prodotta;
  • collaudo.
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Bibliografia
Libri e pubblicazioni

  • Macchi, Campanari, Silva, “La microcogenerazione a gas naturale”, Polipress, 2006
  • Persichini, “Analisi economica degli impianti di microcogenerazione nel settore residenziale”, tesi di laurea, 2006
  • AAVV, “The Carbon Trust’s Small-Scale CHP field trial update”, The Carbontrust, 2005
  • AAVV, Atti conferenza “Micropolygeneration of Energy”, CRF, 2005
  • Slowe, “How High Can You Go? Efficiency and Micro-CHP Systems”, MicroCHP F-5, Platts, 2005
  • AAVV, Rapporti collegati a progetto GENDIS 21, Ricerca di Sistema, 2003-2005
  • AAVV, Atti convegno “ENIRDGnet”, CESI, 2004

Riviste

Siti web

18 gennaio 2007

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