Zps: la caccia migliore dell’eolico

  • 19 Settembre 2006

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Zone di Protezione Speciale. Caccia col vento in poppa. Però per l'eolico tira una brutta aria

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Il 16 agosto 2006 il Governo ha approvato un Decreto Legge che, nel dettare misure urgenti per garantire il recepimento della direttiva 79/409/Cee per la conservazione degli uccelli selvatici, ha nei fatti posto una pesante ipoteca su qualsiasi iniziativa concernente lo sviluppo di impianti eolici (e solo di impianti eolici) all’interno delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite a norma della medesima direttiva.

Come nel caso di molte altre norme europee, anche per quanto riguarda le direttive che si occupano di tutelare gli habitat e le specie faunistiche selvatiche (la 79/409 CEE, cosiddetta “Direttiva uccelli” e la 92/43/CEE, “Direttiva habitat”) il nostro paese ha accumulato un consistente contenzioso con la Commissione Europea, che ha promosso nei nostri confronti numerose procedure di infrazione per incompleto e insufficiente recepimento ed errata attuazione della normativa e per contrasto fra le disposizioni comunitarie e le norme venatorie approvate da diverse regioni italiane. Senza riprendere per esteso l’intera vicenda, ci limitiamo qui a ricordare come la recente sospensione, da parte del TAR del Lazio (con un provvedimento confermato dal Consiglio di Stato), del Decreto con il quale l’allora Ministro Matteoli aveva a sua volta annullato la deliberazione del Comitato per le aree naturali protette che includeva nella classificazione delle aree protette anche le Zone di Protezione Speciale istituite ai sensi della direttiva 79/409/CEE ed i Siti di Importanza Comunitaria (SIC e pSIC) individuati ai sensi della direttiva 92/43/CEE, abbia riportato repentinamente lo status normativo di ZPS e SIC (nel frattempo aumentate in numero e superficie per rispondere ai rilievi in proposito mossi dalla Commissione Europea) alle disposizioni di cui alla legge 394/91, che ovviamente dispone il divieto assoluto di ogni forma di caccia all’interno di aree naturali protette; da qui il comprensibile allarme diffusosi nella scorsa primavera fra le associazioni dei cacciatori, che temevano di vedersi inibire una consistente percentuale del territorio nazionale (la superficie delle aree pSIC, SIC e ZPS ammonta, secondo le stime riportate nel sito del Ministero dell’Ambiente, a non meno del 20% dell’intero territorio nazionale), e che chiedevano la rapida adozione di un provvedimento atto a superare il rigido e generalizzato divieto riportato in auge dai provvedimenti del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato.

E se sul fronte interno l’urgenza di un provvedimento normativo in materia di norme di gestione di pSIC, SIC e ZPS appariva motivata soprattutto dai “rumor” provenienti dal bellicoso mondo dei cacciatori, sul fronte esterno una non meno grave minaccia imponeva al governo di mettere mano alla norma cercando di dare una risposta convincente alle procedure di infrazione avviate a livello europeo: essendo infatti la tutela della biodiversità uno dei temi strategici della programmazione 2007-2013, l’inadempienza italiana sulle direttive che quella biodiversità intendono tutelare rischiava di configurare una pesante situazione di conflittualità fra politiche nazionali ed europee. Tanto pesante da mettere in discussione, se non adeguatamente risolto, l’approvazione da parte della Commissione Europea dei Programmi di Sviluppo Rurale delle nostre Regioni e Provincie autonome, con conseguenze disastrose sul comparto agricolo nazionale.

Ecco perché lo scorso 16 agosto il Governo è intervenuto con l’emanazione di un decreto legge (il n° 251) recante disposizioni urgenti per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica. Il decreto (che dovrà essere convertito in legge entro il 16 ottobre 2006) definisce le misure di conservazione – immediatamente operative – alle quali uniformare la gestione delle ZPS, disponendo che, a norma delle norme già vigenti (DPR 357 del 1997) i Decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di designazione delle ZPS, adottati d’intesa con le competenti Regioni, individuino le misure di conservazione necessarie a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie; nell’immediato il provvedimento definisce poi “misure di conservazione inderogabili” immediatamente esecutive in tutte le ZPS, che in estrema sintesi configurano il quadro di vincoli, limitazioni e divieti cui deve sottostare l’attività venatoria all’interno delle stesse Zone. Il decreto dispone inoltre – sempre all’interno delle ZPS – nuove e più severe disposizioni in materia di deroghe al prelievo venatorio, rimarcandone il carattere eccezionale e di durata limitata, dispone l’adeguamento e l’abrogazione di leggi, delibere e calendari venatori approvati dalle regioni in quanto difformi dalle disposizioni della direttiva “Uccelli”, e detta le disposizioni necessarie ad adeguare la normativa nazionale in materia di prelievo venatorio alla medesima direttiva.

I cacciatori protestano per le limitazioni e per il giro di vite sulle deroghe (anche se in assenza di questo decreto legge tutte le ZPS sarebbero ancora assimilate ad aree protette, e la caccia vi sarebbe totalmente bandita); gli ambientalisti plaudono.
Ma il decreto legge non si limita a dettare disposizioni in materia di caccia.
Nell’articolo 3, infatti, si prevede fra le misure inderogabili di conservazione da applicare in tutte le ZPS il divieto di realizzazione di nuove discariche o nuovi impianti di trattamento dei rifiuti. L’articolo 4 comma 1 dispone inoltre che, fino a quando le Regioni non avranno definito specifiche norme di gestione e misure di conservazione, all’interno delle ZPS siano vietati la realizzazione di elettrodotti aerei di alta e media tensione e di impianti a fune permanenti, la realizzazione di nuovi impianti di risalita e piste da sci, lo svolgimento di attività di circolazione motorizzata fuoristrada.

Il comma 2 dell’articolo 4 riguarda invece esclusivamente la realizzazione di centrali eoliche. Per meglio dire, il comma 2 sembra essere stato formulato allo scopo di bloccare definitivamente lo sviluppo dell’eolico nelle ZPS. SI prevede infatti, anche nel caso delle centrali eoliche, la sospensione della loro realizzazione fino alla adozione di specifici piani di gestione per le ZPS. Ma non basta. Il provvedimento precisa che, sempre e solo per le centrali eoliche, la Valutazione di Incidenza (la procedura prevista dalla stessa direttiva europea per valutare caso per caso la coerenza degli interventi proposti all’interno delle ZPS e ZSC con gli obiettivi di tutela per i quali le stesse zone sono state istituite): «…deve essere basata su un monitoraggio dell’avifauna presente nel sito interessato di durata compatibile con il ciclo biologico della stessa, e la realizzazione dell’intervento è subordinata a conforme e obbligatorio parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs)». Lo scopo del dettato normativo appare a nostro parere evidente, anche se riesce francamente difficile spiegarsi un siffatto accanimento contro i progetti di sfruttamento dell’energia eolica. Perché, ammesso che sia opportuno specificare per legge quanto debbano durare gli studi finalizzati a valutare l’incidenza di un qualsivoglia progetto su una ZPS, e che per somma cautela si voglia introdurre, a valle delle valutazioni ed autorizzazioni già previste dalle vigenti norme e procedure, un ulteriore e “obbligatorio” parere dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, non si capisce per quale motivo tale trattamento debba riguardare, fra le centinaia di interventi che possono essere proposti all’interno di una ZPS, solamente i campi eolici. Eppure, l’articolo quattro del decreto legge dice proprio questo. In buona sostanza, la situazione configurata dal decreto legge dello scorso 16 agosto per quanto riguarda le Zone di Protezione Speciale è così sintetizzabile:

  • All’interno delle Zone è possibile praticare l’attività venatoria, con qualche limitazione in più rispetto al territorio nazionale (ma senza chiedere alcun parere all’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica);
  • Non si potranno più realizzare discariche e impianti di trattamento rifiuti;
  • Fino all’adozione delle norme di tutela e gestione da parte delle regioni (norme e misure dovrebbero essere emanate entro 120 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento) sono vietati la realizzazione di elettrodotti, impianti a fune, piste da sci, impianti di risalita e la circolazione di veicoli fuoristrada;
  • E’ inoltre sospesa la realizzazione delle centrali eoliche (dobbiamo immaginare anche di quelle già autorizzate e, magari, in costruzione) sempre fino all’approvazione degli specifici provvedimenti regionali; ma anche dopo l’approvazione di quei provvedimenti, le centrali eoliche (e solo loro) dovranno passare il doppio vaglio di una Valutazione di Incidenza “speciale” (basata su un monitoraggio che, stante il disposto normativo, dovrebbe durare almeno un anno) e di un parere obbligatorio e vincolante da parte dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.

Per tutto il resto, la situazione resta quella vigente prima del decreto legge. Il messaggio (consapevole o meno che sia) è chiaro: chi volesse costruire – in una ZPS – una nuova autostrada, una centrale termoelettrica magari a carbone, oppure, perché no, un bel centro commerciale, si faccia pure avanti. Per questi progetti niente divieti, niente sospensioni, niente “monitoraggio di durata compatibile con il ciclo biologico dell’avifauna”, niente “parere conforme e obbligatorio” dell’Istituto per la Fauna Selvatica.

E’ veramente arduo comprendere la logica di un provvedimento così articolato, soprattutto per quanto riguarda i diversi regimi che vengono a configurarsi in materia di divieti permanenti o temporanei, e di procedure di autorizzazione previste (o non previste) per le diverse tipologie di intervento che possono interessare una ZPS. E in questa – apparentemente casuale – articolazione di divieti e sospensioni, riesce ancor più difficile comprendere le motivazioni che hanno spinto il governo ad adottare una mano particolarmente pesante proprio con l’energia eolica, in un paese che dallo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili non avrebbe che da guadagnare, e che proprio su questo terreno deve colmare un gap con altri paesi europei che, viceversa, rischia di allargarsi ulteriormente.

Mario Zambrini, Ambiente Italia

19 settembre 2006

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