La rotta per il protocollo

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Kyoto, fonti rinnovabili ed efficienza devono essere al centro della politica energetica del nuovo Governo. L'editoriale di Gianni Silvestrini tratto dal numero 3-2006 di QualEnergia, appena pubblicato

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Prodi si è speso molto durante la presidenza europea perché il Protocollo di Kyoto entrasse in vigore e il suo impegno è stato riaffermato durante la recente campagna elettorale. In un confronto organizzato da Legambiente ha orgogliosamente affermato di considerarsi un «militante di Kyoto».
    Nel suo programma sono contenuti obiettivi ambiziosissimi, come il raggiungimento in Italia dell’80% del taglio delle emissioni previsti dal Protocollo e una crescita della produzione di elettricità verde coerente con gli obiettivi della Direttiva europea (25% dei consumi al 2010).
    È naturale quindi che verrà giudicato anche per i risultati ottenuti in questo ambito.
    Ma se questo è vero, occorrono subito segnali forti tenuto conto che mancano solo diciotto mesi dall’inizio del periodo di Kyoto e che alcune azioni hanno bisogno di anni per manifestare la loro efficacia.
    Per affermare l’importanza della politica climatica, Prodi avrebbe potuto creare un ministero ad hoc. Sarebbe stata una scelta utile e comprensibile da parte dei cittadini, al contrario dello spacchettamento dei ministeri e la creazione di sottosegretariati per accontentare le forze che lo appoggiano. Si potrebbe almeno pensare a una cabina di regia. I ministeri che possono dare un contributo alla battaglia del clima sono infatti molti. Oltre all’ambiente e allo sviluppo economico vanno coinvolti gli affari esteri, i trasporti, le infrastrutture, l’agricoltura, l’università, la ricerca e il turismo.
    Occorre un forte coordinamento per evitare che ogni dicastero vada per la sua strada e soprattutto per sollecitare la valutazione ambientale delle scelte che vengono quotidianamente prese. Prodi dovrebbe dunque valutare le modalità per esercitare nella maniera più efficace questa azione di regia dei vari dicasteri.
    Poi c’è il livello decentrato delle istituzioni. Con le Regioni andrebbero concordate quote di riduzione delle emissioni climalteranti, riproducendo cioè l’approccio di “burden sharing” con cui l’Europa ha diviso tra gli Stati membri il proprio obiettivo assunto a Kyoto.
    Una forte responsabilizzazione di queste istituzioni può consentire di ottenere risultati significativi, in particolare nel campo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.
    Avevamo valutato (QualEnergia n. 1, 2006) che un terzo dell’eccesso di emissioni che ci separa dal target attribuito all’Italia, 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, potrebbe essere ridotto grazie alle misure già assunte in passato (forestazione inclusa) e un ulteriore terzo potrebbe essere tagliato avviando nuove incisive politiche. Questa possibile nuova futura riduzione, 200 milioni di tonnellate, alle quotazioni del mercato internazionale varrà 3-6 miliardi di euro. Piuttosto che spendere questa cifra per acquistare crediti di CO2 all’estero, sarebbe auspicabile metterla a disposizione delle istituzioni regionali nel quinquennio di Kyoto, gratificando economicamente le Regioni ce raggiungono valori maggiori rispetto agli obiettivi concordati e penalizzando invece chi si dimostra meno bravo.
    Anche gli Enti locali devono essere attivati perché un loro ruolo mirato in settori come il traffico e il risparmio energetico può contribuire molto di più di quanto normalmente non si pensi. E anche per queste istituzioni vanno previsti meccanismi premianti che sollecitino un loro impegno nel raggiungimento dell’obiettivo nazionale.

Efficienza e rinnovabili nel Ddl Bersani
    L’approvazione nel Consiglio dei Ministri del 9 giugno del disegno di legge proposto da Bersani sull’energia è stato, significativamente, uno dei primi atti del nuovo Governo Prodi.
    Vi sono contenute misure di buon senso, come la sterilizzazione dell’Iva in presenza di aumenti del costo del greggio, e altre volte a garantire una maggiore concorrenza nel mercato dell’energia.
Uno spazio specifico è inoltre dedicato al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili.
    Alcuni criteri direttivi sono stimolanti, anche se le proposte risultano assemblate in maniera incoerente. Soprattutto non sono inserire in un chiaro quadro di insieme e manca un obiettivo complessivo cui tendere.
    Per evitare sovrapposizioni con le competenze attribuite al ministero dell’Ambiente non si fa riferimento al Protocollo di Kyoto. Questo modo di procedere rende però difficile l’impostazione di quella politica energetica organica e radicale che sarebbe necessaria nell’attuale contesto e per la
quale sarebbe molto utile la cabina di regia di cui si parlava prima.
    Ma vediamo in dettaglio alcuni degli ambiti per i quali il Governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi.

Aumentare l’efficienza energetica
    Un primo aspetto riguarda l’incremento degli obiettivi di risparmio energetico da parte dei distributori di energia elettrica e gas. Si tratta di un’indicazione quanto mai necessaria in considerazione del fatto che il mercato dei certificati bianchi è partito molto bene con un risparmio di 280.000 Tep, contro i 156.000 Tep previsti per il 2005 (+80% rispetto all’obiettivo stabilito per lo scorso anno). L’esigenza di innalzare e prolungare nel tempo gli impegni di risparmio è stato sottolineato da più
parti.
    Il Kyoto Club, ad esempio, aveva proposto di innalzare da 2,9 Mtep a 3,5 Mtep l’obiettivo del 2009 e di fissare a 10 Mtep l’obiettivo del 2012. Se venissero adottati questi obiettivi si ridurrebbero di 85 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 nel quinquennio di Kyoto, evitando in tal modo di
spendere una cifra pari a 1,7 miliardi di Euro (nell’ipotesi ottimistica di un costo medio di 20 €/t CO2) per l’acquisto all’estero dei crediti di CO2.
Un altro punto importante indicato nel ddl riguarda la possibilità di introdurre standard minimi di efficienza energetica e meccanismi atti a indirizzare la domanda verso prodotti come elettrodomestici
e pompe di calore a basso consumo di energia. Se si considera l’enorme successo che ha avuto nel nostro Paese l’etichettatura dei firgoriferi si capisce l’importanza di queste misure.
Solo 6-7 anni fa la percentuale dei frigoriferi di classe A o A+ (i migliori, secondo l’etichettatura della UE che seleziona i prodotti in relazione alla loro efficienza energetica) era assolutamente marginale in Italia, mentre nel 2005 le vendite di questi frigoriferi hanno raggiunto il 63% del totale
con significativi risultati in termini di minori consumi. L’innalzamento della qualità energetica dei frigoriferi a partire del 2000 ha infatti portato a una riduzione dei consumi elettrici stimata in 3 miliardi di kWh/a, corrispondenti alla produzione di una centrale da 500 MW.
Se dunque le cose non vanno male nel settore dei frigoriferi, non ltrettanto si può dire nel comparto della climatizzazione. Si consideri che dal 2000 sono stati venduti nel nostro Paese oltre 9 milioni di condizionatori, spesso di bassa efficienza energetica, per capire l’importanza di estendere la pratica della certificazione e più in generale l’informazione all’utenza.

Fonti rinnovabili
    L’attenzione alle fonti rinnovabili nel ddl è settoriale in quanto che, al di là del titolo, vengono citati solo provvedimenti per il solare e per i biocarburanti. Sarebbe invece utile una rivisitazione anche dell’attuale meccanismo di incentivazione della produzione di elettricità verde, imbastardito dall’inserimento del teleriscaldamento e dell’idrogeno, che vede al suo interno anche la quota di rifiuti e che prevede obiettivi di crescita troppo bassi.
    Sul solare termico vengono previsti incentivi e semplificazioni amministrative, sottolineando correttamente le enormi potenzialità di diffusione di questa tecnologia e la possibilità di creare in tempi brevi un’industria nazionale.
    In verità sarebbe più efficace per il raggiungimento di questi obiettivi prevedere semplicemente l’obbligo dell’installazione di questa tecnologia in tutti i nuovi edifici. Un simile provvedimento, adottato dalla Spagna e dal Portogallo negli scorsi mesi, consentirebbe di decuplicare in un paio di
anni l’attuale mercato del solare termico, passando da 55 mila metri quadrati venduti annualmente a oltre mezzo milione.

Autoveicoli
   Con un salto mortale il ddl passa poi alla promozione dei veicoli ad alta efficienza. Anche in questo caso si tratta di un indirizzo importante, in considerazione del fatto che le emissioni climalteranti del settore dei traporti sono quelle in maggiore contro tendenza rispetto agli obiettivi di Kyoto (+25% tra il 1990 e il 2005). L’attenzione andrebbe estesa anche verso autocoarri e motocicli (non citati nel provvedimento).
    Sarebbe inoltre opportuno rinegoziare un accordo di programma con la Fiat per definire l’obiettivo di consumo medio delle automobili vendute nel 2015. Il precedente accordo del 1997, che ha anticipato quello sottoscritto con Acea (l’associazione dei costruttori) a livello europeo, è stato importante per spingere la casa automobilistica verso modelli più efficienti. In realtà la mancanza di ogni sollecitazione negli scorsi anni da parte del Governo ha rallentato l’impegno della Fiat in questa direzione.
    Ciò che però manca soprattutto è un discorso più complessivo nel campo dei trasporti, cosa ovvia trattandosi di un provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, ma che rimanda all’urgenza di concertare una politica organica.

Obiettivi verdi per le Regioni
    Infine viene riportata la necessità di arrivare a una ripartizione degli obblighi sulle fonti rinnovabili tra le varie Regioni. La responsabilizzazione delle Regioni è un passaggio estremamente importante se si vogliono ottenere obiettivi ambiziosi di energia verde. In realtà, come detto sopra, si dovrebbe fare di più.

Far fronte al boom del fotovoltaico
    Nel ddl non si affronta esplicitamente la tematica del fotovoltaico che però merita una riflessione specifica. Le richieste di utilizzo del finanziamento con il conto energia hanno infatti superato in 7 mesi 1.700 MW. Per dare un ordine di grandezza, si tratta di una quantità superiore alla potenza totale installata nel mondo lo scorso anno (1.460 MW). Se questa valanga di domande può essere considerata un segno della vitalità della tecnologia, essa rappresenta anche il fallimento di un sistema di incentivazione impostato male fin dall’inizio. Due le caratteristiche negative di questo schema sbilanciato: compenso per l’elettricità solare troppo elevato e tetto massimo ammissibile all’incentivo troppo basso. Insomma, gli ingredienti certi per avviare un meccanismo di “stop and go” esiziale alla crescita di una sana industria solare.
    Si pone dunque il problema di come gestire questo enorme numero di domande, ma soprattutto di come rivedere il meccanismo di incentivazione.
    Il Kyoto Club ha avanzato una proposta che prevede di limitare la potenza relativa ai grandi impianti mettendo a gara tutte le proposte di impianti a terra sopra i 20 kW e di eliminare i tetti massimi di potenza per il fotovoltaico integrato nell’edilizia rivedendo le tariffe.
    Rispetto alle domande pervenute sembrerebbe logico approvare i progetti entro i limiti previsti per il 2006, riavviando il meccanismo nel 2007 secondo la nuova procedura di assegnazione.
    Quanti MW si installeranno nei prossimi mesi? Difficile dirlo, ma visti i tempi previsti dalla norma per la realizzazione degli impianti è probabile che molti proponenti tenderanno a spostare il più avanti possibile le installazioni. Vanno anche considerate le difficoltà autorizzative, una certa quota di mortalità nelle proposte accettate e in particolare la possibilità che diverse domande “multiple” nello stesso sito non vengano alla fine realizzate.
    D’altra parte, occorre mettere in conto le code dei programmi in conto capitale (10.000 tetti) che si realizzano solo ora per la lentezza di alcune Regioni (caso limite e clamoroso è quello della Sicilia). Con queste premesse si potrebbe stimare la realizzazione di 15-20 MW nel 2006, potenza che potrebbe passare a 100-150 MW nel 2007, per poi salire notevolmente nel biennio 2008-9.
    Il grosso delle realizzazioni si avrebbe quindi nella fase di calo dei prezzi dei moduli, quando si sarà cioè invertita l’attuale tendenza all’aumento che ha riportato i costi ai livelli di 3 anni fa.
    I prossimi anni dovranno anche servire a far ripartire la ricerca e a realizzare in Italia alcuni impianti di produzione di celle, condizione essenziale per uno sviluppo serio del solare nel nostro Paese.
    Ma è chiaro che il mercato aspetta segnali certi dal Governo sulla prosecuzione negli anni di un meccanismo di incentivazione sostenibile per il Paese e al tempo stesso con prospettive tali da consentire forti investimenti nel settore.

L’accordo con EurObserv’ER
    Infine, con soddisfazione possiamo comunicare il raggiungimento di un accordo con responsabili francesi di EurObserv’ER per la traduzione degli eccellenti rapporti sulle fonti rinnovabili che vengono elaborati ogni due mesi. In particolare in questo numero abbiamo tradotto l’ultimo rapporto relativo ai biocarburanti (pag. 35 e seguenti). Gli studi sono reperibili anche sul portale www.qualenergia.it. Un ulteriore contributo alla diffusione delle conoscenze in queste promettenti aree energetiche.

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