Forse un passo indietro

  • 26 Giugno 2006

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La politica europea dei trasporti fa un passo indietro? La domanda è lecita se si guarda al "Libro bianco" sui trasporti e alle ultime azioni della Commissione Europea

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La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte. Questo il titolo del “Libro bianco” con il quale la Commissione Europea definiva le strategie che avrebbero dovuto orientare una politica comune nel primo decennio del nuovo secolo .

Non si tratta certo di un documento rivoluzionario (difficilmente i libri bianchi della Commissione lo sono); nondimeno, da diversi ed eterogenei interlocutori si riconosce all’impostazione del documento un adeguato livello di coerenza interna nel definire uno scenario di riferimento caratterizzato da una tendenziale crescita della domanda e da politiche nazionali esclusivamente orientate sul lato dell’offerta di infrastrutture, e nel prefigurare uno scenario di progetto ispirato ad un’ipotesi “forte” (soprattutto nel settore della mobilità): quella del “disaccoppiamento” (decoupling, in inglese) fra crescita economica e crescita dei trasporti.

Nel Libro Bianco la Commissione indicava infatti come fondamentale, ai fini di una politica di settore quanto meno coerente con il più generale principio di sostenibilità, il conseguimento di scenari di sviluppo sociale ed economico caratterizzati da una bassa intensità di mobilità, ottenendo una separazione fra due curve, quella della domanda di mobilità e quella della ricchezza prodotta, che diversi attori e soggetti ritenevano – e ritengono tuttora – indissolubilmente associate. Coerentemente con questo principio, il Libro Bianco 2001 indicava diverse opzioni strategiche e linee d’azione, orientate sia ad adeguare l’offerta (con una strategia mirata ad eliminare i “colli di bottiglia” della rete europea, completando il disegno della TEN) sia a governare la domanda, ipotizzando anche l’introduzione di politiche di tariffazione e pedaggiamento funzionali, oltre che al finanziamento delle nuove linee, ad una più decisa politica di diversione modale (attraverso adeguati segnali di prezzo) dalla strada alla ferrovia.

Il Libro Bianco del 2001 provava in sintesi a far fare un passo avanti ad una politica dei trasporti altrimenti autoreferenziale e limitata ad una continua ricorsa fra domanda di mobilità e offerta di infrastrutture, aprendo la medesima politica a strategie di più ampio respiro, finalizzate a governare la domanda anche attraverso una completa internalizzazione dei costi del trasporto, orientandola verso modi di trasporto e modelli di mobilità meno inquinanti, e prefigurando nel medio e lungo termine politiche territoriali e di sviluppo economico “a ridotta intensità di trasporto”.

Nei fatti, però, la politica europea dei trasporti degli ultimi anni ha sostanzialmente privilegiato il lato “hard” delle suggestioni contenute nel Libro Bianco, arrivando a sublimare, sotto la presidenza di turno italiana, la rete TEN in un tripudio di progetti grandi e piccoli, ferroviari e stradali, merci e passeggeri, tutti inseriti in un inestricabile nodo di “corridoi” dai nomi esotici quanto poco probabili.

Ora, secondo quanto denunciano le associazioni non governative raccolte nella Federazione Europea Trasporti e Ambiente, la Commissione Barroso sembra intenzionata a passare, per così dire, “dai fatti alle parole”, rivedendo il documento guida della politica europea all’insegna delle nuove priorità. Così, secondo quanto scrivono, in una lettera al Presidente Barroso, il Direttore di T&E Jos Dings e Magda Stockzkiewicz di CEE Bankwatch Network, in sede di “revisione di medio termine” il principio guida del Libro Bianco 2001, quello del decoupling, sembra destinato ad essere abbandonato: «L’orientamento di base della nuova strategia politica sembra essere quello di incoraggiare la mobilità al fine di creare condizioni favorevoli alla crescita economica e dell’occupazione» (vedi testo lettera in Bolletino di T & E).  

Dopo un timido tentativo di innovazione, dunque, si torna rapidamente nell’alveo delle usuali politiche che vedono nell’asfalto il migliore antidoto alla crisi economica. Che la risposta alla crisi economica ed industriale che aleggia sul vecchio continente non possa ridursi allo scavo di qualche nuovo tunnel o alla costruzione di ponti e autostrade dovrebbe essere cosa ormai nota (e comunque suffragata dall’evidenza dei dati); pure, la promessa di nuove “grandi opere” è tuttora in grado di suscitare tensioni emotive e consenso generalizzato a destra come a sinistra. Ed è dunque probabile che il nuovo corso della politica europea sotto la guida di Barroso potrà godere, se confermato, di ampi consensi da parte dei governi nazionali.

Nel frattempo, passando dalle strategie alle “buone pratiche”, segnaliamo, sempre dall’ultimo bollettino di T&E la divertente disavventura in cui lo stesso Presidente Barroso è recentemente incappato: dopo aver invitato i cittadini dell’Unione Europea combattere in prima persona l’effetto serra lanciando una campagna di sensibilizzazione giocata all’insegna dei comportamenti virtuosi («Tu controlli il cambiamento climatico: Abbassa. Spegni. Ricicla. Cammina» recita il deciso slogan della campagna), il Presidente si è fatto notare alla guida del suo potente fuoristrada. Un automezzo (di cui omettiamo la marca per evidenti motivi commerciali) che secondo quanto commenta il bollettino di Transport & Environment, emette circa il doppio del target fissato dalla stessa UE per le emissioni di CO2 da traffico (140 grammi/km). Quando si dice: «Predicar bene, razzolar male»…

Mario Zambrini, Ambiente Italia

 22 giugno 2006

RC

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