Sono stato assessore all’Ambiente del Comune di Bolzano tra il 2000 e il 2005, rinunciando a ricandidarmi per il quinquennio successivo.
Dal centro di competenze non ben definite tipiche degli assessorati all’Ambiente, ho fatto incursioni (con alterne fortune) un po’ in tutti i settori gestiti dai miei ex-colleghi di giunta; dall’edilizia (progetto CasaClima), all’urbanistica (il mega-quartiere ecosostenibile CasaNova), all’energia e, ovviamente, al traffico. E per questo ambito, purtroppo, si parla di un insuccesso.
Il mio obbiettivo di convincere assessore competente e giunta ad introdurre il road pricing a Bolzano non ha avuto seguito allora e, nonostante i formali apprezzamenti dell’attuale giunta al progetto lasciato in eredità, appare chiaro che nessuno avrà il coraggio di muovere un dito per attuarlo. Il consenso elettorale a breve termine, innanzitutto a quanto pare, e la parola pricing (far pagare) spaventa. Anzi, per ragioni di marketing propongo un più innocuo “responsabilizzazione dell’uso dell’auto”.
Eppure vale la pena di conoscerlo per capirne le straordinarie potenzialità viabilistiche, ambientali ed economiche. L’incarico fu affidato al Centro Studi Traffico dell’ing. Gelmini di Milano e a Colin Buchanan and Partners di Londra, il cui titolare è il guru mondiale del road pricing. Tra gli altri ne ha curato per il sindaco Livingstone di Londra la sua introduzione nel 2003.
Prima di tutto un po’ di storia.
Il road pricing nasce nel 1840, idea dell’economista francese Dupuit, che propose la tariffazione dei canali per poter finanziare la loro estensione. Dopo il 1945 economisti dei trasporti inglesi ed americani cominciarono ad applicare le teorie di Dupuit al sistema stradale.
A livello urbano la prima esperienza pratica è solo del 1975, a Singapore; le auto con una sola persona erano costrette ad acquistare un pass per entrare nel centro nelle ore di punta. A distanza di 30 anni la città è circondata da una rete di portali virtuali che deducono in automatico la tariffa dovuta da carte magnetiche esposte dietro al parabrezza,
In Europa le prime esperienze furono a Bergen (Norvegia) nel 1988, per finanziare una tangenziale, e a Oslo. Qui dopo appena un paio d’anni il sistema entrò a regime garantendo all’amministrazione ricavi per 75 milioni di euro all’anno, ripartiti a terzi per finanziare il sistema stradale, quello dei trasporti pubblici e l’ambiente.
A Londra dopo le iniziali proteste per le alte tariffe (8 euro per entrare in centro), non solo nessuno vuole più tornare indietro, ma addirittura si sta studiando l’estensione del sistema.
Sempre in Inghilterra la città di Durham ha applicato tariffe di accesso al centro storico di 3 euro con una riduzione immediata del traffico del 90%.
E a Bolzano cosa propone (proponeva…) il progetto?
Premessa: nel capoluogo altoatesino il problema del traffico d’accesso è assai rilevante specie lungo alcuni assi stradali. Il problema di incolonnamenti nelle ore di punta è serio e comporta quattro mesi all’anno di sforamenti dei limiti di PM10, complice il fenonomeno di inversione termica che caratterizza la conca bolzanina nei mesi invernali.
Lo schema di base proposto prevede l’integrazione del sistema di tariffazione della sosta per aree colorate che dividono la città secondo il progetto Winkler del 1992, al controllo dei transiti. Come? Attraverso la realizzazione di due cordoni virtuali, uno attorno al centro storico e l’altro attorno all’area urbana compresa tra i fiumi Isarco e Talvera, la via Resia e la fascia pedecollinare ad ovest della città. Complessivamente ci sarebbero tredici portali virtuali, sei dei quali attorno al centro storico.
I portali virtuali sarebbero dotati di un lettore a distanza di carte magnetiche di cui dovrebbero dotarsi auto e moto. Ovviamente prima di essi dovrebbero essere installati pannelli a messaggi variabili per avvisare della gestione telematica del traffico e della tariffazione vigente.
Tutti i veicoli in gestione telematica dovrebbero essere dotati della suddetta carta con credito a scalare detta “Carta Bolzano” associata al numero di targa ed utilizzabile per più servizi (parcheggi, trasporto pubblico, ecc.). Chi dovesse risultare sprovvisto della carta sarebbe in infrazione.
Ovviamente la carta potrebbe avere valori di credito premiante per i veicoli a minore impatto ambientale e viceversa penalizzante per quelli più inquinanti; oppure potrebbe considerare variazioni di credito in relazione a valori di inquinamento più o meno intensi o a seconda del rischio-sforamento nel corso delle diverse stagioni (in poche parole la tariffazione potrebbe essere variabile nel tempo). I residenti dell’area di intervento non dovrebbero pagare se uscissero dall’area stessa, in quanto difficilmente potrebbero utilizzare un mezzo alternativo.
L’automobilista o il motociclista non dovrebbe necessariamente possedere la carta valori prima di entrare in città, in quanto essa potrebbe essere acquistata direttamente alle biglietterie dei parcheggi o presso hotel e ristoranti dotati di parcheggi privati.
Lo scenario qui sinteticamente proposto consentirebbe di integrare la politica esistente dei parcheggi per controllare le 3 importanti componenti del traffico di Bolzano; di attraversamento, degli automobilisti che parcheggiano in parcheggi privati e traffico di accompagnamento o di semplice fermata. Ovvero tutto ciò che la politica dei parcheggi non può controllare.
Si è stimato che un sistema come quello proposto possa essere in grado di ridurre il traffico del 20% (e anche le emissioni da esso indotte, ovviamente) applicando livelli di tariffe differenti: minimi 0.20-0.30 euro e medi 0.80-1.20 euro nell’ipotesi di tariffazione 12 mesi/anno e medi 1.50-2.50 euro ed alti 4.00-6.00 euro, nell’ipotesi di limitare la tariffazione nei giorni di criticità ambientale.
Gli introiti garantiti per l’amministrazione; 5,1 milioni di euro annui applicando livelli tariffari minimi (ipotizzando in questo caso una riduzione del traffico di un solo 10%) e circa 18 milioni di euro con livelli tariffari medi.
Se il road pricing si limitasse ai giorni di criticità ambientale gli introiti annui scenderebbero a 2,4 milioni (20 giorni/anno) o a 7,3 milioni per 60 giorni/anno con tariffe medie, quindi applicando l’ipotesi di minima e quindi più sfavorevole.
Tutto ciò a fronte di 5,155 milioni di euro di investimento complessivo e 540.000 euro di spese di gestione all’anno. Ammortamento rapidissimo quindi e ingenti ricavi netti a disposizione per finanziare quello che si vuole; incapsulamento dell’autostrada A22 che taglia in due Bolzano, tram, funivie urbane, metropolitana di superficie (da anni in progetto ma mai realizzata per mancanza di finanziamenti) o quant’altro. Ricordo che la SASA, la società che gestisce il trasporto pubblico a Bolzano (autobus), copre con entrate proprie solo il 36% delle spese ordinarie di gestione. Tutto il resto è a carico dell’ente pubblico.
Per cui se anche si riuscisse (ma non ci si riesce) a trovare il modo di finanziare una delle opere di cui sopra, rimarrebbe a carico del Comune un buco di gestione annuale insostenibile, a maggior ragione in assenza di politiche di restrizione al traffico privato. Solo quest’ultime potrebbero essere in grado di rendere competitivo il mezzo pubblico. A parità di offerta altrimenti (mezzo pubblico-mezzo privato) l’italiano medio, che ha nel cervello impresso col fuoco il marchio della sua auto dei sogni vissuta innanzi tutto come uno status symbol più che come un’affare con cui fare spostamenti, sceglierà sempre e solo l’automobile.
Chi verrebbe penalizzato; i pendolari? Direi di no, nella misura in cui si costruisse una linea di veloce collegamento al centro a partire dai già disponibili parcheggi periferici gratuiti, attualmente ovviamente desolatamente vuoti.
Insomma il road pricing si configurerebbe come una specie di Robin Hood del traffico urbano; prendere al traffico privato di chi può (o non può occasionalmente fare a meno di usare l’auto privata) per dare al trasporto pubblico.
Ma soprattutto una cosa; le città italiane sono lontane anni luce dall’efficienza che caratterizza gran parte del trasporto pubblico delle città d’oltralpe. L’Italia sconta un ritardo atavico per tanti fattori che è inutile qui ricordare. Se si vuole recuperarlo questo ritardo, o si fa una cura da cavallo alle città italiane, o saremo sempre condannati ad essere una repubblica fondata sull’automobile e sul motorino.
Stefano Fattor, architetto
12 giugno 2006