E se la transizione energetica fosse più dura di quanto immaginavamo?

Due economisti dell’energia all’Università di Barcellona avvertono che nelle stime su quante rinnovabili servano per evitare il disastro climatico, ci siamo dimenticati di calcolare il calo dell’EROEI tipico di queste fonti. Quindi, o ne installiamo molte di più o abituiamoci a consumare meno energia.

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Pochi giorni fa QualEnergia.it ha ricordato che per raggiungere gli obbiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030, l’Italia dovrà triplicare il tasso attuale di installazione annua di rinnovabili.

Secondo gli economisti dell’energia dell’Università di Barcellona, Lewis King e Jeroen van den Bergh, però, questo vale anche a livello planetario. Anzi, il moltiplicare per tre delle installazioni solari ed eoliche, sarà ancora più estremo, perché andrà applicato, non sulla situazione attuale, ma addirittura allo scenario “ideale”, quello che, in teoria, ci dovrebbe mettere al sicuro da un aumento di temperature superiore ai 2 °C,al 2100, rispetto al XIX secolo.

«Le ragione di questa discrepanza fra quanto ci viene chiesto di fare da enti come Iea e Irena (Agenzia internazionale dell’energia e Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, ndr) per rispettare i limiti stabiliti nel 2015 a Parigi, e quanto in realtà dovremmo fare, risiede in un fattore di cui stranamente sembra ci si sia dimenticati: l’EROEI», dice van den Bergh, che con King ha pubblicato la sua ricerca su Nature Energy (allegata in fondo all’articolo).

L’EROEI, Energy return on energy invested, è l’indice di quanta energia un impianto che usa una certa fonte effettivamente produrrà nel corso della sua vita, dopo che si è sottratta quella necessaria per costruirlo, alimentarlo, mantenerlo e smantellarlo.

Per esempio un medio impianto a carbone si stima produca 17 volte più energia di quella usata per sé stesso (compresa quella per estrarre e trasportare il carbone stesso), un idroelettrico circa 60 volte, una centrale nucleare 14 volte.

Molto più complesso stimare l’EROEI di solare ed eolico, a causa dell’ampia variabilità di valori come resa, energia per costruirne i vari tipi, produttività dei luoghi di installazione, durata di vita: a secondo dei dati scelti, si hanno valori dell’EROEI del FV nei vari studi che variano da 0,8 a 60 (qui un articolo che spiega le ragioni di questa variabilità).

«Noi abbiamo considerato una forchetta per il FV fra 4 e 25 volte, e per l’eolico fra 5 e 18, numeri quindi mediamente più bassi di quelli degli EROEI di molte delle fonti energetiche più utilizzate nel mondo attuale, come carbone, idro e nucleare. Questo vuol dire che seguendo lo scenario LCT (low carbon transition, ndr) della IEA per raggiungere gli obbiettivi degli accordi di Parigi, che prevede molti meno fossili, carbone in primis, e molte più rinnovabili rispetto ad oggi, l’EROEI medio si abbasserà, producendo un calo della disponibilità di energia procapite nel mondo di circa il 25%».

A far calare l’EROEI medio futuro contribuirà però anche la diminuzione di quello degli stessi impianti a fossili, che impiegheranno fonti sempre più difficili da estrarre e raffinare, come il bitume, e che forse dovranno installare energivori sistemi di cattura della CO2.  

«In sintesi questo farà sì che ci sarà molta meno energia a disposizione dei consumatori finali, che al 2050 saranno anche 2 miliardi in più di oggi. A questo punto si hanno tre scelte: o al 2050 le persone si abituano a vivere usando molta meno energia di oggi (scenario LCT, ndr), e questo riguarderà soprattutto i paesi ricchi, visto che nei poveri dovranno sicuramente aumentare i consumi procapite; o si mantiene costante l’EROEI seguendo uno scenario BAU, business as usual, rinunciando all’uso massiccio di fonti rinnovabili, o si segue il nostro scenario CNE (current net energy level per capita, ndr), che unisce la riduzione delle emissioni di CO2 dell’LCT al mantenimento dei livelli attuali procapite di consumo energetico».

Usare meno energia senza abbassare il tenore di vita è senz’altro possibile, soprattutto se molti usi, pensiamo alla sostituzione del motore a scoppio con quello elettrico, diventeranno più efficienti, ma non è detto che questo possa compensare da solo tutto il calo nell’energia disponibile, soprattutto perché una gran parte degli abitanti del mondo nel 2050 dovrà accrescere i propri consumi, anche solo per uscire dalla povertà: oggi, per esempio, un indiano medio consuma 25 Gigajoule di energia l’anno, un italiano 108 e un americano 290.

La seconda strada, lo scenario BAU, è impraticabile perché porterebbe, oltre al rapido esaurimento delle riserve fossili e contrasti geopolitici sempre più aspri, anche a un disastro climatico che farebbe rimpiangere all’umanità di averla seguita.

Resta, secondo King e van den Bergh la terza strada, lo scenario CNE: premere l’acceleratore a tavoletta sull’installazione di rinnovabili.

Non che sia uno scherzo farlo: già i numeri richiesti dallo scenario LCT, vista l’attuale relativa lentezza di installazioni, sembrano poco realistici, ma lo scenario CNE dei due ricercatori raggiunge livelli di rinnovabili addirittura stratosferici.

Per esempio, l’LCT prevede di aumentare di 27 volte l’attuale installato mondiale di eolico e solare al 2050. Questo già enorme aumento, però, secondo i due ricercatori, produrrebbe un calo medio dell’energia procapite disponibile del 22% circa.

Per ridurlo a un più sopportabile 9% il loro scenario CNE prevede un aumento fra 62 e 85 volte della potenza solare ed eolica rispetto ad oggi.

Visto che l’installato attuale è ancora insufficiente a soddisfare lo scenario LCT, vorrebbe dire che in media, ogni anno da ora al 2050, invece dei 94 GW di solare e dei 46 GW di eolico installati nel 2017, dovremmo installare circa 300-400 GW di pannelli solari e 150-200 GW di turbine.

A meno che il mondo, da Trump in giù (o in su), istantaneamente si converta al più sfrenato fanatismo pro rinnovabili, si tratta evidentemente di una possibilità piuttosto remota: la conclusione di questa ricerca sembra delineare l’impossibilità di conciliare produzione da rinnovabili e decenti consumi energetici per tutti.

«Non è nostro compito dire se, da un punto di vista politico, sia possibile o meno raggiungere questi obbiettivi. Il nostro compito è invece avvertire politici e tecnici che le attuali analisi su cui stanno basando le loro decisioni sono fondate su dati non completi: devono saper che seguendo lo scenario LCT, si conterranno forse a sufficienza le emissioni di CO2, ma al prezzo di una drastica riduzione dell’energia disponibile per ognuno», ci spiegano gli autori dell’analisi.

«In effetti, già il fatto che non si riesca già adesso a stare sul percorso richiesto dall’accordo di Parigi ci dovrebbe rendere meno ottimisti: speriamo che il nostro studio aumenti ancora la consapevolezza che è urgente agire, prima che sia troppo tardi», aggiungono.

Chiediamo loro se forse non abbiano considerato EROEI troppo pessimistici riguardo a FV e eolico: ci sono stime molto più alte della forchetta da voi usata e si tratta anche di fonti che a fine vita possono essere riciclate o ricostruite, mantenendo buona parte dell’impianto iniziale.

«Abbiamo usato i dati medi provenienti da molte ricerche, abbassandoli poi di qualche punto, perché queste valutazioni in genere non tengono conto di intermittenza e necessità di accumulo di queste fonti, che abbassano il loro EROEI effettivo. Quanto al riciclo, non è chiaro se e di quanto innalzi veramente l’EROEI, i dati sono molto incerti al riguardo».

Ma non pensate che l’adozione di nuove tecnologie, come motori elettrici al posto di quelli a scoppio, aumenterà così tanto l’efficienza, da rendere meno drammatica la quantità di rinnovabili da aggiungere al sistema per abbandonare i fossili?

«Abbiamo usato le stesse stime di aumento dell’efficienza nell’uso dell’energia previsto dall’IEA nel suo scenario di transizione. Ci auguriamo che siano sottostimate, così che alla fine in futuro di energia ne serva meno di quanto prevediamo oggi, ma l’esperienza ci dice che è meglio non essere troppo ottimisti, in questo campo, per evitare di cullarsi su illusioni».

Insomma, se i due ricercatori dell’Università di Barcellona hanno visto giusto, la strada per la transizione a un mondo a rinnovabili, che già sembrava impervia, rischia di diventare una sorta di scalata dell’Everest.

A meno che, certo, chi vive nel mondo più industrializzato, abituato a consumare tutto il calore, carburanti ed elettricità che desidera, non si converta nei prossimi decenni a una “decrescita felice”, se non di tutto lo stile di vita, almeno nel modo in cui sprechiamo allegramente energia, facendo così bastare per tutti quella prodotta dalle fonti rinnovabili.

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