Batterie vs gas “di picco”, nuove considerazioni dall’esempio californiano

Tra pochi anni sarà più conveniente accumulare energia nei mega dispositivi al litio piuttosto che affidarsi alla generazione di riserva alimentata a gas. Dati e tendenze negli Stati Uniti, guardando all’evoluzione del caso-studio della California. E la crescita del fotovoltaico favorirà il mercato dello storage.

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Della possibilità di rimpiazzare il gas con le batterie per coprire i picchi di domanda energetica abbiamo discusso varie volte, soprattutto in riferimento a quelle realtà, come la California, che più di altre stanno puntando sulle fonti rinnovabili e sulle tecnologie di accumulo elettrochimico.

Quanto può valere il mercato dello storage?

Secondo le ultime stime di Wood Mackenzie per gli Stati Uniti, riassunte nel grafico sotto, tra cinque anni le batterie al litio saranno in grado di competere ad armi pari con le centrali a gas per fornire l’elettricità “di riserva”, necessaria a soddisfare i consumi nelle ore di maggior carico sulla rete.

Nel 2022, hanno calcolato gli analisti, i valori LCOE (Levelized cost of electricity) di un sistema di storage da 4 ore saranno intorno a 86-94 $/MWh, per poi scendere ancora negli anni successivi, tanto da rendere il combustibile fossile sempre più antieconomico. In altre parole, sarà più conveniente investire in un impianto di accumulo, piuttosto che in una nuova unità a gas.

California, Texas e Arizona, tra i diversi stati Usa, offrono le maggiori opportunità di successo per le batterie, a scapito delle tradizionali turbine. Nel periodo 2018-2020, evidenzia la società di consulenza americana, gli Stati Uniti dovranno installare oltre 7 GW di nuova potenza “di picco”.

Parliamo delle centrali a gas di piccole-medie dimensioni, progettate per entrare rapidamente in funzione quando la domanda elettrica è molto elevata e i parchi eolici e solari non riescono a rilasciare tutta l’energia di cui c’è bisogno in quel momento.

Questi impianti sono definiti “peaker” perché servono soprattutto a bilanciare la produzione intermittente delle risorse rinnovabili, mantenendo la rete in condizioni di sicurezza e flessibilità anche in assenza di vento e sole.

Un recente studio del National Renewable Energy Laboratory (NREL) ha stimato il potenziale contributo delle batterie in California all’aumentare della potenza complessiva installata nel fotovoltaico.

Ricordiamo, tra l’altro, che a livello federale l’autorità di regolazione ha appena pubblicato un provvedimento che favorirà la competizione tra diverse tecnologie sul sistema elettrico, aprendo le porte alle soluzioni che prevedono l’utilizzo di batterie per la regolazione di frequenza, la copertura dei consumi di picco e altri servizi di rete (vedi QualEnergia.it).

Tornando alla California, gli autori del documento sostengono che la crescita del fotovoltaico amplia le opportunità di mercato per l’accumulo energetico, perché il solare accentua moltissimo la differenza tra il punto minimo e massimo del carico netto sulla rete, producendo la “curva dell’anatra” (duck curve, spiegata in dettaglio in questo articolo).

In sintesi, significa che nelle ore centrali del giorno, quando c’è tanto sole e la generazione FV è al suo apice, gli impianti convenzionali a gas devono fornire molta meno energia di quella che, invece, sarà richiesta dal tardo pomeriggio in avanti, quando il fotovoltaico ridurrà velocemente il suo output fino a zero.

Nell’ipotesi di avere un mix elettrico con il 17% di fotovoltaico nel 2020, si legge nello studio NREL – già oggi la California è sopra l’11% di FV, vedi qui le statistiche aggiornate – serviranno circa 7 GW di batterie per garantire la piena capacità alla rete senza rischi di blackout.

Se la California arriverà al 30% di solare, invece, ci sarà spazio per circa 10 GW di storage destinato alla capacità di picco, in modo da “ammorbidire” le punte massime di consumo per un certo numero di ore, come chiarisce il grafico seguente.

Lo stato Usa, ricordano poi gli autori della ricerca, Paul Denholm e Robert Margolis, nei prossimi anni dovrà rinunciare molto probabilmente a parecchi GW di “peaking capacity” tradizionale, quando saranno dismessi gli impianti a gas più vecchi.

L’accumulo elettrochimico di breve-media durata, quindi, potrebbe sostituire una buona parte di questa potenza, anche se per eliminare del tutto la generazione fossile di riserva, precisano infine gli esperti di GTM Research che hanno commentato lo studio NREL, occorrerà installare anche tecnologie di storage di maggiore durata.

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