Non c’è mobilità sostenibile senza infrastrutture dedicate alla bici

Parlare di mobilità sostenibilità senza infrastrutture dedicate alla bicicletta non ha senso. Piste ciclabili, ben fatte, sicure, integrate nel tessuto urbano, che tolgono anche spazi alle auto, possono cambiare le nostre abitudini. Se ne è parlato in una bella puntata di Presa Diretta, in cui si è illustrato anche il progetto del GRAB di Roma.

ADV
image_pdfimage_print

Una delle più concrete strategie contro l’inquinamento e per la mobilità urbana, ma non solo, è creare infrastrutture per la ciclabilità. Percorsi ben fatti, collegati tra loro e che non sono aggiuntivi alle infrastrutture per le quattro ruote, ma che anzi ne prendano il posto. Solo così si può attuare un cambiameto delle abitudine e della mentalità delle persone, con conseguenti benefici ambientali.

Da dove può partire questo processo di coinvolgimento dei cittadini per le due ruote se non dalla creazione attenta e pianificata delle infrastrutture per dare spazio e sicurezza alla mobilità pulita? Mettere in piedi servizi di bike sharing quando non ci sono i percorsi adeguati ha senso?

Di questo si è parlato ieri in una puntata di Presa Diretta dal titolo “La bicicletta ci salverà” che invitiamo a guardare (vedi la puntata) perché si è sentito parlare di idee e progetti per il nostro futuro, cioè di politiche concrete, cosa rara in televisione.

La puntata di Presa Diretta ha spiegato quali sono le criticità dell’andare in bicicletta in città come Roma, ma ha fornito esempi concreti di come la bici possa essere uno dei punti nodali della nuova mobilità sostenibile. Inoltre si sono considerati le notevoli ricadute economiche e occupazionali, ma anche gli effetti positivi sulla salute.

Nel corso della trasmissione si è parlato anche del progetto del GRAB di Roma, il Grande Raccordo Anulare della Bici e dei pedoni, presentato già nel 2015, con un’intervista a Alberto Fiorillo di Legambiente che ha sviluppato il progetto insieme ad altri soggetti. A tale proposito proponiamo qui in basso un articolo a cura di Fiorillo, pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia (n.3/2017), che illustrata appunto il GRAB e le sue potenziali ricadute, anche al di là della capitale.

 

È un percorso partecipativo insolito quello che ha portato alla redazione del progetto capitolino Grab – Grande Raccordo Anulare delle Bici e dei pedoni.

Non ha coinvolto un ambito territoriale circoscritto (un quartiere, un’area verde, un piccolo borgo) dove sono più agevoli le relazioni di prossimità e dove più facile e immediata è l’inclusione delle persone interessate. Interessa una macro-area (la città di Roma) e non è frutto di un dibattito stimolato dai decisori pubblici. Anzi. È successo esattamente il contrario.

Il Grab è un’infrastruttura ideata, pianificata e disegnata da associazioni e cittadini. Ha avuto il merito di stimolare le istituzioni a partecipare al progetto di un’opera pubblica che ha la forma di una ciclovia urbana e la sostanza di un’operazione multidimensionale sullo spazio urbano: funzionale, ambientale, economica, sociale, estetica, culturale.

Più che immaginare una pista ciclabile, lunga 45 chilometri, che gira intorno alla città e la percorre, l’esigenza del Grab – antitesi del Gra delle auto – è stata fin dall’inizio quella di modificare i luoghi che attraversa, di correggerli, di migliorarli, attraverso la ricomposizione del frammentato spazio archeologico capitolino, la ricucitura delle periferie con il centro, la creazione di una cintura verde metropolitana, la trasformazione, la rigenerazione o la valorizzazione di aree trascurate. Sempre attraverso interventi discreti, senza nessuna volumetria aggiuntiva.

Il Grab è un polo d’attrazione di nuove forme di turismo, dai ciclo viaggiatori al trekking urbano, una via car free per la mobilità inter quartiere, il raccordo attorno a cui sviluppare e cucire una vera rete ciclabile metropolitana.

Realizzare quest’anello vuol dire incidere realmente e con forza sul paesaggio urbano, riconquistando e restituendo agli abitanti spazi fisici della città (attraverso la funzionalizzazione, la manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio, la riduzione in alcuni contesti della superficie occupata dalle auto private), recuperando piazze, viali, marciapiedi, giardini e aree verdi alla funzione di luoghi di socializzazione.

Il Grab è la ciclovia più affascinante del mondo e insieme una lezione itinerante di storia che parte da Romolo e Remo e arriva alle architetture contemporanee di Zaha Hadid e Renzo Piano e alla Street Art del Quadraro e Tor Pignattara unendo tra loro Colosseo, San Pietro, Trastevere, centro storico, Galleria Borghese, Auditorium, Maxxi e tantissimi altri punti di interesse, attraversando parchi, costeggiando i fiumi Tevere, Aniene, Almone.

Questo ragionare di città per nicchie d’interesse e non a compartimenti stagni, questo modo di progettare dal basso ogni singola parte del tracciato facendo sì che anche interazioni di breve raggio possano essere il prologo di cambiamenti più profondi dell’ecosistema urbano (come la nascita del parco archeologico unitario Fori-Colosseo-Appia Antica, sognato da Antonio Cederna o l’incoraggiamento a quelle esperienze di Street Art che introducono la bellezza anche in periferia), è sicuramente il collante che ha fatto collaborare tante persone diverse.

Dietro il Grab ci sono associazioni nazionali e locali (Legambiente, VeloLove, Touring Club Italiano, Free Wheels Onlus, Open City Roma, Vivilitalia …), ma soprattutto molti professionisti e volontari che hanno messo a disposizione competenze e tempo e che hanno reso possibile – con zero euro di budget – l’impresa di curare fin nei minimi dettagli il progetto. Come i giovani di piano b architetti associati, come lo staff tecnologico della “software house” Teamdevo i tanti che si sono occupati (e continuano a farlo) dei sopralluoghi, delle foto, del design, della grafica, dell’organizzazione di eventi e tanto altro ancora (…).

Il Grab ha aperto la strada a una ciclo rivoluzione. Per la prima volta, infatti, con la legge di Stabilità 2016 e poi con quella successiva, è stata prevista la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche che ha il suo cuore proprio nella Capitale e che, oltre al Grande Raccordo Anulare delle Biciclette, vedrà la nascita di Ven.To. (Venezia-Torino), dell’anello ciclabile del lago di Garda e di altri sette percorsi con uno stanziamento di 370 milioni di euro.

E rimanendo sui dati economici il Grab da solo, secondo un’analisi di Confindustria-Ancma, può valere 50 milioni di euro ogni anno grazie alle maggiori entrate turistiche generate dalla ciclovia nella Capitale.

Certo. Una sola opera pubblica non può trasformare radicalmente Roma. Tuttavia il Grab – oltre ad avere in sé un effetto positivo sullo stato di salute della città – è sicuramente in grado di far crescere la presenza della green society nel tessuto urbano, di innescare azioni di adozione e cura del territorio, di sollecitare la nascita di green jobs legati alla nuova mobilità e al turismo metropolitano, di sollecitare la creazione di bellezza in quartieri ai margini del centro storico che oggi ne sono privi.

Per leggere l’articolo integrale: QualEnergia n.3/2017

ADV
×