Cambiamenti climatici, consapevolezza individuale ma senza azione

Quasi tutti condividono ormai il fatto che i cambiamenti climatici sono in atto e l’uomo ne è la causa. Quando però si tratta di cambiare i propri comportamenti anti-ecologici si resta inattivi. E le classi più "eco-sensibili" sono proprie quelle con lo stile di vita più insostenibile.

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L’articolo è stato pubblicato sul n.5/2017 della rivista bimestrale QualEnergia

I cambiamenti climatici in Italia appartengono al senso comune.

I mass media presentano il riscaldamento globale come fatto acquisito, una grande maggioranza, seppur consapevole della serietà della minaccia, tutto sommato considera l’economia e il lavoro più urgenti.

La conclusione di molti ambientalisti attivi nel campo climatico è di alzare il tono. «Gli impatti dei cambiamenti climatici potrebbero rovinare l’economia del mondo», «le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera hanno raggiunto un nuovo record, la situazione è drammatica, grandi i rischi che corriamo se non interveniamo immediatamente».

Perché queste lamentele rimangono senza effetto, e semmai l’urgenza del tono produce l’effetto opposto, cioè irritazione?

Coloro che pretendono di essere in possesso dei fatti che ad altri mancano, rivendicando che dovrebbero trovare ascolto causa drammaticità del messaggio, a loro volta si rifiutano di riflettere sulle ragioni del perché i propri messaggi producano così poco in termini di azioni e misure. A livello globale, a livello nazionale, a livello locale.

La gente già sa ma questo sapere però produce poco in termini di azioni. Anzi, più sa, meno fa. Non si tratta del distacco tra il dire e il fare, perché il proverbio popolare su quanto è difficile arrivare dall’uno all’altro comunque presuppone che ci sia una continuità tra i due, cioè che il dire contenga gli elementi che andrebbero tradotti nel fare.

Con la questione clima questa continuità tra il dire e il fare è problematica. Dal discorso climatico come tale non consegue in modo diretto un “fare”. O meglio, per far emergere il nesso e cercare il consenso di chi dovrebbe agire, vanno esplicitate le ipotesi etiche non dichiarate e per niente scontate, cioè: i cambiamenti climatici mettono a rischio il futuro dell’umanità, la forza propellente è l’uomo che aumenta la concentrazione di gas serra in atmosfera, quindi è il dovere di ogni persona perbene ridurre la propria carbon footprint.

La risposta potrebbe anche essere: no.

Con qualche piccola variazione, le indagini degli ultimi anni indicano che oltre l’80% delle persone in Europa condivide le prime due affermazioni, i cambiamenti climatici sono in atto e l’uomo ne è la causa.

Quando però si tratta di trarre le conseguenze e cambiare i propri comportamenti anti-ecologici – il consumo delle risorse e le relative emissioni di CO2 – proprio i gruppi sociali con solide conoscenze ambientali e una cultura alta fanno brutta figura.

Consumano molte più risorse ed energia delle fasce più deboli che avranno una coscienza ecologica meno elaborata, ma anche meno potere decisionale e d’acquisto per fare danni all’ambiente.

Le singole decisioni degli eco-sensibili – quale automobile o casa -terranno pure conto dell’ambiente, ma lo stile di vita complessivo dei gruppi sociali con grande sensibilità ecologica – anche questo un risultato consistente delle inchieste sul tema – è insostenibile.

Perché? Perché la continuità tra consapevolezza sull’andamento globale ambientale e comportamento individuale non esiste. Il primo passo dei perenni ammonitori potrebbe essere quello di cominciare ad agire, invece di vendere le loro esortazioni e rimproveri su come “fare” e accusare gli altri della propria inattività.

Prendere il mezzo pubblico, rinunciare al volo per la conferenza dove nessuno sentirà qualcosa che non sapeva prima, guardare la caldaia che riscalda il proprio ufficio.

Troppo banale? Vero, la retorica dei disastri globali dà più gusto e ha meno costi per il proprio comportamento.

L’articolo è stato pubblicato sul n.5/2017 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “Il senso del cambiamento”.

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