Tesla e la super batteria in Australia: perché è stata costruita e come funzionerà

Installato in cento giorni, come promesso da Elon Musk, il sistema di accumulo al litio più grande del mondo ha completato i primi cicli di carica-scarica ed è pronto a operare sul mercato elettrico australiano, proteggendolo dai blackout e fornendo determinati servizi alla rete. I dubbi sui fondamentali economici del progetto.

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Elon Musk ha vinto la sua scommessa da 50 milioni di dollari: realizzare in 100 giorni – altrimenti sarebbe stato gratis – il sistema di accumulo al litio più grande del mondo, entrato in funzione proprio in questi giorni, in leggero anticipo sul termine del primo dicembre.

Siamo nel South Australia, vicino al parco eolico da 309 MW gestito dalla società francese Neoen.

Qui Tesla ha appena completato l’Hornsdale Power Reserve, installazione-record di batterie da 100 MW/129 MWh che ha già compiuto con successo i primi cicli di carica e scarica, come ha dichiarato Audrey Zibelman, amministratore delegato della società australiana dei mercati energetici (AEMO, Australia Energy Market Operator).

Il conto alla rovescia per la scommessa di Musk era scattato ufficialmente a settembre, quando l’azienda americana aveva siglato l’accordo per la connessione alla rete dell’impianto. Il bando per costruire il super progetto era stato vinto da Tesla all’inizio di luglio, mentre per ritrovare la “sparata” dei cento giorni, dobbiamo tornare al messaggio di Musk su Twitter dello scorso marzo.

Questa vittoria è arrivata in una fase parecchio delicata per Tesla: la produzione e commercializzazione dell’auto elettrica più attesa dal mercato, la Model 3, è in continuo ritardo per i colli di bottiglia nella gigafactory del Nevada, mentre la compagnia ha perso milioni di euro nel terzo trimestre.

Musk ha provato a “distrarre” il pubblico con l’annuncio del camion elettrico e dei “megacharger”, anche se è difficile immaginare che il Semi Truck a zero emissioni potrà diventare un prodotto di massa in poco tempo (vedi QualEnergia.it).

Tornando al monster-project da 100 MW, ci sono alcuni interrogativi sulla nuova installazione.

L’obiettivo è migliorare l’affidabilità e la sicurezza della rete elettrica dell’Australia meridionale, dopo gli estesi blackout che hanno colpito la regione tra fine 2016 e inizio 2017, nell’ambito di un piano più vasto per incrementare la capacità energetica di riserva (tutti i dettagli in questo documento appena pubblicato dall’AEMO).

Soprattutto nei mesi estivi, con i consumi di energia particolarmente elevati, possibili ondate di maltempo (tempeste e tifoni) e possibili vasti incendi nelle praterie semiaride, il sistema elettrico non è in grado, in determinate circostanze, di reggere tutti gli stress cui è sottoposto.

Tra l’altro, l’output dei parchi eolici e solari ha raggiunto una percentuale molto elevata nel mix delle fonti elettriche, intorno al 46% della generazione globale: il problema, in questo caso, è come gestire la variabilità produttiva delle rinnovabili, mantenendo un equilibrio costante tra domanda e offerta.

L’Australia del Sud, quindi, è diventata un laboratorio in cui sperimentare diverse soluzioni complementari di accumulo energetico e flessibilità operativa, dalle batterie al litio agli impianti a gas OCGT (open-cycle gas turbine), capaci di avviarsi in pochissimo tempo per coprire i picchi di domanda.

Anche la California sta puntando sulla transizione energetica verso le rinnovabili e lo storage, con una prima serie di progetti di accumulo elettrochimico per un totale di 70 MW, tra cui un impianto installato da Tesla in appena tre mesi (Batterie, un passo avanti storico … dovuto a una fuga di gas).

Secondo un recente rapporto di Wood Mackenzie e GTM Research, le tecnologie di accumulo al litio perdono il confronto competitivo con gli impianti OCGT, anche ipotizzando un costo elevato del combustibile fossile (articolo di QualEnergia.it sul confronto batterie vs gas).

Difatti, il South Australia ha anche commissionato una nuova centrale a gas da 250 MW con un investimento complessivo di circa 360 milioni di dollari.

Tuttavia, gli analisti sono convinti che tra 2025 e 2035 la situazione si capovolgerà nettamente, perché le rinnovabili e i sistemi di storage potranno assicurare vari servizi alla rete – regolazione di frequenza, peak shaving, bilanciamento dei carichi elettrici e così via – a un costo inferiore rispetto al gas.

Il nuovo impianto australiano di Tesla è pensato per fornire elettricità a circa 30.000 abitazioni per un periodo limitato, in caso d’interruzioni forzate sulla rete.

Backup di emergenza a parte, le batterie potranno assorbire la produzione eolica eccedente e rilasciare energia in un secondo momento, anche se diversi analisti, come riporta GTM Research, sono molto scettici sui fondamentali economici del progetto, perché in Australia al momento non esiste un vero mercato della capacità che possa remunerare i servizi garantiti dallo storage.

La domanda, quindi, è se l’installazione di Tesla sarà un investimento profittevole, piuttosto che un progetto soprattutto “politico” per dimostrare la fattibilità tecnica dei grandi accumuli al litio.

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