In California 50% di elettricità da rinnovabili in anticipo di dieci anni

Lo Stato della west coast Usa, capofila dell’opposizione alla politica pro-fossili di Donald Trump, potrebbe raggiungere già nel 2020 l’obiettivo fissato per le tecnologie pulite al 2030. Una proposta di legge per portare il traguardo al 60% e costruire un’economia totalmente “carbon free” in pochi decenni.

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La California raggiungerà il suo traguardo per le rinnovabili con un anticipo di dieci anni sulla tabella di marcia originaria, quindi già nel 2020 anziché 2030.

Questa previsione è contenuta nell’ultimo rapporto stilato dalla California Public Utilities Commission (CPUC), l’agenzia governativa che regola le attività delle grandi compagnie elettriche e del gas.

Il documento mostra l’evoluzione annuale del mercato delle tecnologie pulite nel programma RPS, Renewables Portfolio Standard, che stabilisce una serie di obiettivi intermedi fino al 2030, quando le fonti verdi dovranno coprire il 50% dei consumi elettrici californiani, come riassume il grafico sotto.

Le tre grandi società elettriche dello Stato (Pacific Gas and Electric, Southern California Edison, San Diego Gas & Electric), evidenzia l’agenzia, hanno superato ampiamente la quota di rinnovabili fissata per il 2016. In media, infatti, le utility si sono portate avanti di circa dieci punti percentuali, con un 35% di RPS in confronto al 25% richiesto, come chiarisce la tabella seguente.

Quindi già nel 2020, secondo le proiezioni, le tre maggiori compagnie energetiche della California avranno un portafoglio per metà green, mentre il mandato ufficiale si ferma al 33% per quella data, grazie al boom dei parchi eolici e solari nella settima economia del Pianeta.

Come evidenzia il grafico sotto, elaborato dal gestore della rete, California ISO (Independent System Operator), le fonti rinnovabili rappresentano il 29% del mix elettrico con oltre 22 GW, escludendo i grandi impianti idrici alimentati dalle dighe, che costituiscono un altro 12% di capacità installata.

Il rischio, a questo punto, è che le utility rallentino gli investimenti in nuova potenza verde. Molto dipenderà da come evolverà il dibattito sulla legge SB 100 – un po’ “alleggerita” rispetto alla versione iniziale presentata lo scorso febbraio – che prevede di arrivare al 60% di rinnovabili nel 2030, per poi sviluppare un’economia totalmente “carbon free” entro il 2045.

La legge, proposta dal presidente del Senato della California, Kevin de León, è temporaneamente naufragata perché a settembre ha incontrato la forte opposizione di alcune organizzazioni dei lavoratori, preoccupate che obiettivi così ambiziosi sulle energie alternative possano minacciare la stabilità della rete e di conseguenza ridurre l’occupazione nel settore elettrico.

Un’altra legge per il momento accantonata (AB 813), punta verso una maggiore integrazione del sistema elettrico californiano con gli Stati confinanti, in modo da facilitare gli scambi di energia pulita, rendendo più flessibile l’output eolico e solare tra le diverse aree geografiche nei vari momenti della giornata (ad esempio, la California potrebbe cedere a un altro Stato il surplus del fotovoltaico in determinate ore).

Intanto alla Cop23 di Bonn, la California è capofila di quella parte di America che non crede alla strategia pro fonti fossili di Donald Trump e cerca, invece, di rimanere fedele agli accordi sul clima di Parigi (vedi anche QualEnergia.it).

Così l’iniziativa “America’s Pledge”, capitanata dal governatore della California Jerry Brown e dall’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha presentato un rapporto per guidare gli Stati Uniti verso un’economia a basso impatto ambientale, attraverso l’azione coordinata di Stati, città metropolitane, università e aziende.

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